La caccia all’ebreo casa per casa, il massacro di civili, comprese donne e bambini, perché ebrei, o la loro cattura e deportazione (si può immaginare con quali trattamenti), non c’entra nulla con la causa dei palestinesi.

Questo è fanatico odio antiebraico e non avremmo voluto mai rivedere scene così orrende 80 anni dopo l’orrore nazista. Non si tratta neanche di una guerra (che si combatte fra eserciti): è odio sanguinario verso un intero popolo. L’obiettivo dei jihadisti, i quali ritengono che quella terra debba essere tutta e solo islamica, è la distruzione dello Stato ebraico. Continua

La cosa più “irriverente”, sul viaggio in Iraq del pontefice argentino, l’ha scritta Dagospia in uno dei suoi titoli notoriamente scanzonati, ma spesso efficaci: “Andare a cercarsi le rogne. Non c’è stato verso di far capire a papa Francesco che forse era il caso di rinunciare al viaggio in Iraq”.

Sotto il titolo era riprodotto l’articolo di Gian Guido Vecchi, pubblicato dal “Corriere della sera”, dove si sottolineavano due dati importanti.

Il primo notissimo: tutti sanno che l’Iraq è in assoluto una delle aree più pericolose del globo, perché è ancora instabile e vi imperversano organizzazioni terroristiche (“il 21 gennaio, a Baghdad, due islamisti si sono fatti esplodere nel mercato e hanno ucciso 32 persone. Il 15 febbraio” ricorda Vecchi “sono stati lanciati tre razzi sull’aeroporto di Erbil, a Nord, nel Kurdistan iracheno, dove il Papa atterrerà con un volo interno domenica”).

L’altro dato è meno noto, ma altrettanto drammatico: anche in Iraq si è scatenato il Covid, i casi sono in forte aumento e proprio in questi giorni il Paese è in lockdown. Dunque era proprio il caso di andare là adesso? Continua

La carne di maiale  non è solo gustosa cucina, ma anche civiltà italiana, come il vino e il parmigiano. Non a caso “November porc”, che è in corso in Emilia, è la maggiore manifestazione europea dedicata al maiale. Chissà se un giorno sarà “scomunicata” o soppressa per non urtare i musulmani.

Viene da pensarlo dopo che ieri papa Bergoglio, ritenendo di compiacere gli islamici, ha messo al bando il maiale dal pranzo dei poveri in Vaticano. Un’idea analoga ai ridicoli tortellini “demaializzati”  inventati due mesi fa dalla Curia di Bologna, sempre per lo stesso motivo.

Sul “Corriere della sera”, Marco Cremonesi, ieri ha definito quella dei tortellini una “fake news”. Ma è una notizia così certa che sullo stesso “Corriere”, il 3 ottobre scorso, Ernesto Galli della Loggia  le dedicò l’editoriale intitolato: “Una sfida epocale alla Chiesa”. Continua

Ieri il “Corriere della sera” annunciava con questo incredibile tweet un suo articolo: “I discendenti degli ebrei sfuggiti al nazismo ora scappano dalla Brexit”. Sotto – per rincarare la dose – c’era una foto in bianco e nero di soldati nazisti che convogliano deportati verso i campi di sterminio.

Ma davvero al “Corriere” pensano che gli ebrei fuggano dalla Brexit come fuggivano dallo sterminio nazista? Cosa c’entra l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea (cioè appunto la Brexit) con lo sterminio degli ebrei sotto il nazismo?

C’è da trasecolare. Oltretutto nella Brexit è riemersa proprio la storica avversità britannica al formarsi di qualunque impero continentale europeo (tentato sia sotto Napoleone, sia sotto il III Reich). Oggi la Ue ha perlopiù natura economica, non militare, ma gli inglesi continuano a voler restare indipendenti da questa Ue a egemonia tedesca.

In ogni caso la Brexit è una decisione libera della maggioranza degli elettori del Regno Unito. Il nazismo è tutt’altra cosa. Perché mai la comunità ebraica britannica dovrebbe sentirsi minacciata dalla Brexit? Anzi, il fatto che venga limitata la già vasta immigrazione musulmana può casomai rasserenarla.

In effetti nell’articolo sul “Corriere” di Luigi Ippolito si parla di ebrei “in fuga evidentemente dalla Brexit”. Ma senza dimostrare che la comunità ebraica si sente minacciata dalla Brexit.

Se si approfondisce altrove la questione si scopre poi tutt’altra storia. Due mesi fa un sondaggio ha rivelato che il 40 per cento della comunità ebraica inglese “sta seriamente pensando di emigrare” se Jeremy Corbyn dovesse vincere le prossime elezioni. Il leader laburista – che, detto per inciso, non era per la Brexit – è noto per le sue posizioni estremistiche contro Israele. Continua

Era il febbraio 2016. Papa Bergoglio si trovava sul volo di ritorno dal Messico e – nella solita conferenza stampa aerea – gli fu chiesto cosa pensava della legge sulle unioni civili che era in discussione nel nostro Parlamento. Rispose: “Io non so come stanno le cose nel Parlamento: il Papa non si immischia nella politica italiana”.

In quella stessa circostanza però Bergoglio s’immischiò nella politica americana attaccando Trump per aver proposto di fare il muro contro l’immigrazione al confine col Messico.

Del resto se si parla di migranti s’immischia pure nella politica italiana. A parole Bergoglio, quel 18 febbraio 2016, affermò: il Papa non può mettersi nella politica concreta, interna di un Paese: questo non è il ruolo del Papa”.

Però in pratica egli interviene pesantemente e pretende che l’Italia faccia la legge sullo ius soli.

BOMBARDAMENTO

Ecco qualche titolo di giornale degli ultimi mesi.

“Messaggio di papa Francesco: sì allo ius soli e allo ius culturae” (Repubblica, 21 agosto); “Migranti, Papa Francesco: ‘la nazionalità va riconosciuta alla nascita’ ” (Rai news 21 agosto); “Papa Francesco: “Immigrati, i politici che fomentano la paura seminano violenza razzista” (Libero, 24 novembre). Papa Francesco torna a chiedere lo ius soli, serve una legge più attinente al contesto sociale” (Il Messaggero, 27 settembre). Continua

Il “New York Times” ne ha subito scritto, essendo un fatto eccezionale. Ma sui giornali italiani io oggi non sono riuscito a trovare nemmeno una riga sull’avvenimento di ieri in Polonia (unica eccezione “Libero” dove è uscito questo mio articolo). Un silenzio collettivo che di fatto è una censura. Ma la cosa più scandalosa è la censura totale che dell’evento hanno fatto il giornale dei vescovi “Avvenire” e tutti i media vaticani e para-vaticani. Segno che Bergoglio è furioso con questa Polonia che manda più di un milione di suoi figli alle frontiere a pregare il Rosario in memoria della vittoria cristiana di Lepanto contro l’invasione musulmana e in memoria del centenario del messaggio della Madonna a Fatima. Non resta che meditare il Vangelo di oggi dove Gesù ammonisce duramente i vignaioli infedeli che si appropriano della vigna di Dio. Durissimo avvertimento agli ecclesiastici (P.S. Confrontate il finale della parabola di Gesù di oggi con quello che gli attribuisce Bergoglio nell’Angelus: l’esatto contrario).

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Ieri, in Polonia, un milione di persone, assiepate lungo tutti i confini nazionali, hanno recitato insieme un immenso rosario popolare.

L’iniziativa – ignorata dal Vaticano – è stata chiamata: “Rosario al confine”.

Nel Paese di Karol Wojtyla le frontiere sono sentite ancora come importanti: per difenderle sono morti tanti polacchi. Lì le parole “patria” e “identità nazionale” (e quindi interesse nazionale) non sono ritenute “bestemmie”, come purtroppo sta accadendo da noi. Lì orientano le scelte dei governi. Continua

Nella foto papa Bergoglio che riceve in dono da Evo Morales la falce e martello dove è rappresentato il crocifisso (la stessa immagine è riprodotta sul medaglione che Morales ha messo al collo di Bergoglio come onorificienza).

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Il nuovo presidente della Cei voluto da papa Bergoglio, il card. Gualtiero Bassetti, come ha notato ieri Vittorio Feltri, di fronte all’eccidio dei 35 cristiani egiziani compiuto dai terroristi, se n’è uscito dicendo: “Non sono le religioni che provocano violenze e terrorismo”.

Eppure proprio l’editoriale dell’“Avvenire” (quotidiano della Cei) ieri spiegava che quei poveretti sono stati uccisi perché “hanno chiesto loro di rinunciare a Cristo e di diventare musulmani. Se avessero accettato li avrebbero risparmiati, ma hanno rifiutato”.

Dunque perché Bassetti parla di “religioni” (al plurale)? Non sono tutte la stessa cosa. C’è la religione dei carnefici e c’è quella delle vittime. Non si possono confondere vittime e carnefici.

La causa della strage è stata proprio religiosa: l’odio per la fede cristiana. Con buona pace di Bassetti.

Del resto dopo aver affermato che non sono “le religioni” a compiere questi orrori, il cardinale ha aggiunto: “sono loro schegge impazzite”. Ma “loro” e “schegge” sono al plurale. Quindi ci sarebbero “schegge impazzite” di tutte le religioni che fanno massacri?

A Bassetti risulta che vi siano organizzazioni di terroristi cattolici che uccidono quei musulmani che non si fanno battezzare in Chiesa? Continua

“La cartina parla da sola!”, scrive Gérard Couvert sul sito francese “Boulevard Voltaire”. In effetti è davvero eloquente.

I dati del primo turno delle elezioni presidenziali francesi sono stati commentati in lungo e in largo, ma nessuno aveva pensato di sovrapporre la mappa dei Dipartimenti – con i relativi vincitori – alla mappa delle moschee presenti sul territorio francese.

Forse per autocensura – insinua Couvert – infatti il risultato è impressionante ed “è istruttivo sia sulla sociologia del voto e la sua probabile evoluzione, sia sugli sviluppi di civiltà che vedremo nel prossimo decennio”.

Il simbolo della moschea, nella cartina, ha tre grandezze diverse: il più grande indica che in quella zona c’è una moschea per meno di 7.500 abitanti; il simbolo a grandezza media per una popolazione dai 7.500 ai 12.500; il simbolo più piccolo tra 12.500 e 15.000 abitanti.

Nelle zone dove manca il simbolo non significa che non ci sono moschee, ma che ce n’è una per una popolazione oltre i 15.000 abitanti.

In pratica questa cartina è una rappresentazione della densità di popolazione musulmana nei diversi dipartimenti.

Per esempio nel Dipartimento Seine-Saint-Denis c’è una moschea per 3.500 abitanti, “che è un po’ più di quello che troviamo a Damasco”, spiega Couvert. Invece in Vandea c’è una moschea per 114.000 abitanti.

Ovviamente non è una mappa esattissima, perché diversi luoghi di culto islamici non sono dichiarati pubblicamente.

In ogni caso basta il colpo d’occhio per capire che le zone dove ha vinto Marine Le Pen si sovrappongono quasi esattamente alle zone a più alta densità di popolazione islamica. Mentre nelle zone dove l’Islam è scarsamentre rappresentato ha vinto Macron. Continua

 

Il terrorismo islamista è entrato anche nelle elezioni francesi e ormai fa parte stabilmente delle cronache europee. Non è più un caso accidentale e non potremo spazzarlo via tanto facilmente.

L’Isis prima ha cercato in Europa “Foreign Fighters” che andassero a combattere in Siria e Iraq. Oggi li rispedisce in Europa e contemporaneamente tenta una campagna di arruolamento all’interno dell’ormai vastissima presenza islamica nel Vecchio Continente.

Bisogna riconoscere però che questa campagna di arruolamento fra le comunità islamiche europee non ha presa. Non si può dire infatti che (almeno per ora) il terrorismo faccia proseliti fra i musulmani di casa nostra. E questa è una buona notizia. Certo, c’è chi si fa sedurre dall’Isis, ma si tratta di piccolissime frange che speriamo non si allarghino.

Tuttavia questo non significa che l’Islam di per sé non sia comunque una grossa sfida politica e culturale per l’Europa. L’Islam – che non è da identificare col terrorismo – è una concezione globale dell’uomo, della società, della giurisprudenza e dello Stato (come vediamo nei Paesi arabi e islamisti) ed è difficilmente compatibile con la liberaldemocrazia e la modernità occidentale.

Questo è un problema che riguarda effettivamente le comunità islamiche europee e noi europei.

Basti considerare il grande successo che il leader turco Erdogan ha avuto fra i turchi residenti in Europa nel recente referendum. E’ la dimostrazione che l’integrazione – che per esempio in Germania è effettiva – non significa affatto lo sradicamento della loro cultura islamica d’origine.

E dunque cosa accadrà se le comunità musulmane europee – crescendo per l’alto tasso di natalità e per l’immigrazione – daranno vita a loro formazioni politiche?

Nessuno sembra porsi il problema, soprattutto nei circoli intellettuali e politici nostrani, pigramente multiculturalisti. In Francia invece il dibattito divampa (come in altri paesi europei).

UNA VOCE NEL DESERTO

A intervenire – a sorpresa – in questa bollente questione è stato, in questi giorni, nientemeno che Benedetto XVI. A conferma del fatto che – pur vivendo ritirato in un suo eremo spirituale – resta l’intelligenza più lucida e coraggiosa del nostro tempo.

A fornirgli l’occasione è stato il Simposio che il presidente polacco Andrzej Duda e i vescovi di quel Paese hanno organizzato in suo onore per il 90° compleanno del papa emerito. Il titolo del convegno è: “Il concetto di Stato nella prospettiva dell’insegnamento del cardinal Joseph Ratzinger-Benedetto XVI”.

Un tale Simposio è anzitutto il riconoscimento di un grande pensatore, che esprime al meglio il pensiero cattolico nell’attuale confronto di idee (non si può dire lo stesso per il peronismo sudamericano e politically correct dell’attuale vescovo di Roma).

Benedetto XVI ha scritto al Simposio un messaggio sintetico, ma lucidissimo, che, in poche righe, centra perfettamente il problema perché chiama per nome l’islamismo e la sua concezione dello Stato (cosa alquanto inconsueta al tempo di Obama e di Bergoglio). Continua

Nel 2008 a Benedetto XVI, invitato dal Rettore, fu impedito di parlare all’Università di Roma. Invece venerdì scorso papa Bergoglio è stato accolto a braccia spalancate.

Il “pensiero unico” dominante vedeva Benedetto XVI come il fumo negli occhi (specie per il discorso di Ratisbona), mentre riconosce papa Bergoglio come un suo simbolo.

In effetti in quella sede Bergoglio non ha mai parlato da papa: nel suo discorso, durato ben 45 minuti, non è mai stata usata la parola “Dio”, né è stato menzionato il nome di Gesù Cristo (c’era nel discorso scritto che gli avevano preparato, ma lui non lo ha letto).

Bergoglio non si è occupato di temi spirituali o culturali, né ha fatto riferimenti alle scottanti notizie d’attualità, come l’assurda legge francese, voluta dai socialisti, che proibisce la difesa della vita nascente sulla rete (chi si esprime contro l’aborto su internet rischia multe salatissime e pure il carcere).

Siamo ad una preoccupante svolta illiberale in Europa che va a colpire i cristiani, ma riguarda la libertà di pensiero e di parola di tutti. E la democrazia. Un tema che in una università sarebbe stato perfetto. Ma Bergoglio lo ha ignorato.

Il papa non si è mostrato interessato al tema della libertà di coscienza, né alla tragedia dell’aborto che fa 50 milioni di piccole vittime all’anno. Tanto meno, parlando di violenza, ha parlato dei cristiani perseguitati e massacrati.

Anzi, sempre venerdì, in un altro messaggio ai “Movimenti popolari” (di cui fa parte anche il Leoncavallo) Bergoglio ha affermato che “non esiste il terrorismo islamico”.

Quindi – siccome “non esiste” – il papa può infischiarsene delle sue vittime cristiane.

OSSESSIONE?

Bergoglio parla sempre di un argomento: l’immigrazione. A Pasqua e a Natale, a Santa Marta e nei discorsi che tiene per il mondo. Anche all’Università si sono sorbiti l’ennesimo discorso sull’emigrazione. Continua