La caccia all’ebreo casa per casa, il massacro di civili, comprese donne e bambini, perché ebrei, o la loro cattura e deportazione (si può immaginare con quali trattamenti), non c’entra nulla con la causa dei palestinesi.

Questo è fanatico odio antiebraico e non avremmo voluto mai rivedere scene così orrende 80 anni dopo l’orrore nazista. Non si tratta neanche di una guerra (che si combatte fra eserciti): è odio sanguinario verso un intero popolo. L’obiettivo dei jihadisti, i quali ritengono che quella terra debba essere tutta e solo islamica, è la distruzione dello Stato ebraico.

Perciò è un diritto e un dovere di Israele difendersi con l’energia necessaria. Come gli tocca fare da 75 anni, con la forza d’animo eroica del suo popolo. La sua è letteralmente una lotta per la sopravvivenza.

Netanyahu ha annunciato e fatto partire una risposta che “ferma l’attacco, punisce i responsabili, dissuade chi ambisce a unirsi a Hamas”.

Ma il governo israeliano sa bene che non basterà la pur ovvia risposta militare a risolvere il problema e distingue i terroristi dalla popolazione civile di Gaza: non a caso Netanyahu ha fatto appello agli abitanti perché lascino la città nelle prossime ore.

Oltretutto Israele, oggi, in parte ha le mani legate: per i tanti ostaggi nelle mani dei terroristi e perché non può rischiare – con azioni troppo pesanti – di azzerare i vari patti di pacificazione con i paesi arabi. Perché così Hamas conseguirebbe la sua vera vittoria strategica.

Infatti questa sua azione terroristica è stata pianificata e realizzata, con il plauso iraniano, per far saltare l’accordo di pace fra Israele e Arabia Saudita.

Lo scriveva ieri anche il direttore di Repubblica. Però bisognerebbe ricordare che il cammino di pacificazione denominato “Accordi di Abramo” è un’eredità della presidenza Trump che, insieme a Netanyahu, firmò i primi patti con gli Emirati arabi uniti e con il Bahrein.

C’è una clamorosa evidenza che i politici e i media mainstream non vogliono riconoscere: la presidenza di Trump – deriso e demonizzato in tutti i modi – è stata la prima da molti decenni a non aver intrapreso nessuna guerra e anzi ad aver aperto itinerari di pace (anzitutto in Medio Oriente).

Nei quattro anni di Trump si attenuò anche la tensione fra Russia e Ucraina che nel 2016 sembrava sul punto di degenerare in conflitto armato, che infatti esplose dopo l’arrivo alla Casa Bianca del democratico Biden.

La presidenza Trump ci ricorda che la guerra ha un’alternativa ed è la politica. La guerra non solo ha costi umani spaventosi, ma ha anche costi economici e sociali, per tutti, colossali. Lo vediamo con il conflitto in Ucraina di cui stiamo pagando salatamente il conto anche in Italia.

Il Papa ripete sempre che la guerra non risolve nessun problema. Spesso lo aggrava. La politica è la strada per evitarla. Anche la drammatica questione degli ostaggi potrà essere risolta probabilmente più tramite mediazioni e trattative che con la forza militare.

La politica è ciò che può sottrarre al terrorismo islamista il suo terreno di coltura. E la politica passa anzitutto dalla Casa Bianca la cui debole leadership è all’origine dei conflitti che stanno scoppiando (si cominciò con la pessima uscita di scena dall’Afghanistan).

Ma passa anche per la Russia. Il ministro Crosetto ha dichiarato di temere la sua entrata in campo in questa crisi. In effetti la Russia ha le sue forti alleanze con Siria e Iran. Per scongiurare il suo appoggio ai nemici, potrebbe essere necessario coinvolgere  Mosca (come fu fatto per la guerra all’Isis) nella pacificazione?

Ieri Mikhail Bogdanov, vice ministro degli Esteri russo e inviato del Cremlino per il Medio Oriente e l’Africa, a proposito dell’attracco di Hamas, ha dichiarato: “Se l’avessimo saputo l’avremmo evitato”. Poi ha aggiunto: “Siamo in contatto con tutti. Con gli israeliani, i palestinesi e gli arabi”.

E’ il chiaro tentativo della Russia di uscire dall’isolamento e porsi come interlocutore di Israele e dell’Occidente. Potrebbe essere coinvolta nella pacificazione, nel disarmo dei terroristi e nella liberazione degli ostaggi?

Si dirà che la Russia è inaccettabile come interlocutore per quello che ha fatto e sta facendo in Ucraina ed è vero. Ma è anche vero che la pace si fa con i nemici, non con gli amici.

Del resto durante la guerra le democrazie occidentali si sono alleate addirittura con Stalin per battere Hitler, poi hanno trattato con le orrende nomenklature sovietiche e Nixon è perfino andato in Cina a incontrare Mao (nonostante l’oceano di orrore del maoismo).

La nobiltà della politica è quella di saper ingoiare grossi rospi per evitare tragedie, dolori, devastazioni e rischi che oggi – con gli armamenti nucleari che incombono – potrebbero portare alla fine del mondo.

Ritrovare un dialogo fra Washington e Mosca, tramite Gerusalemme, potrebbe essere anche l’occasione per cominciare a tessere la tela della pace in Ucraina (sperando poi in un’evoluzione democratica della Russia). Ma forse dovremo aspettare di nuovo Trump.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 9 ottobre 2023

Print Friendly, PDF & Email