“Erano, sono e resteranno sempre comunisti!”, questo slogan era spesso ripetuto da Berlusconi contro la sinistra. Nei comizi i toni com’è noto sono molto accesi. Tuttavia è un giudizio che trova conferma nei fatti del trentennio 1994-2024.

Casomai con una postilla: restano comunisti, ma pretendendo di essere anche “tutto il resto all’occorrenza”. Come dimostrano i continui cortocircuiti del Pd, gli ultimi dei quali sono l’adesione della Schlein al referendum contro il Jobs Act (che è stato per anni la bandiera liberista del Pd: fu la legge qualificante del governo Renzi nel 2016) e la candidatura di ultrapacifisti nelle sue liste (il Pd di Letta è stato il gendarme ideologico dell’ortodossia atlantista sulla guerra in Ucraina). Continua

Sono passati nel silenzio l’80° anniversario della fondazione della Dc (19 marzo) e il 75° anniversario delle elezioni del 18 aprile 1948.

Dalla memoria collettiva è stato silenziosamente rimosso l’evento che ha deciso le sorti dell’Italia perché ricordare il pericolo comunista che incombeva sull’Italia (tramite il Pci) e la protagonista della straordinaria vittoria sul bolscevismo, la Democrazia Cristiana, infastidisce la cultura dominante. Continua

I (NON) FONDATORI

Francesco Agnoli, nel libro “Alcide Degasperi. Vita e pensiero di un antifascista che sconfisse le sinistre” (Cantagalli) spiega finalmente cosa intendeva davvero per Europa lo statista trentino.

Oggi, infatti, gli entusiasti dell’attuale Unione europea, usano ripetere i nomi di Alcide De Gasperi, Konrad Adenauer e Robert Schuman, come i “padri fondatori” della UE.

In realtà questi statisti (morti rispettivamente nel 1954, nel 1967 e nel 1963), non hanno affatto fondato

l’Unione Europea, istituita a Maastricht nel 1992, la quale è diversa pure dalla Comunità economica europea nata nel 1957 con il Trattato di Roma. Diversa per gli stati che la compongono, per ciò che dicono i Trattati istitutivi, per le finalità e per l’ideologia su cui è basata.

Agnoli sostiene che De Gasperi – come Schuman e Adenauer – aveva una concezione anzitutto “spirituale” dell’Europa, legata all’identità e alla storia cristiana dei suoi popoli. Ben diversa dunque dalla UE tecnocratica e laicista di oggi. Continua

D’improvviso l’Italia radical-chic e post-comunista dell’estate 2019 si risvegliò filo democristiana.Tutti pazzi per la vecchia Dc. Tutti deliziati e incantati davanti alle foto di Alcide De Gasperi in vacanza in Valsugana eAldo Moro in giacca e cravatta sulla spiaggia di Terracina.

Che stile, che senso delle istituzioni, che sobrietà, che dignità, che “gravitas”. Elogi sperticati. Sono passati da “non vogliamo morire democristiani” a “che statisti quei democristiani”.

La “miracolosa” conversione è dovuta – come al solito – a Matteo Salvini, o meglio alle immagini di Salvini al mare a torso nudo.

Poco importa se da decenni tutti i politici vanno sulla spiaggia in costume come lui: ieri lo ha mostrato la galleria fotografica di “Libero” e perfino “Il Fatto quotidiano” ha ripubblicato foto di politici progressisti in costume (da Napolitano a Rutelli a Fassino) irridendo il “Corriere della sera” per il quale “Salvini è il primo politico a torso nudo al mare”. Continua

E’ un paradosso. Mentre Matteo Salvini riempie Piazza delpopolo a Roma, ricordando la festa dell’Immacolata, citando De Gasperi e Giovanni Paolo II e, anzi, facendone il punto di riferimento ideale,la burocrazia ecclesiastica della Cei organizza una crociata politica propriocontro la Lega di Salvini, tanto che, sempre ieri, il “Fatto quotidiano” titolava in prima pagina: “I vescovi tornano a far politica”. E nell’interno: “Il progetto diBassetti: così la Chiesa prepara il ritorno in politica”.

In realtà nella storia del cattolicesimo politico non sono mai stati i vescovi a prendere l’iniziativa partitica, quindi più che un ritorno sarebbe un’assoluta (e catastrofica) novità.

L’articolista del “Fatto” spiega che il card. Bassetti ha messo all’ordine del giorno del consiglio permanente della Cei di gennaio la nascita di uno strumento di intervento politico: “così la Chiesa si organizza per dare un’opposizione all’Italia”.

E’ un paradosso perché la Lega si sta candidando a rappresentare l’asse della politica italiana come una sorta di DC del terzo millennio (e non a caso i sondaggi la collocano sulle percentuali della DC).

Ma l’establishment ecclesiastico si contrappone proprio a questa Lega con un manifesto politico sull’Europa (e sull’emigrazione) che ricalca gli argomenti di “Più Europa”, di Emma Bonino, e spazza via i tradizionali temi cattolici.

Resta da capire e da vedere se veramente l’attivismo del card. Bassetti, che telefona continuamente a tutti i vescovi per mobilitarli, sfocerà in qualche iniziativa politica che possa poi trasformarsi in lista, alle elezioni Europee, oppure se sceglieranno di non farsi contare, per evitare pessime figure e anche per evitare contestazioni relative al Concordato del 1984, dove Chiesa e Stato si riconoscono indipendenza e sovranità, ciascuno nel proprio ordine, e non ammettono interferenze dirette.

Per evitare conflitti istituzionali di questo genere tutto l’agitarsi convulso dei vescovi, alla fine, potrebbe servire semplicemente a cercare di smuovere le parrocchie a favore del PD o del possibile, eventuale, partito di Matteo Renzi.

Il quale peraltro ha messo i semi del suo possibile partito con i cosiddetti “comitati civici” che – già dal nome – evocano l’iniziativa di Luigi Gedda e dell’Azione Cattolica nelle elezioni del 1948.

A dire il vero non è chiaro quale sia l’analogia fra quelle straordinarie e storiche elezioni e la situazione attuale dell’Italia.  

A quel tempo era c’era una questione di vita o di morte, sia per l’Italia che per la Chiesa. I “comitati civici” si mobilitarono a favore della Dc contro il comunismo che era arrivato, con le sue armare, fino a Trieste e che, il 18 aprile 1948, rischiava di prevalere nelle urne in tutta Italia. Fu una difesa della democrazia e della civiltà cristiana, una battaglia a protezione della Chiesa e della democrazia italiana.

Nel caso odierno invece la Cei e le associazioni cattoliche ufficiali si schierano in difesa di un’Europa laicista che ha rinnegato le “radici cristiane”, mentre Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – a suo tempo – criticarono duramente questa Europa tecnocratica per il suo laicismo e per il dilagare di una mentalità e di politiche nichiliste.

L’iniziativa del presidente della Cei peraltro è non solo un rinnegamento dei precedenti pontificati, ma è anche un rinnegamento del Concilio Vaticano II che ha proclamato la responsabilità del laicato cattolico nel campo della politica.

E’ anche un colossale rovesciamento di posizioni (non dichiarato) nei confronti della cosiddetta “scelta religiosa” che l’Azione Cattolica fece già negli anni Settanta per giustificare l’abbandono della presenza culturale e sociale (in anni in cui dilagava il conformismo marxista).

Nel caso in cui il soccorso della Cei sia indirizzato al PD o al (possibile) partito di Renzi i vescovi dovranno anche spiegare l’appoggio a chi, quando era al governo, ha promosso leggi contrapposte alla sensibilità cattolica.  

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Antonio Socci

Da “Libero”, 9 dicembre 2018

Ma davvero il presidente della Repubblica Einaudi fece quello che gli ha attribuito Mattarella?

Per avvertire gli attuali vincitori delle elezioni che vuole decidere lui (forse crede di essere in una repubblica presidenziale), Mattarella ha pensato di trovare un precedente in Einaudi: Fu il caso illuminante del potere di nomina del presidente del Consiglio dei ministri, dopo le elezioni del 1953. Nomina per la quale non ritenne di avvalersi delle indicazioni espresse dal principale gruppo parlamentare, quello della Dc”.

Così Mattarella vorrebbe legittimare il singolare annuncio di un “governo neutrale” da lui stesso plasmato e così vuole pure rivendicare il potere di scelta del Presidente del Consiglio e dei ministri.

Ma davvero Einaudi nominò un presidente del consiglio (Pella) infischiandosene delle indicazioni del partito maggiore, la DC, e del voto degli elettori? Nient’affatto. Anzi, Einaudi fece l’esatto contrario di quello che sta facendo Mattarella.

Nelle elezioni del 1953 la DC uscì vittoriosa, ma aveva dei problemi politici per formare una maggioranza di governo. Einaudi dette comunque l’incarico al leader della DC, De Gasperi, sebbene non avesse sulla carta il 51 per cento del Parlamento.

Come scrive Gianni Baget Bozzo, “il nuovo governo De Gasperi si presentò alle Camere senza alcuna maggioranza precostituita” sperando di ricevere appoggi parlamentari “fuori di un’intesa generale”.

E’ precisamente la situazione in cui si è trovato il centrodestra dopo le elezioni del 4 marzo. La coalizione ha preso più voti di tutti, il 37 per cento e il 43 per cento dei seggi parlamentari.

Se Mattarella si fosse comportato come Einaudi avrebbe dato l’incarico (o un pre-incarico) al suo leader Matteo Salvini. Invece si è rifiutato di farlo accampando la scusa per cui si doveva avere preventivamente la certezza di una maggioranza parlamentare. Continua