Ultimamente si leggono cose curiose su Antonio Gramsci e la cosiddetta “egemonia culturale”. Secondo Maura Gancitano (Repubblica, 13/1), “per come la intendeva Antonio Gramsci l’egemonia doveva essere un potere acquisito dalle persone comuni, soprattutto quelle ai margini della società e non una selezione operata da pochi. Qualcosa di plurale, condiviso, molteplice” e non “un autoritarismo culturale”.

Non si sa da dove Gancitano ricavi questa idea. Ma ieri lo storico Giuseppe Vacca, già dirigente e parlamentare del Pci, poi Pds, docente universitario, direttore e poi presidente dell’Istituto Gramsci, intervistato da “Libero”, ha chiarito molte cose. Continua

È stranamente passato inosservato un intervento sul “Fatto quotidiano”(29/3) del professor Maurizio Viroli, professore emerito di filosofia politica alla Princeton University e già consulente del presidente Ciampi per le attività culturali.

Sosteneva che “da alcuni decenni è in atto un’operazione di rimozione dei fatti e degli ideali che sono a fondamento della nostra Repubblica democratica ed è stata soprattutto la sinistra a condurla in porto”. Continua

Nell’Europarlamento, alla disastrosa direttiva europea sulla “casa green”, si oppongono insieme Partito popolare europeo e partiti conservatori. È il primo segnale di una diversa maggioranza possibile, nella UE, che manderà la sinistra all’opposizione?

A dire il vero non è il primo segnale. E, curiosamente, a lanciare l’allarmein Italia nei giorni scorsi non sono stati esponenti post-comunisti, ma uno storico dirigente della DC della prima repubblica: Guido Bodrato. Continua

Un grande filosofo cattolico, Augusto Del Noce, aveva intuito, già attorno al 1980, che il Pci, con il collasso dei sistemi comunisti e il crollo delle ideologie storiche si sarebbe trasformato – al seguito della tecnocrazia capitalista – in un “partito radicale di massa” e avrebbe sostituito le battaglie sui diritti sociali dei lavoratori con quelle sui cosiddetti “diritti civili” relativi ai temi bio-etici (qualcosa di analogo aveva intuito e paventato anche Pier Paolo Pasolini).

In effetti il programma del Pd illustrato sabato da Enrico Letta sembra realizzare totalmente quella “profezia”. Infatti il segretario dem ha clamorosamente sostituito la fantomatica Agenda Draghi con l’Agenda Bonino: Ddl Zan, matrimonio egualitario, legge sul fine vita, “pieno riconoscimento dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne” (che significa aborto) e legalizzazione dell’autoproduzione della cannabis “per uso personale”. È il trionfo di Emma Bonino.

Ovviamente è una scelta del tutto legittima, anche se ci si chiede perché il Pd – che ha governato pressoché sempre – non abbia fatto negli anni passati queste leggi che promette di fare in futuro.

Ma – per chi analizza le proposte politiche – colpisce il fatto che il Pd, con la nuova Agenda Bonino, si ponga in contrapposizione “radicale” con il mondo cattolico e la Chiesa (a tutte quelle proposte si dovrebbero aggiungere pure la posizione bellicista del Pd sulla guerra in Ucraina e il sì all’aumento delle spese militari, un’idea che il Papa ha bocciato con estrema durezza, come ha fatto, peraltro, con temi etici come l’aborto). Continua

Sul “Corriere della sera”, da un paio di mesi diventato il “Guerriero della sera”, due grandi firme come Paolo Mieli e Angelo Panebianco, elmetto in testa, hanno lanciato, attorno al 24 maggio, l’ideona di un asse Pd-FdI in nome dell’atlantismo bellico, forse ispirati dalla data militaresca: “Il Piave mormorava calmo e placido al passaggio/ dei primi fanti il ventiquattro maggio;/ l’esercito marciava per raggiunger la frontiera/ per far contro il nemico una barriera…”.

Il “nemico” sarebbe chi non s’infervora per l’invio di armi in Ucraina, ovvero Lega, Forza Italia e M5S, giudicati imbelli panciafichisti, o addirittura putiniani, per aver espresso dubbi sulla strategia bellicista di Biden, Stoltenberg e Draghi. Continua

Concordo con Vittorio Feltri: la Sinistra è morta. Quella che oggi si definisce “Sinistra” abita ai Parioli e bolla come populisti i poveri delle periferie che un tempo furono la base sociale del Pci.

Per capire quando e perché si è prodotta la sostituzione (o il tradimento) bisogna risalire agli anni Settanta e rileggere due intellettuali eretici: Pier Paolo Pasolini e Augusto del Noce.

Nei giorni scorsi Davide Rondoni, su “Avvenire”, riportava queste parole che attribuiva a Pier Paolo Pasolini, dal discorso (letto dopo la sua morte) per il Congresso del Partito Radicale del 1975: “Io profetizzo l’epoca in cui il nuovo potere utilizzerà le vostre parole libertarie per creare un nuovo potere omologato, per creare una nuova inquisizione, per creare un nuovo conformismo e i suoi chierici saranno chierici di sinistra”. Continua

Matteo Renzi all’assemblea del Lingotto passa dal sogno del partito della nazione all’incubo del partito della fazione e non sarà certo la valorizzazione del ministro Martina (non proprio una personalità smagliante) ad evitarlo, né la “vaga e ambigua rincorsa populista” dell’ex premier “fondata sull’imitazione di temi e suggestioni ‘grilline’ ”, come scrive Stefano Folli, perché è del tutto incoerente con la natura del Pd (percepito da tutti come pilastro dell’establishment) e perché alle (improbabili) imitazioni gli elettori preferiscono sempre l’originale.

Al Lingotto il politico toscano cerca un difficilissimo rilancio perché la sua stella politica è obiettivamente molto ammaccata (al di là del problema delle inchieste, che però pesa), dopo la sconfitta al referendum, la perdita di Palazzo Chigi, la dolorosa “scissione” nel Pd e la contesa sulla segreteria con antagonisti veri come Orlando ed Emiliano.

Bisognerebbe aggiungere a questo quadro pure la sconfitta in America dell’establishment Obama/Clinton che era il vero punto di forza internazionale dell’ex premier.

Di sicuro è finita la stagione dell’unanimismo renziano e il suo potere incontrastato. Matteo sembra essersi bruciato in pochi mesi la grande chance che aveva avuto.

La sua irruzione sulla scena aveva suscitato notevoli speranze, anche nell’elettorato moderato, ma – dopo tre anni di potere quasi assoluto, gestito con abilità comunicativa, ma pure con arroganza – il suo bilancio è fallimentare.

Infatti non è riuscito a intaccare l’elettorato del M5S né quello di centrodestra e ha perso la Sinistra. Ha visto crollare tutte le sue tentate riforme (peraltro discutibili) al punto da poter rivendicare come grande (e unico) merito del governo la legge sulle “unioni civili”.

Cosicché oggi abbiamo la nostra economia in fondo alla classifica Ue, le banche nel caos, l’industria che è un terreno di conquista degli stranieri, la disoccupazione giovanile al 40 per cento, la povertà che avanza, ma in compenso le coppie omosessuali possono celebrare in Comune un simil-matrimonio. Non sembrerebbe un bilancio trionfale… Continua