Papa Francesco rompe tutti i facili schemi binari (progressisti/conservatori, Occidente/Oriente, impero del Bene e impero del male), riducendoli a ferrivecchi.

L’altroieri “il Papa ha dato scandalo” sulla guerra (come ha scritto Domenico Quirico): mentre ha pianto il martirio del popolo ucraino, ha ricordato che non si può ridurre la guerra a una distinzione fra buoni e cattivi (si riferiva in particolare alle grandi potenze) e ha alzato la sua voce contro tutte le guerre che generano fiumi di poveri e atroci sofferenze.

Poi ieri ha scandalizzato la mentalità dominante perché il Dicastero dei laici, sottolineando la centralità della famiglia, ha fatto l’elogio della castità prematrimoniale: non c’è nulla di più sovversivo e anticonformista oggi (il Papa stesso in precedenza aveva detto che l’amore vero “non usa le persone, è casto, sa dare la vita”).

Giorni fa Francesco intervenne contro l’utero in affitto parlando di “pratica inumana” in cui le donne, quasi sempre povere, sono sfruttate, e i bambini sono trattati come merce”.

Cosa unisce tutti questi suoi interventi che a volte – per lo schematismo dei media – sembrano progressisti e a volte conservatori? Li unisce il punto di vista da cui il Papa guarda il mondo. Lui ha spiegato che lo guarda “dalle periferie”.

Potremmo tradurre questa espressione – alla maniera di René Girard – dicendo che ha il punto di vista delle vittime, cioè guarda il mondo dalle sue ferite, dalle immense solitudini e dalle sofferenze degli uomini e dei popoli, dal loro bisogno di salvezza. Perché – per il Pontefice – è Dio stesso che fa così, per questo ha mandato suo Figlio a risollevare, abbracciare, curare e guarire questa povera umanità, smarrita, bisognosa e senza amore vero.

Se non si comprende questo suo punto di vista non si capisce quello che fa e che dice e si cerca di incasellare il Pontefice ora in uno schema ora in un altro, con risultati assurdi e fuorvianti.

Ecco la chiave per capire l’altro intervento di questi giorni del Dicastero dei laici, guidato dal card. Kevin Farrell: ha suscitato clamore e discussioni la sua recente lettera a Davide Prosperi, nuovo presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. Continua

Papa Francesco esce fuori da tutti gli schemi ideologici e oggi – dopo nove anni del suo pontificato – continua a sorprendere e diventa sempre più evidente che gli occhiali manichei con cui lo si è guardato (progressismo/conservatorismo o modernismo/tradizionalismo) sono da buttare.

Il “pensiero binario” impone la logica dello schieramento, ma non fa capire la complessità della realtà. È “un Pontefice non facile da decifrare”, dice giustamente Massimo Borghesi. Lo dimostrano i giornali, che fino a ieri lo hanno osannato, infastiditi oggi per le sue posizioni sulla guerra. Le opposte tifoserie sono confuse.

PAPA INCOMPRESO

“Forse né gli uni, né gli altri, hanno mai compreso veramente il pontificato del primo papa non europeo. E oggi” scrive Americo Mascarucci nel libro “Papa Francesco in controluce” (Giubilei-Regnani)dobbiamo onestamente riconoscere di aver dato troppo per scontato papa Francesco, osservandolo con le lenti della faziosità e del pregiudizio, e spesso confondendo il suo messaggio, caricandolo di propaganda e ideologia. Al punto che chi lo ha sempre osannato si ritrova in parte deluso (come accade all’episcopato modernista tedesco, per esempio, che si attendeva aperture rivoluzionarie) e chi invece lo ha combattuto in buona fede, è costretto ad ammettere di non averlo capito”. Continua

Il Papa, a Malta, torna sul conflitto in Ucraina e sottolinea che, pur essendo scoppiato il 24 febbraio, “è stato alimentato negli anni. Sì la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi”.

Per questo Francesco oggi esorta a non preparare altre guerre e chiede che “gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione”.

Non di armi, ma “di compassione e cura abbiamo bisogno, non di visioni ideologiche e di populismi che si nutrono di parole di odio e non hanno a cuore la vita concreta del popolo, della gente comune”.

Il timore del Pontefice, in queste settimane, è il protrarsi e l’allargamento della guerra Russia/Ucraina, che può diventare un conflitto mondiale e può portare pure all’uso di armi atomiche (come è stato prospettato dai leader russi e americani).

Perciò il 25 marzo il Papa ha voluto fare la solenne Consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria con questa implorazione: Liberaci dalla guerra, preserva il mondo dalla minaccia nucleare”. Continua

Non ho capito il senso dell’articolo di Julian Carron sul Corriere di oggi. Considero Julian un amico e per la stima che ho verso di lui devo dirgli che così non aiuta il cammino.
Capisco umanamente che si senta “dimissionato” dalla Santa Sede, ma dovrebbe forse sforzarsi di capire le correzioni della Chiesa (che sono sempre per il bene) e poi dare, con rinnovato slancio, il suo contributo, certamente prezioso, al cammino di CL e alla vita della Chiesa.
Invece il suo mi pare – da senza ruolo – la ricerca di un rifugio all’ombra del Potere: scrivere sulle colonne del “Guerriero della sera” scimmiottando, in versione clericale, il fanatismo bellicista della stampa mainstream mi fa malinconia.
Un ecclesiastico che di fatto va contro la Chiesa. Perché cerca di “coprirsi” con citazioni del Papa decontestualizzate o ovvie (come la condanna dell’invasione) ed evita la sua sacrosanta indignazione contro la guerra in sé, ogni guerra. Così come – sempre Carron – evita di far sua la giustissima denuncia che il Papa fa della mentalità bellicista degli uni e degli altri (il suo lucido giudizio contro la corsa al riarmo).
Sostenere – come fa Carron – che “la strenua resistenza degli ucraini che tanto ci stupisce” corrisponde all'”impeto del cuore” è terribilmente falso e assurdo: il cuore umano non desidera uccidere e morire, ma vivere ed essere felice. La guerra è sempre una profonda ingiustizia, del tutto innaturale rispetto al cuore umano, come ripete continuamente il Papa.

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Queste brevi considerazioni sono soltanto appunti di viaggio, perché il tema è vasto ed esige molto più spazio e riflessione. Però cercare di capire come Benedetto XVI guarda Francesco a me insegna molto. Poi ci sono i drammatici temi di attualità come la guerra. A questo proposito suggerisco di leggere l’articolo di Gianni Valente QUI che fa comprendere bene la dolorosa delicatezza della situazione e l’inermità della Chiesa e del Papa nel conflitto dei poteri mondani.

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È importante capire quale sia lo sguardo del papa emerito sul pontificato del suo successore. Perché il suo giudizio è certamente molto più profondo rispetto a quello di noi osservatori.

Nel libro-intervista di Peter Seewald, “Ultime conversazioni”, Benedetto XVI fa diverse considerazioni su Francesco. C’è anzitutto un giudizio positivo sul pontificato in generale.

Significativi poi sono i passi in cui nota certi elementi della personaità del successore. Per esempio è colpito dalla “sua cordialità, la sua attenzione nei confronti degli altri”. Poi “c’è anche il coraggio con cui affronta i problemi e cerca le soluzioni”. Continua

Al Simposio sul sacerdozio, concluso ieri in Vaticano, si respirava un clima triste, pesante perché è il sacerdozio cattolico è sotto attacco: per gli scandali e certe campagne mediatiche, ma anche per le pressioni del Sinodo tedesco e per la crisi delle vocazioni.

Il Papa, intervenendo, invece di discutere di teorie ha parlato di quei preti che, con la loro vita e la loro testimonianza, fin dalla mia infanzia mi hanno mostrato ciò che dà forma al volto del Buon Pastore”.

Così ha espresso ciò che gran parte dei cristiani (compreso chi scrive, ma anche tanti non credenti) avrebbero testimoniato: la presenza buona di tantissimi sacerdoti incontrati nel corso degli anni, la cui umanità ha permesso di vedere e toccare con mano l’umanità di Gesù. Continua

Voglio segnalare anche il bell’articolo del professor Giovanni Maddalena  QUI che coglie un altro importantissimo aspetto della conferenza stampa del papa.

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Domani è l’anniversario dell’ordinazione sacerdotale di Jorge Mario Bergoglio che venerdì 17 dicembre compirà 85 anni. Non so se, in cuor suo, farà un primo bilancio del suo pontificato (gli analisti hanno già cominciato).

Di certo è gravoso guidare la Chiesa nella tempesta di questi anni, assistere a una così galoppante scristianizzazione (in un mondo che sembra impazzito) e trovarsi sempre esposto agli attacchi dei demonizzatori e alle lusinghe degli adulatori (non so cosa è peggio).

Sono arrivati a imputargli pure il vaccino, come fosse una sua colpa e non una protezione dalla pandemia (peraltro è il vaccino di Trump, non certo del papa).

Anche ieri un giornale lo ha accusato di non dire nulla sul prossimo dibattito parlamentare italiano relativo all’eutanasia, quando proprio l’altro ieri, parlando ai giuristi cattolici, il papa aveva implorato i giuristi di rifendere i diritti dei dimenticati e – insieme a lavoratori e migranti – aveva citato malati, bambini non nati, persone in fin di vita e poveri (peraltro sull’aborto Francesco usa espressioni perfino più dure di Giovanni Paolo II).

Dall’altra parte apri “Repubblica” e trovi Scalfari che, professandosi suo tifoso, gli attribuisce improbabili teorie o – proprio ieri – Luigi Manconiche ricama su una frase del pontefice relativa ai peccati della carne, attribuendogli una “svolta” che è solo nei desideri di Manconi (in realtà il papa ha solo ricordato la tradizionale distinzione della Chiesa fra il peccato di debolezza e il peccato di malizia). Continua

PAPA (E) RE

Milena Gabanelli e Andrea Ducci, sul Corriere della sera (24/11), hanno raccontato una vicenda molto interessante: “Il tesoro dei Savoia nascosto in Bankitalia”.

Il sottotitolo spiega meglio di cosa si tratta: “Lo scrigno con 6.732 brillanti e duemila perle fu consegnato da Umberto II a Luigi Einaudi all’indomani del referendum, 75 anni fa. Vale 300 milioni di euro, ma oggi a chi appartiene?”.

Proprio a quella vicenda storica ha dedicato tre capitoletti Vittorio Messori nel suo nuovo libro “La luce e le tenebre. Riflessioni fra storia, ideologie e apologetica (Sugarco).

Nel volume, che fa parte della messoriana collana “Vivaio” ed è un’altra straordinaria miniera di notizie storiche, l’autore fa riferimento alle memorie del marchese Alfredo Solaro del Borgo, che fu amministratore di Umberto II e che fu mandato in Vaticano perché il giovane ex sovrano e i suoi familiari, “visto il sequestro cui erano sottoposti i suoi beni”, quando nel 1946 dovettero partire per l’esilio, “risultavano privi di denaro”. Continua

Con “l’amico novax” c’è ormai “un solco incolmabile”. Così lo scrittore Emanuele Trevi sul “Corriere della sera”: “pensano che mostrare il green pass in treno sia un attentato alla Costituzione… cascano le braccia alla sola idea di discutere con loro”. Secondo Trevi “a sorreggerli c’è l’inconfessato sentimento che tanto a vaccinarsi ci abbiano pensato gli altri”.

Giovanni De Luna sulla “Stampa” esprime una sensazione altrettanto forte: “L’irruzione dei novax sulla scena pubblica ha provocato una rottura nella profondità dei legami sociali”. Si è aperto un baratro nei rapporti umani, “a cominciare da quelli tra medico e paziente” che pure – all’inizio della pandemia – erano stati spesso eroici e commoventi.

Perfino la Chiesa, che potrebbe essere la preziosa e materna presenza che porta saggezza e solidarietà, che riconduce al buon senso, ricucendo un tessuto sociale rabbioso e radicalizzato, è, a sua volta, lacerata perché c’è una parte del mondo cattolico che ha fatto sua l’ideologia novax. Continua

L’intervento del card. Willem Jacobus Eijk, arcivescovo di Utrecht, sabato scorso, al convegno romano di Voice of the Family su “Salute dei malati e salvezza delle anime”, è un colpo durissimo per l’ideologia dei cattolici novax e nopass.

Non solo perché la relazione ( QUI ) illustra con competenza – e non con slogan e teoremi deliranti – la questione dei vaccini (il cardinale ha una formazione medico-scientifica) e risponde sui problemi etici sollevati per l’uso di linee cellulari derivate da aborti (è un esperto di bioetica).

Non solo perché dunque dimostra la fondatezza della Nota della Congregazione per la dottrina della fede che ha dichiarato la liceità morale dell’uso dei vaccini anti-Covid.

Il cardinale arriva a sostenere che vaccinarsi probabilmente è addirittura “un obbligo morale” per il Bene Comune.

E l’aspetto che più mette in scacco i catto-novax è questo: il card. Eijk è un prelato che – culturalmente – rimanda al magistero di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, quindi è uno di quelli che i media, semplificando, definiscono “conservatore”. Continua