Proprio mentre Giuseppe Conte annuncia il prolungamento dello stato d’emergenza è uscito il libro di Giorgio Agamben, “A che punto siamo?”(Quodlibet) dove il filosofo raccoglie i suoi interventi, così controversi, scritti durante e contro il lockdown, e dove aveva previsto che lo stato d’eccezione sarebbe stato prolungato.

Agamben è uno dei filosofi italiani più tradotti e stimati all’estero. Infatti è stato intervistato da diversi giornali stranieri e (sebbene sia, da sempre, culturalmente “di sinistra”) è stato ignorato dai nostri media che non sopportano pensieri difformi.

Quello che vorrebbe farci vedere è “la trasformazione di cui siamo testimoni” nella vita politica e sociale, che “opera attraverso l’istaurazione di un puro e semplice terrore sanitario e di una sorta di religione della salute”.
Il pensatore denuncia la trasformazione dello stato d’eccezione in una prassi che diventerà sempre più normale, finendo per liquidare la democrazia borghese parlamentare così come l’abbiamo finora conosciuta, trasformandola in un’altra cosa che non è ancora definita. Continua

Ci sono molte armi di distrazione di massa – usate dal potere politico, economico e mediatico – che rendono difficile capire cosa sta davvero succedendo e perché. Ma certi episodi – se si uniscono i punti – fanno capire tutto.

DIKTAT

Consideriamo l’assurdo rapporto fra Italia e Germania (ovvero la Ue). Ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel era sulle prime pagine di alcuni giornali italiani con un messaggio chiaro. “La Stampa” lo sintetizzava in riferimento al Mes: “Merkel: l’Italia utilizzi tutte le risorse Ue”. Continua

Francesco Merlo, su “Repubblica”, ha ironizzato sui surreali auto elogi di Giuseppe Conte: “alle 18 una breve conferenza stampa con un’autocelebrazione davvero imbarazzante: ‘siamo stati d’esempio’, ‘ci è stato riconosciuto di avere indirettamente salvato vite umane in Europa’. E via con l’ elogio del proprio coraggio”.

In effetti è stupefacente che il premier di uno dei paesi più colpiti e danneggiati dal Covid-19 si autoincensi con toni così trionfalistici e addirittura arrivi a rivendicare dei (non meglio precisati) meriti continentali.

Ma è ancora più sorprendente che gli auto elogiatori governativi finiscano col credere davvero alla propria propaganda cosicché – come si dice a Roma – “se la cantano e se la suonano da soli”, senza preoccuparsi della realtà dei fatti. Continua

Se davvero con Giuseppe Conte l’Italia sarà sbattuta fuori dal G7, come ipotizzano certe indiscrezioni di stampa, sarà una catastrofe e non solo d’immagine. Il nome di Giuseppi resterà per sempre legato a questo declassamento storico.

Tuttavia, anche senza un tale schianto, nessuno – pure a sinistra – ritiene che questo premier e il suo governo siano in grado di gestire la crisi economica e sociale che si prospetta in Italia e tanto meno la ricostruzione del Paese.

Il richiamo alla “mancata concretezza” che è arrivato agli “Stati generali”contiani, in modi diversi, dal governatore Visco e dal presidente Mattarella, è un segnale chiaro e si può tradurre così: sapete fare solo spot e propaganda. Continua

L’Italia è sull’orlo di un baratro economico e sociale eppure tutto sembra paralizzato. Nel teatrino di palazzo della corte di Luigi XVI va in scena la sfilata delle chiacchiere romane.

Il Paese è ostaggio di un governo che non ha idee, né coraggio, né preparazione, né capacità di decisione, né autorevolezza internazionale (basti vedere come è fuori da tutti i tavoli decisivi, dalla Libia ai patti franco-tedeschi in Europa).

Un importante esponente Pd come Graziano Delrio a novembre diceva “non si può vivacchiare”. A febbraio aggiungeva: “se il governo vivacchia è meglio tornare al voto”. E a maggio: “il governo non ha visione” e si rischia la “rottura del rapporto di fiducia tra Paese e istituzioni”.

Ma questo esecutivo non può che vivacchiare perché è nato da due partiti che si erano sempre combattuti e detestati, due partiti che non hanno nulla in comune se non la sola brama di restare al potere e di impedire all’odiato Salvini e al centrodestra, maggioranza nel Paese, di andare al governo. Continua

Ad investire Maurizio Landini, leader della Cgil, come nuova stella polare del firmamento della Sinistra (per i prossimi mesi) è stato, domenica scorsa, Eugenio Scalfari.

Non si sa quanto possa portargli fortuna, ma in effetti c’è un’operazione politica in corso su Landini nei Palazzi del potere e dopo ne vedremo il perché (Scalfari deve averla orecchiata e ci ha messo il cappello sopra, come suo solito, anticipando tutti).

Il suo lancio è concomitante all’appannamento dell’ultimo mito politico scalfariano: Giuseppe Conte.

L’EDITORIALE DADAISTA

Lo si evince proprio da quest’ultimo editoriale scalfariano che è ormai un divertente genere letterario simil-dadaista, per le parole in libertà, ma che lascia sempre trapelare gli umori dei Palazzi. Continua

Sta naufragando rovinosamente il sogno di Giuseppe Conte e dei suoi strateghi: usare l’emergenza Covid-19 per dare, allo sconosciuto avvocato foggiano, un’aura da statista attorno alla quale costruire un nuovo partitodi centrosinista e (pseudo)cattolico.

Anzitutto perché da domenica sera è cambiata l’atmosfera: dilagano il malcontento e la rabbia. Si assiste a una sollevazione generale per l’incompetenza del governo che non ha visione, non ha un piano e, invece di varare la Fase 2, sprofonda nelle sabbie mobili di norme assurde. I danni economici e sociali sono giganteschi e ogni giorno si aggravano.

Ma, in secondo luogo, perché Conte, con il pesante schiaffo dato ai cattolici(ancora niente messe, ma solo funerali e con meno di 15 persone, possibilmente all’aperto), è riuscito a inimicarsi perfino l’unico vero sponsor di cui aveva l’appoggio: la gerarchia cattolica e vaticana (da non confondere col popolo cattolico che vota come vuole e – com’è noto – all’opposto di Bergoglio e della Cei).

Eppure da sempre la Cei – su ordine del papa argentino, mosso dalla precisa intenzione di attaccare la Lega di Salvini – era stata più che collaborativa: servile. Continua

Caro Matteo (Renzi),

negli ultimi anni (come sai) non ho condiviso quasi nulla delle tue idee. Ciò non mi impedisce di riconoscere che sei (e resterai a lungo) uno dei più abili protagonisti della politica italiana. Giganteggi in un centrosinistra di mediocri.

Lo ha dimostrato la nascita (per me sciagurata) di questo esecutivo, che si deve solo alla tua scaltrezza tattica, anche se non ti viene riconosciuto da chi ne ha beneficiato.

Sia chiaro: vederti scendere in campo (seguito dal Pd) per scongiurare il voto degli italiani (perché avrebbe dato la vittoria al centrodestra), vederti capovolgere le tue posizioni sul M5S, passando di colpo da “mai con i 5 stelle” a “facciamo un governo con il M5S”, facendo leva sul terrore dei grillini di perdere la poltrona in parlamento, è stato uno spettacolo avvilente (per me e molti italiani).

Ma riconosco che – politicamente parlando – il tuo è stato un colpo da maestro (del resto vieni dalla città di Machiavelli). Lo scopo che perseguivi l’estate scorsa è stato raggiunto. Ma tu stesso, già in autunno, ti sei reso conto che questo esecutivo non era all’altezza dei problemi dell’Italia e subito ti hanno accusato di destabilizzarlo per le tue critiche. Continua

Il problema è l’uso politico della paura. Perché oggi, padrona incontrastata della scena pubblica e dei sentimenti privati, è la paura della pandemia, del contagio, di questo nemico invisibile e feroce che si può nascondere dovunque e d’improvviso può assalirti e condannarti in poche ore a una morte atroce, solo come un cane.

Una paura di tutto un popolo (e di quasi tutto il mondo) come mai si era vista serpeggiare fra la gente. Ma, attenzione, c’è un’operazione politica in corso in Italia che fa leva proprio su questa ansia collettiva.

La tentazione del potere di usare la paura c’è sempre stata, come spiegava anni fa Zygmunt Bauman:

“Di sicuro la costante sensazione di allerta incide sull’idea di cittadinanzanonché sui compiti ad essa legati che finiscono per essere liquidati o rimodellati. La paura è una risorsa molto invitante per sostituire la demagogia all’argomentazione e la politica autoritaria alla democrazia. E i richiami sempre più insistiti alla necessità di uno stato di eccezione vanno in questa direzione”.

Queste parole di Bauman fanno pensare all’Italia oggi alle prese con l’epidemia da coronavirus. Continua

Ma cosa ci sta accadendo? Siamo così frastornati e anestetizzati che ormai conviviamo con una strage quotidiana che va da 500 a mille persone?

Stiamo assistendo a un massacro che in un mese ha eliminato 11 mila italiani, quasi quattro volte il numero delle vittime degli attentati dell’11 settembre 2001 e nessuno s’interroga, nessuno dichiara di aver fallito, né c’è una sola alta autorità che si sia dimessa.

Eppure è una tragedia mai vista nella storia d’Italia in tempi di pace. Perché proprio noi? Neanche i media si interrogano su quali sbagli sono stati fatti, anzi ripetono, come nei regimi, che non è il momento delle polemiche.

Eppure di errori ce ne sono stati molti. Perché è del tutto anomalo che l’Italia – che è un piccolo paese agli antipodi della Cina – di colpo sia diventata il centro dell’epidemia mondiale col record di morti che ha superato perfino quelli ufficiali dichiarati da Pechino. Continua