Di sicuro “Il Fatto quotidiano” non ha alcuna simpatia per l’opposizione di centrodestra ed anzi è vicino al governo. Ebbene ieri, sopra la testata (dove Marco Travaglio ogni giorno sintetizza in una frase il suo giudizio sulle notizie del giorno), si leggeva: “Sondaggi: Pd e M5S hanno 2 punti sotto le Europee del 2019. Ma, anziché fare autocritica, reclamano il rimpasto. Sicuri che il loro problema sia il governo?”.

Il riferimento è al sondaggio pubblicato sabato scorso dal “Corriere della sera” dove in effetti il Pd ha il 2,1 per cento in meno rispetto alle Europee del 2019 e 2,1 per cento in meno ha pure il M5S (il quale retrocede a quarto partito, sorpassato da Fratelli d’Italia).

Questi due partiti sono in calo pure rispetto al mese scorso. Egualmente scende Italia viva e va giù il gradimento per il governo e per il presidente del Consiglio Conte.

Ma quel sondaggio (con la Lega in crescita, come ha sottolineato ieri Pietro Senaldi) è significativo soprattutto perché conferma, per l’ennesima volta, una notizia clamorosa, che tuttavia oggi passa del tutto inosservata in Italia (dove non si considera mai il “popolo sovrano”): ovvero la notizia che quello attualmente al potere, nel nostro Paese, era e resta un governo di minoranza fra gli italiani.

Infatti i partiti di governo (Pd, M5S, Leu e Italia viva) raggiungono più o meno il 41,5 per cento, mentre il centrodestra sfiora (stabilmente, da tempo) il 50 per cento (che alle elezioni significa maggioranza assoluta dei seggi).

Si dirà che i sondaggi lasciano il tempo che trovano e che in Parlamento la coalizione di governo ha la maggioranza che le deriva dalle elezioni politiche del 2018. Ma, se non vogliamo prendere in giro gli elettori, la politica non è la mera aritmetica: sta anzitutto nelle proposte che si fanno al Paese.

In effetti nelle elezioni del 2018 la coalizione che prese più voti fu quella di centrodestra con il 37 per cento: ben 15 punti percentuali più del centrosinistra e 5 più del M5S. Ma il centrodestra non ebbe la possibilità di formare un governo. Continua

In queste ore il Pd ha disinvoltamente rovesciato la sua posizione sul Mes e sulla cancellazione del debito, facendo sue le posizioni che da sempre sono sostenute dall’odiata Lega in Parlamento, sui media e nelle piazze.

La prova? Stava sulla prima pagina di “Repubblica” di ieri: “Sassoli: ‘L’Ue cancelli i debiti per il Covid e riformi il Mes’”. Ed Enrico Letta, sempre ieri, ha dato un’intervista alla “Stampa” il cui titolo dice tutto: “Gli Stati non si fidano, il Mes va superato, trasferiamo i fondi alla Commissione”. Continua

Ora anche il povero san Francesco d’Assisi viene trascinato nelle lotte di potere interne al governo giallorosso. Il paradosso è che a “usare” il santo Patrono d’Italia ieri, ad Assisi, è stato quel Giuseppe Conte che è a capo della coalizione di governo più laicista e anticattolica della storia repubblicana: quella che ha fatto insorgere la Cei per la mancata riapertura delle chiese (scrissero che era minacciata la “libertà di culto”) e che ha fatto insorgere la Cei pure per la legge Zan in cui i vescovi vedono “derive liberticide”.

Il Capo del governo – secondo alcuni – sta preparando il terreno a un suo partito che vorrebbe dirsi addirittura d’ispirazione cattolica. Paradosso tipico di un’epoca e di un premier per cui le parole non hanno più nulla a che fare con la realtà.

Peccato che lo smemorato Conte ieri, ad Assisi, sia incorso in una gaffe clamorosa. Per l’operazione che ha in mente infatti ha coniato uno slogan che invece di rimandare a san Francesco evoca involontariamente Licio Gelli: “Piano di rinascita”. Continua

“Abbiamo interi territori nei quali la presenza di extracomunitari che vanno avanti a ruota libera sta cambiando il modo di vivere delle nostre famiglie. Abbiamo pezzi di città che sono occupati quasi militarmente da extracomunitari. Abbiamo gente che continua a fare accattonaggio molesto davanti ai supermercati, davanti alle farmacie, davanti alle chiese, davanti ai distributori del biglietto per il parcheggio. Abbiamo bande organizzate che spacciano droga la mattina nei nostri quartieri o davanti alle scuole. Abbiamo il litorale Domizio che è rovinato, abbiamo il quartiere Vasto intorno alla stazione centrale di Napoli che è occupato e governato insieme da camorra e nigeriani… Beh, questo problema il Partito Democratico lo vede sì o no? E vuole dire qualcosa ai cittadini che hanno paura sì o no?”.

Chi può aver fatto un’intemerata simile? Un leader del centrodestra? Di sicuro se fosse stato un leader del centrodestra sarebbe stato bombardato, per questo, da un’artiglieria di accuse e condanne.

In realtà le parole che ho citato fra virgolette sono state pronunciate – e con molta enfasi ed energia – dal governatore Dem della Campania, Vincenzo De Luca, nel comizio di chiusura della Festa dell’Unità di Telese, nel settembre 2018. Continua

Dopo la pubblicazione di questo articolo su Libero ho scoperto che perfino nell’account twitter dei “Deputati Pd” è stato fatto lo stesso attacco a Matteo Salvini. Ecco il tweet dei Deputati Pd: “Nessuno scrupolo, nessuna correzione. Per Salvini piazza Matteotti non esiste, la chiama ancora con la terminologia del Ventennio. Quell’ideologia fascista che uccise Matteotti. Un insulto a Napoli, alla sua storia. Combatteremo ogni rigurgito guidati dai valori dell’antifascismo”. Come si può vedere nel tweet sono state fatte tre frecce proprio sulla scritta “Piazza Matteotti”… Sopra i “Deputati Pd” scrivono “Per Salvini Piazza Matteotti non esiste”. Evidentemente il pregiudizio somiglia a due grosse fette di prosciutto sugli occhi…  Ma che politica è quella che arriva a questi livelli grotteschi? Che politica è quella che ha una tale ossessione dell’avversario, quella che vive di pregiudizio, demonizzazione, odio ideologico?

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Fare gli antifascisti di professione nel 2020, in assenza di regime fascista, non è facile. E’ un duro lavoro che richiede impegno diuturno e spesso una fervida fantasia. Infatti bisogna anche saper vedere quello che non c’è e magari avere una propensione al sospetto che finisce nel romanzesco (o nella barzelletta).

Un esempio di questo tipo di “vigilanza antifascista” ce lo fornisce il collega Sandro Ruotolo, una colonna storica delle trasmissioni di Michele Santoro. Sebbene sia da poco diventato senatore della repubblica, Ruotolo continua la sua missione salvifica e in questi giorni ha fatto un clamoroso scoop antifascista, riuscendo a individuare un pericolosissimo “micro segnale per fascisti” nascosto diabolicamente in un manifesto della Lega che pubblicizza un comizio del segretario Salvini a Napoli. Continua

Se davvero con Giuseppe Conte l’Italia sarà sbattuta fuori dal G7, come ipotizzano certe indiscrezioni di stampa, sarà una catastrofe e non solo d’immagine. Il nome di Giuseppi resterà per sempre legato a questo declassamento storico.

Tuttavia, anche senza un tale schianto, nessuno – pure a sinistra – ritiene che questo premier e il suo governo siano in grado di gestire la crisi economica e sociale che si prospetta in Italia e tanto meno la ricostruzione del Paese.

Il richiamo alla “mancata concretezza” che è arrivato agli “Stati generali”contiani, in modi diversi, dal governatore Visco e dal presidente Mattarella, è un segnale chiaro e si può tradurre così: sapete fare solo spot e propaganda. Continua

L’Italia è sull’orlo di un baratro economico e sociale eppure tutto sembra paralizzato. Nel teatrino di palazzo della corte di Luigi XVI va in scena la sfilata delle chiacchiere romane.

Il Paese è ostaggio di un governo che non ha idee, né coraggio, né preparazione, né capacità di decisione, né autorevolezza internazionale (basti vedere come è fuori da tutti i tavoli decisivi, dalla Libia ai patti franco-tedeschi in Europa).

Un importante esponente Pd come Graziano Delrio a novembre diceva “non si può vivacchiare”. A febbraio aggiungeva: “se il governo vivacchia è meglio tornare al voto”. E a maggio: “il governo non ha visione” e si rischia la “rottura del rapporto di fiducia tra Paese e istituzioni”.

Ma questo esecutivo non può che vivacchiare perché è nato da due partiti che si erano sempre combattuti e detestati, due partiti che non hanno nulla in comune se non la sola brama di restare al potere e di impedire all’odiato Salvini e al centrodestra, maggioranza nel Paese, di andare al governo. Continua

A volte la realtà riesce a bucare il muro di propaganda e fake news, dissolvendo perfino i fumi della sbornia propagandistica sull’Emilia Romagna.

FATTI E MISFATTI

La mina vagante Carlo Calenda, essendo ai margini – per criticare il papocchio governativo di agosto fra Pd e M5S – questa verità dei fatti l’ha svelata così in un tweet: “Dal 29 agosto 2019 a oggi il blocco di Centrosinistra è passato dal 46,5% al 34,3%. Il blocco Lega-FdI-FI dal 45,6% al 50,5%. Mi pare un’operazione riuscitissima” ha concluso ironicamente.

E a chi gli ha obiettato che comunque il Pd ha il potere e comanda (sia pure a dispetto degli italiani), sottintendendo che il centrodestra ce l’ha in saccoccia, Calenda ha replicato: “spero sia una battuta. Questi sono i dati perché hanno fatto il Governo! Che peraltro sta governando pessimamente. Quando (il centrodestra) sarà al 60% continueremo a dire ‘che bello li abbiamo tenuti fuori dal Governo’?”. Continua

Dopo aver perso le elezioni politiche, le europee e una decina di elezioni regionali, nel giorno in cui perde anche la Calabria, il Pd canta vittoria perché mantiene il governo dell’Emilia Romagna grazie a un sistema di potere ancora vetero-Pci che domina sulla società e che a Bologna si salda con la borghesia radical-chic e quella cattoprodiana. Contenti loro…

Ma il dato più clamoroso è la conferma della sparizione, dal Paese, del M5S, ormai annichilito e assorbito nel Pd. L’esplosione elettorale e, subito dopo, il crollo – un fenomeno che accomuna i grillini e Renzi – ha una spiegazione: la mancanza di identità e di senso di appartenenza. Continua

In Italia è a rischio la democrazia? Non bisogna drammatizzare, ma oggi i segnali di un’involuzione che potrebbe far collassare il sistema democratico ci sono davvero e dovrebbero preoccupare tutti.

Non solo perché il governo è formato da due partiti che sono minoranza nel Paese (uno è crollato al minimo storico nelle politiche del 2018 e l’altro ha dimezzato i voti alle europee del 2019).

Non solo perché si sono barricati nel Palazzo, contro il Paese, e manifestano l’intenzione di non restituire la parola al popolo sovrano in nessun caso (nemmeno se crollasse l’Emilia Romagna rossa dopo l’Umbria), anche perché a primavera si decidono centinaia di nomine e poltrone. Continua