Ci sono molte armi di distrazione di massa – usate dal potere politico, economico e mediatico – che rendono difficile capire cosa sta davvero succedendo e perché. Ma certi episodi – se si uniscono i punti – fanno capire tutto.

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Consideriamo l’assurdo rapporto fra Italia e Germania (ovvero la Ue). Ieri la cancelliera tedesca Angela Merkel era sulle prime pagine di alcuni giornali italiani con un messaggio chiaro. “La Stampa” lo sintetizzava in riferimento al Mes: “Merkel: l’Italia utilizzi tutte le risorse Ue”. Continua

È partita la corsa per il Quirinale. Per la verità già da tempo erano cominciate le grandi manovre, ma ora tutto è stato portato allo scoperto da Matteo Renzi, a cui si è accodato ieri Eugenio Scalfari col solito sgangherato sermone domenicale.

TUTTO IL POTERE AL PD

Il Pd è uscito battuto alle elezioni politiche 2018, precipitando al 18 per cento, il minimo storico, ciononostante ritiene che – come per diritto divino –la Presidenza della repubblica spetti ancora e sempre a un suo esponente.

Al partito di Zingaretti non basta occupare già il governo e le tante altre poltrone annesse e connesse. Pur avendo perduto le elezioni vuole anche il Quirinale e per ottenerlo ha fatto di tutto per scongiurare le elezioni anticipate nelle quali gli italiani gli assisterebbero un’altra batosta che lo metterebbe fuori dai giochi. Continua

Ieri, un’intervista del “Sussidiario” al professor Alessandro Mangia, ordinario di diritto costituzionale alla Cattolica di Milano, era titolata: “L’ultima mossa tedesca: senza la firma del Mes l’Italia non avrà più aiuti dalla Bce”.

Basta questo per capire tutto. Se qualcuno vuole appiopparti ad ogni costo un prestito, con le buone o le cattive (e tutti peraltro si rifiutano di prenderlo), perfino un bambino capirebbe che è una trappola.

Il professor Mangia lo spiega bene e spiega pure chi è, in Italia, che lo vuole: “qualche partito che, a Mes attivato, spera di continuare a governare l’Italia per conto terzi, come sta facendo adesso”. Solo che le conseguenze per il nostro Paese sarebbero pesanti.

Una cosa è evidente: la Germania la fa da padrona in tutte le istituzioni europee e vuole un’Italia sottomessa, con un governo che obbedisce a Berlino. Sarebbe questo “l’ideale europeo” che tanto è propagandato dai media? Continua

È passato poco più di un anno, ma tutti fingono di aver dimenticato cosa accadde fra l’autunno 2018 e la primavera 2019. Ricordate?

Il Giornale Unico del Partito Conformista Italiano (Pci), con l’establishment Ue, già dal settembre 2018 cominciò a sparare a zero perché il Def del governo gialloverde per il 2019 – su impulso della Lega – prevedeva un rapporto deficit/pil al 2,4%.

Era giustificato quell’allarme apocalittico? No, era infondato. Infatti i precedenti governi Pd, con Padoan all’Economia, nei loro Def, avevano previsto il rapporto deficit/Pil all’1,4% nel 2016 e nella realtà si era poi attestato al 2,5. Lo avevano previsto all’1,8% nel 2017 e poi era andato al 2,3%. Continua

Quando Massimo D’Alema – da premier italiano – incontrò Giovanni Paolo II, nel 1999, il papa gli disse: “Ho combattuto tutta la vita contro il comunismo, ma ora che il comunismo è caduto mi domando chi difenderà i poveri”. Wojtyla sapeva bene che di certo non sarebbero stati i comunisti (anche se post o ex).

Costoro infatti – comunque trasformati o riciclati – amano tanto i poveri da moltiplicarli ogni volta che vanno al potere. Lo dimostra la storia dei paesi dell’Est e pure la nostra degli ultimi 25 anni. Con una sola (apparente) eccezione: la Cina (dirò alla fine perché apparente).

Così D’Alema ora torna in campo con un libro e un’ennesima trasformazione: ora simpatizza per la Cina di Xi Jinping. È un ritorno al rosso antico da compagno D’AleMao? Il titolo del suo libro è proprio una frase di Mao: “Grande è la confusione sotto il cielo” (Donzelli). Continua

Nel 1996, quasi 25 anni fa, Alberto Pasolini Zanelli pubblicò un prezioso pamphlet dal titolo “Il genocidio dimenticato (la Cina da Mao a Deng)”, edito da Ideazione.

Vittorio Feltri, nella sua prefazione (entusiasta del talento dell’autore), confessava che – a differenza di tanti innamorati del regime di Pechino – lui non aveva nessuna voglia di oltrepassare la Grande Muraglia, “e dunque” – scriveva testualmente – “addio Cina, che sarà anche vicina, ma spererei non esagerasse e non ci contagiasse”.

Alla fine siamo stati affondati proprio da un “contagio” arrivato dalla Cina. Ora ci ritroviamo un Paese ribaltato dalla pandemia, con migliaia di morti, con un’economia allo sfascio come nel dopoguerra, con una democrazia boccheggiante e perfino impediti nella nostra libertà di movimento personale e nei nostri rapporti umani. Tutto il mondo è in questa stessa situazione, ma l’Italia è fra i Paesi che stanno peggio. Continua

E ora tutti a invocare il caldo per sconfiggere il virus (con tanti saluti a Greta e alla paura del riscaldamento globale). Ora tutti con mascherine e guanti (e viva la plastica delle attrezzature sanitarie).

Ora tutti a ripetere “io resto a casa” dopo aver professato il nomadismo globale e aver fatto gli aperitivi progressisti con “Milano non si ferma” per combattere il panico (cit. Zingaretti). Ora tutti in allarme dopo aver dato dell’“allarmista” che “fomenta la paura” al “cattivo” Salvini che chiedeva da gennaio chiusura delle frontiere e controlli a tappeto per chi arrivava dalla Cina.

Ora tutti a lanciare fulmini e saette pure su chi passeggia da solo nel parco dopo che per settimane hanno declamato “abbraccia un cinese” contro la paura e contro il terrorismo psicologico (l’emergenza era il razzismo anticinese). Continua

La crisi del coronavirus è un emblema perfetto della fase storica che viviamo dal crollo del Muro di Berlino. Tutti i nodi stanno venendo al pettine.

Per anni è stata esaltata la globalizzazione, l’interdipendenza e la fine delle frontiere. Si è spezzata la catena della produzione facendo della Cina la fabbrica del mondo: così ci siamo de-industrializzati e siamo diventati dipendenti da una mostruosa tirannia comunista, che è ormai la prima economia del mondo. E proprio la Cina ha esportato dappertutto il virus.

Molti virus vengono da là e ovviamente – essendo la Cina il centro economico del pianeta – questo virus ha volato, sulle ali dell’economia, nelle zone più interconnesse con quel Paese. Infatti come è arrivato in Europa? Lo ha spiegato un articolo di Riccardo Luna, ieri, su Repubblica: attraverso la Germania (“il virus arriva in Italia dalla Baviera”).

Eppure a passare per l’untore del mondo è stata l’Italia, mentre i tedeschi fanno i pesci in barile. Emblematica questa “fregatura” dell’Italia. In fondo cosa è accaduto alla nostra economia negli ultimi 30 anni? Nei primi anni Novanta eravamo la quarta potenza industriale del mondo:dal ’91 al ’99 la produzione industriale italiana è cresciuta del 13 per cento e quella tedesca solo del 3. Continua

Dopo aver perso le elezioni politiche, le europee e una decina di elezioni regionali, nel giorno in cui perde anche la Calabria, il Pd canta vittoria perché mantiene il governo dell’Emilia Romagna grazie a un sistema di potere ancora vetero-Pci che domina sulla società e che a Bologna si salda con la borghesia radical-chic e quella cattoprodiana. Contenti loro…

Ma il dato più clamoroso è la conferma della sparizione, dal Paese, del M5S, ormai annichilito e assorbito nel Pd. L’esplosione elettorale e, subito dopo, il crollo – un fenomeno che accomuna i grillini e Renzi – ha una spiegazione: la mancanza di identità e di senso di appartenenza. Continua

La nostra economia potrebbe ricominciare a correre e l’Italia potrebbe rinascere. La medicina di cui ha bisogno il nostro Paese la conoscono tutti gli addetti ai lavori.

È molto semplice: l’Italia ha bisogno di un forte choc fiscale, che abbassi drasticamente le tasse, ha bisogno di un robusto stimolo alla crescita che rilanci la nostra economia, l’occupazione, i consumi; ha bisogno di forti investimenti pubblici  nell’innovazione e nelle infrastrutture (per modernizzare le comunicazioni e per mettere in sicurezza strade, ponti, territori) che attivino investimenti privati.

Ha bisogno di fare esattamente quello che ha fatto Trump negli Stati Uniti (ottenendo risultati straordinari) e quello che in questi giorni ha deciso di fare il Giappone, il quale ha varato un pacchetto di stimoli e di aiuto all’economia del valore di 13.200 miliardi di yen (121 miliardi di dollari). È anche uno stimolo alla domanda interna  che intende prevenire crisi provenienti dall’estero, magari dallo scontro sui dazi. Continua