Il 18 gennaio 1919 don Luigi Sturzo lanciò l’Appello ai liberi e forti che fu l’atto di nascita del Partito popolare italiano, ovvero l’ingresso ufficiale in politica dei cattolici dopo il “non expedit”.

È giusto richiamarsi a tale data simbolica per lanciare delle operazioni partitiche che non hanno alcuna parentela politica e ideale con Sturzo e il suo Appello? Continua

Il 24 ottobre su Libero ho pubblicato un articolo (QUI) in cui contestavo alcune cose scritte da Goffredo Bettini. Il quale ha risposto, sempre su Libero (si può leggere QUI). Qua sotto la mia replica.

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Interessante (e molto togliattiana) questa riflessione. Faccio però notare che nei decenni scorsi il suo partito ha avuto un grosso peso nel governo del Paese. Se lei vede un “tramonto di civiltà” e “un degrado antropologico” allarmante ci si aspetta anzitutto una seria autocritica della Sinistra, che, fra l’altro, in questi anni ha sostenuto l’ideologia dominante, politicamente espressa, a livello mondiale, dalle presidenze Dem negli Usa (Obama-Biden-Harris) e dalla UE.

Lei se la cava con una frase critica (“Negli ultimi decenni, si è ritenuto anche a sinistra il mondo che c’è come l’unico possibile. Con il suo nichilismo”). Ma nel suo articolo aveva ribadito l’adesione alla linea di Elly Schlein che non si oppone certo alla cultura nichilista. Qui invece elogia Ratzinger, ma Schlein e Ratzinger indicano direzioni opposte. Continua

C’è una lezione politica nel Natale 2024? Partiamo da un fatto anomalo: un prelato che parla del bisogno di Dio. L’arcivescovo di Milano, per sant’Ambrogio – diversamente dai suoi confratelli occupati solo da temi sociali – ha detto: “La gente non è stanca della vita, perché la vita è un dono di Dio che continua a essere motivo di stupore e di gratitudine. La gente è stanca di una vita senza senso, che è interpretata come un ineluttabile andare verso la morte. È stanca di una previsione di futuro che non lascia speranza. È stanca di una vita appiattita sulla terra, tra le cose ridotte a oggetti, nei rapporti ridotti a esperimenti precari. È stanca perché è stata derubata dell’‘oltre’ che dà senso al presente, sostanza al desiderio, significato al futuro”. Continua

Ho visto lo spot delle patatine e francamente non mi ha scandalizzato. Non è un capolavoro, può essere ritenuto sciocco, fuori luogo, ma non mi pare grave.

Eppure ieri Avvenire informava: “Una chiara offesa alle convinzioni religiose delle persone. Con un provvedimento d’urgenza, il Comitato di controllo dell’Istituto dell’autodisciplina pubblicitaria ha bloccato la diffusione dei contestati spot di Amica chips in cui le ostie consacrate venivano sostituite dalle patatine”. Continua

Ci manca la Dc? Venerdì scorso Repubblica aveva un titolo sorprendente: “Gli italiani e la nostalgia della Dc. Caccia al 37% di elettorato cattolico”.

L’articolo partiva da un “rapporto curato da Quorum per Demos” (quest’ultimo è un gruppetto di cattolici di sinistra – vicini alla Comunità di S. Egidio – che orbita attorno al Pd).

Da tale rapporto risulta che per il 37% degli italiani “c’è bisogno di un partito che sostenga i valori cristiani e cattolici”. È un dato che fa impressione perché equivale alla percentuale storica di voti che aveva la Dc. Continua

Il “caso Bigon” non è  affatto un piccolo episodio, una “faccenda locale”, un fatterello marginale come si vuol far credere.

Dimostra che il vero “suicidio assistito” è quello dei cattolici del Pd, come peraltro molti anni fa aveva previsto Antonio Gramsci. E dimostra che il progetto politico-ideologico su cui il Pd fu fondato nel 2007 è ormai completamente fallito. Continua

Un tempo la Sinistra riconosceva di soffrire della “sindrome di Tafazzi” (dal nome del comico dedito a una pratica masochista). Oggi è passata al suicidio (politico) assistito: fa harakiri davanti a milioni di italiani.

Sebbene i media evitino di infierire, come invece farebbero con il centrodestra, la situazione è grave (ma non seria). Dopo l’autoaffondamento elettorale del 25 settembre, è arrivata la replica con le manifestazioni “per la pace” del 5 novembre.

Pure un intellettuale d’area come Michele Serra ha riconosciuto il caso tragicomico: “A giudicare dalla piccola sparatoria verbale fra Conte e Calenda, lo scopo recondito della grande manifestazione pacifistaromana e di quella più piccola di Milano era farsi la guerra fra loro”. Continua

Cosa c’è in comune fra don Emilio De Roja e Pier Paolo Pasolini? Anzitutto il Friuli. Don Emilio è morto trent’anni fa e a lui è dedicata una bella mostra attualmente ospitata dal Meeting di Rimini. Pasolini è nato cento anni fa e a lui – e a suo fratello Guido – è dedicato un libro, appena uscito, di Andrea Zannini, “L’altro Pasolini” (Marsilio).

Il fratello partigiano di Pier Paolo, conosceva don Emilio perché il sacerdote udinese faceva parte, come lui, della brigata partigiana Osoppo. Sono due grandi storie purtroppo dimenticate che si intrecciano.

La morte di Guido – generoso e idealista – è stata il grande dolore della vita di Pier Paolo che, sebbene più grande, aveva scelto di non andare con lui in montagna. In una sua poesia del 1966 scriverà: “Piango ancora, ogni volta che ci penso/ su mio fratello Guido,/ un partigiano ucciso da altri partigiani, comunisti”. Continua

Fino a ieri tutti si dicevano liberali. Ma oggi che sarebbe necessario dimostrarlo di fronte al progetto di legge Zan, definito da molti “legge bavaglio”, d’improvviso sembra che analisti e intellettuali liberali siano spariti, lasciando soli i cattolici a difendere la libertà di tutti.

Vittorio Feltri, fra i pochi laici controcorrente, ha avuto il coraggio civile (perché oggi ci vuole coraggio) di criticare questo disegno di legge illiberale. Ha dato voce così a quella tradizione di giornalismo laico, allergica a censure e bavagli, che ebbe in Indro Montanelli e Oriana Fallaci i punti di riferimento, nella battaglia contro il conformismo e la sinistra intollerante.

Ma fra gli altri grandi nomi del giornalismo di cultura liberaldemocratica (Paolo Mieli, Pierluigi Battista, Ernesto Galli della Loggia, Angelo Panebianco) chi è intervenuto? O mi è sfuggito (in questo caso me ne scuso) o nessuno se n’è occupato. Continua

Sono rimasto sinceramente colpito e amareggiato dalla durezza delle polemiche che negli ultimi giorni sono divampate fra cattolici (col contributo dirompente della stampa laica).

Non sono uno a cui non piaccia il confronto, anche vigoroso e polemico, ma quella a cui stiamo assistendo è ormai una sorta di guerra civile tra cattolici, una criminalizzazione reciproca in cui non si ravvisa più molto di cristiano. E non va bene. Non si può andare avanti così.

Molte parole dure e offensive sono state usate dai due campi contrapposti. E ho dovuto constatare che nei confronti di papa Bergoglio, in particolare nei social, vengono usate da alcuni delle espressioni che sono del tutto inaccettabili.

E’ vero che taluni lamentano di essere bersagliati – a loro volta – da alcune espressioni che il papa usa, specie nelle omelie di Santa Marta, verso certi cattolici (i cosiddetti “rigidi”) e si sentono offesi.

Ma questa non è una ragione per usare parole o giudizi che travalicano la normale e corretta critica.

Penso che il momento che vive la Chiesa sia davvero delicato e drammatico. Per quanto mi riguarda non ho nessuna intenzione di contribuire a questo clima da “guerra civile fra cattolici”.

Perciò d’ora in poi ho deciso di tirarmi fuori da questa mischia (nella quale peraltro mi prendo, da tempo, la mia parte d’insulti).

Se mi occuperò della situazione della Chiesa (e lo farò meno di prima) eviterò accuratamente di usare espressioni che possano involontariamente alimentare animosità e rancori, cercando le espressioni che più invitino al dialogo fraterno. E vorrei che questo “codice” fosse condiviso, così da riportare il confronto dentro i binari cristiani.

Mi permetto anche – pur essendo solo un normale cattolico di parrocchia – di invitare tutti a pregare per papa Francesco, perché il Signore lo aiuti nel suo ministero e lo illumini possibilmente facendogli comprendere la situazione di sofferenza e di confusione che vivono tanti cristiani a motivo delle cose da lui dette o decise.

Preghiera da estendere anche a papa Benedetto, perché possa essere accolto il suo paterno contributo alla vita della Chiesa in questo momento così delicato.

Una preghiera che – ovviamente – è anche per la nostra personale conversione, perché ciascuno deve pensare anzitutto alla propria salvezza personale.

Siccome sicuramente questo post susciterà reazioni istintive sbagliate, preciso che tutti coloro che hanno obiezioni da fare all’attuale pontificato dovrebbero rileggersi l’intervista al Foglio del card. Caffarra (o quelle del card. Burke) e sintonizzarsi su quello stile, lo stile dei veri pastori, che sono veri esempi di paternità.

C’è bisogno di quella pacatezza, di quell’amore alla Verità e di quella carità. Non basta testimoniare la Verità (questo è il nostro dovere), bisogna anche farlo nella maniera giusta. Questo è quello che penso (e mi conforta che quanto ho scritto in questo post sia compreso nella sua continuità con quanto ho scritto in questi anni, come dimostra l’articolo che potete leggere qui con il mio commento e qui da solo).

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