Il 18 gennaio 1919 don Luigi Sturzo lanciò l’Appello ai liberi e forti che fu l’atto di nascita del Partito popolare italiano, ovvero l’ingresso ufficiale in politica dei cattolici dopo il “non expedit”.

È giusto richiamarsi a tale data simbolica per lanciare delle operazioni partitiche che non hanno alcuna parentela politica e ideale con Sturzo e il suo Appello?

STORIA DI UN FALLIMENTO

Mi riferisco al convegno promosso oggi 18 gennaio a Milano da esponenti di quella sinistra diccì che si fuse con i post-comunisti per dare vita al Pd e per ritrovarsi con la segreteria Schlein – del tutto estranea alla storia Dc – e con la tessera 2024 su cui è stampata la foto di Enrico Berlinguer.

I promotori di questo convegno (si chiamano Comunità Democratica) sono Graziano Delrio e Pierluigi Castagnetti. Parteciperanno anche Romano Prodi e quell’Ernesto Maria Ruffini che dovrebbe essere (secondo i media) il “nuovo Prodi”.

Il loro mal di pancia non è dovuto solo alle idee radicali e assai di sinistra della segreteria Schlein, ma è dovuto soprattutto al bisogno di “pesare” di più, magari con l’ambizione di esprimere il cosiddetto “federatore” del futuro campo largo (un altro convegno, sempre oggi, a Orvieto, della corrente “liberaldemocratica”, ma anch’esso con cattoprogressisti, lancia come “federatore” Paolo Gentiloni).

La cosa singolare è il richiamo storico del 18 aprile 1919 sturziano. Già Mino Martinazzoli, quando, da segretario della DC, nel 1993 ne decise lo scioglimento, fondò sulle sue ceneri (di nuovo) il Partito Popolare italiano e scelse come data proprio il 18 gennaio del 1994 (pure lui).

Non avendo voluto allearsi con Berlusconi e il centrodestra (come imponeva la nuova legge elettorale) per impedire la vittoria della “macchina da guerra” del Pds di Occhetto, andò incontro alla disfatta.

L’anno successivo, nel 1995, questi post-diccì che nel 1994 si dicevano alternativi alla sinistra e alla destra, erano già aggregati al Pds sotto l’insegna dell’Ulivo. Così gli esponenti di quel Ppi fondato il 18 aprile 1994, che aderiva alla famiglia del Partito popolare europeo, sono finiti in pochi anni nel Pd che aderisce al Partito socialista europeo.

CHE C’ENTRA STURZO?

Giuseppe Palladino (1908-1994), al rientro dall’esilio di Luigi Sturzo (1871-1959) ne è stato il principale collaboratore e suo esecutore testamentario”, scriveva Cesare Cavalleri. Ebbene Palladino, nel libro Don Sturzo oggi pubblica le lettere che scrisse nel 1993 a Martinazzoli: “la prego vivamente di non mutare in Partito Popolare Italiano il nome del suo partito”. Riteneva una “scorrettezza politica e storica” usare tale nome “al posto di quello rifondato da De Gasperi” e lo esortava “a lasciare in pace” don Sturzo.

Non fu ascoltato. Dopo quel 18 gennaio 1994 scrisse di nuovo a Martinazzoli sostenendo che il nuovo Ppi rappresentava proprio la parte politica che Sturzo avversò. Si riferiva alla sinistra diccì a cui in effetti nel dopoguerra egli si era opposto. È la stessa sinistra Dc che si riunisce oggi a Milano.

Non solo. Sturzo si contrappose sempre ai socialcomunisti e, nel dopoguerra, la famosa “operazione Sturzo” del 1952 – alla fine non realizzata – di fatto era molto simile a quella che poi Berlusconi avrebbe fatto nel 1994.

Sturzo propugnava un forte regionalismo (che somiglia a quello della Lega), la difesa della famiglia e della scuola libera. Tornato dagli Stati Uniti nel dopoguerra sostenne idee decisamente liberali in economia che lo misero in contrapposizione alla sinistra Dc.

Antonio Socci

Da “Libero”, 18 gennaio 2025