Questa è la mia riflessione – pubblicata su “Libero” – sul “caso Carron”, una pagina che CL deve lasciarsi alle spalle per tornare finalmente a Giussani e riprendere il cammino interrotto alcuni anni fa. Cammino che può essere ripreso solo – come ripete la Santa Sede – rendendosi conto degli errori che sono stati fatti e con un rinnovamento di persone che non può riguardare il solo Carron. Davide Prosperi, incaricato dalla Chiesa di guidare il Movimento di CL verso questa rinascita, merita la fiducia, l’amicizia e l’aiuto di tutti.

 

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Dal Meeting di Rimini sono passati quest’anno il presidente della Cei, molti ministri dell’attuale governo, i due vicepremier e addirittura il presidente della Repubblica. Continua

L’apparente inattualità del Meeting di Rimini di quest’anno sull’“amicizia” ci libera dalla dittatura del presente, che è l’albero che non fa vedere la foresta, la soffocante attualità senza un passato e senza un futuro. E ci libera pure dall’ipnosi del negativo, del male, delle paure, del catastrofismo, delle demonizzazioni che ormai occupano tutta la scena pubblica. Continua

Il giorno di ieri, 15 ottobre 2022, a 100 anni esatti dalla nascita di don Luigi Giussani, potrebbe in futuro essere ricordato come l’inizio della rinascita di Comunione e Liberazione. Sarebbe un evento molto importante sia per la Chiesa che per il nostro Paese.

Se questa “resurrezione” avverrà il merito più grande andrà riconosciuto a papa Francesco, che – negli ultimi due anni – ha fatto il possibile e l’impossibile per rianimare i movimenti ecclesiali.

Infatti il discorso del Santo Padre, ai 60 mila ciellini che riempivano Piazza San Pietro, è stato commovente, paterno e pieno di speranza. Ha iniziato ricordando don Giussani a cui Francesco ha espresso la sua “personale gratitudine per il bene che mi ha fatto, come sacerdote” meditare sui suoi libri. Essendogli grato “anche come Pastore universale per tutto ciò che egli ha saputo seminare e irradiare dappertutto per il bene della Chiesa”. Continua

Molti ciellini non comprendono che bisogno abbia il Meeting di Rimini di trasformarsi in palcoscenico del Potere, riducendo una bella manifestazione, a cui partecipano tanti giovani desiderosi di conoscere Gesù Cristo, a passerella dell’establishment politico ed economico.

Il Meeting nacque con lo scopo opposto. La prima edizione del 1980 (più povera, ma strepitosa nei contenuti) fu dedicata a “La pace e i diritti dell’uomo” e in particolare al dissenso in Urss quando in Italia parlare dei dissidenti nei regimi comunisti era eroico.

Il libro fondamentale per i ciellini, in quegli anni, era firmato dal grande dissidente cecoslovacco Vaclav Havel: “Il potere dei senza potere”.Proprio ciò che il Meeting originariamente voleva mettere in primo piano: si ricorda ancora la presenza a Rimini di Madre Teresa di Calcutta nel 1987.

Perché non tornare a quell’intuizione? Oltretutto il Potere – nella versione politica o economica – è già sotto i riflettori 365 giorni all’anno. Continua

Papa Francesco rompe tutti i facili schemi binari (progressisti/conservatori, Occidente/Oriente, impero del Bene e impero del male), riducendoli a ferrivecchi.

L’altroieri “il Papa ha dato scandalo” sulla guerra (come ha scritto Domenico Quirico): mentre ha pianto il martirio del popolo ucraino, ha ricordato che non si può ridurre la guerra a una distinzione fra buoni e cattivi (si riferiva in particolare alle grandi potenze) e ha alzato la sua voce contro tutte le guerre che generano fiumi di poveri e atroci sofferenze.

Poi ieri ha scandalizzato la mentalità dominante perché il Dicastero dei laici, sottolineando la centralità della famiglia, ha fatto l’elogio della castità prematrimoniale: non c’è nulla di più sovversivo e anticonformista oggi (il Papa stesso in precedenza aveva detto che l’amore vero “non usa le persone, è casto, sa dare la vita”).

Giorni fa Francesco intervenne contro l’utero in affitto parlando di “pratica inumana” in cui le donne, quasi sempre povere, sono sfruttate, e i bambini sono trattati come merce”.

Cosa unisce tutti questi suoi interventi che a volte – per lo schematismo dei media – sembrano progressisti e a volte conservatori? Li unisce il punto di vista da cui il Papa guarda il mondo. Lui ha spiegato che lo guarda “dalle periferie”.

Potremmo tradurre questa espressione – alla maniera di René Girard – dicendo che ha il punto di vista delle vittime, cioè guarda il mondo dalle sue ferite, dalle immense solitudini e dalle sofferenze degli uomini e dei popoli, dal loro bisogno di salvezza. Perché – per il Pontefice – è Dio stesso che fa così, per questo ha mandato suo Figlio a risollevare, abbracciare, curare e guarire questa povera umanità, smarrita, bisognosa e senza amore vero.

Se non si comprende questo suo punto di vista non si capisce quello che fa e che dice e si cerca di incasellare il Pontefice ora in uno schema ora in un altro, con risultati assurdi e fuorvianti.

Ecco la chiave per capire l’altro intervento di questi giorni del Dicastero dei laici, guidato dal card. Kevin Farrell: ha suscitato clamore e discussioni la sua recente lettera a Davide Prosperi, nuovo presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. Continua

Al tempo di Stalin, negli anni Trenta, il Terrore prese di mira anche interi gruppi etnici come i “tedeschi del Volga”. Quasi due milioni di loro furono deportati in Siberia.

Don Paolo Pezzi, nel suo  libro “La piccola Chiesa nella grande Russia” (Ares), racconta: “La maggior parte morì durante il viaggio, poiché questi spostamenti venivano effettuati in inverno e in alcuni casi i treni venivano aperti e i deportati fatti scendere nel nulla, con il villaggio più vicino magari ad alcune decine di chilometri”.

I pochi che sopravvissero costruirono baracche e villaggi che in certi casi divennero vere città. Questa popolazione in parte cattolica ha vissuto decenni senza vedere sacerdoti. Crollato il comunismo, nei primi anni Novanta, alcuni giovani della Fraternità sacerdotale San Carlo Borromeo, vicino a Comunione e Liberazione, partono per quelle terre dove, in inverno, la temperatura giunge anche a meno 35 sotto zero. Continua

Ieri don Julian Carron si è dimesso dalla presidenza della Fraternità diComunione e Liberazione. È stata una decisione inattesa perché il Decreto della Santa Sede sulle “Associazioni di fedeli”, dell’11 settembre scorso, dava due anni di tempo (quindi fino al settembre 2023) per rinnovare gli incarichi di governo dei Movimenti.

Tale Decreto stabilisce “un periodo massimo di dieci anni” per questi incarichi e siccome Carron era presidente dalla morte di don Giussani (2005) non poteva più essere rieletto.

La Santa Sede ha voluto definire questi “limiti ai mandati di governo” in tutti i movimenti perché – si legge nella Nota esplicativa vaticana – “la mancanza” di tali limiti “non di rado favorisce, in chi è chiamato a governare, forme di appropriazione del carisma, personalismi, accentramento delle funzioni nonché espressioni di autoreferenzialità”.

Papa Bergoglio, in un recente incontro con i movimenti, ha aggiunto: “cadiamo nella trappola della slealtà quando ci presentiamo agli altri come gli unici interpreti del carisma, gli unici eredi della nostra associazione o movimento”. Continua

Omelia di don Josè Miguel Garcia al funerale di Raffaele Tiscar. Cattedrale di Como, 23 ottobre 2021

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Sempre la morte suscita in noi tristezza ma, quando è imprevista, come è successo con il nostro amico Raffaele Tiscar, conosciuto tra di noi come Lele, uno prova un grande dolore, uno sgomento, una perplessità che si fa domanda: ma perché proprio adesso?

Se la sua presenza ci era ancora di aiuto, perché ci ha lasciati?

La storia del Lele è conosciuta da quasi tutti che siamo qui. Tanti di voi potete raccontare periodi, momenti della sua vita, fatti vissuti insieme…
Quanti ricordi avrete voi Paola e i figli Iacopo, Eugenia e Maria; quanti iniziative vissute con gli amici della comunità di CL della Toscana e Firenze nel tempo universitario e poi nel impegno civile, quanta vita condivisa insieme con Giampaolo, Grazia, Antonio e tanti altri.

E quante conversazione e decisioni condivisi con le famiglie della Cometa, nella avventura dell’accoglienza che ha segnato gli ultimi anni della sua vita.In questa compagnia cristiana vissuta dalla sua giovinezza la sua vita è diventata bella e sempre più vera.

Certamente i limiti ed errori ci accompagnano sempre, giacché siamo peccatori, ma succede in noi, accade in noi la generazione di una umanità più piena, più appassionata per il bene degli altri, della giustizia, di fare qualche cosa di magnifico, destinato a fare più felici gli uomini, una vita desiderosa di una pienezza che va aldilà di quello che le nostre mani possono fare.

Ci sono due tratti della personalità del Lele che per me sono stati una vera provocazione.

Il primo è il suo cuore irrequieto.

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Il 30 luglio 2008 moriva improvvisamente d’infarto, a Lima, dove viveva, Andrea Aziani, a soli 55 anni. Apparteneva al movimento ecclesiale di don Luigi Giussani che ha cambito la mia vita per sempre. E’ impressionante per me pensare che di un mio così caro amico (è stato fra l’altro il padrino di battesimo di Caterina) sia in corso il processo di beatificazione. Ma anche quando era fra noi capivamo che era speciale. Da Abbiategrasso al Perù, passando per Siena, Firenze e mille altri posti ha sempre lasciato una traccia potente. E’ stato un uomo che ha fatto innamorare di Cristo centinaia di giovani. Donando tutto se stesso. Oggi, nell’anniversario del suo dies natalis, lo voglio ricordare ripubblicando un mio articolo.

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 Carmen, che lo incontrò ai tempi di Gs (erano entrambi di Abbiategrasso, in provincia di Milano), fra le tante cose che la colpirono, ne ricorda una che sembra piccola e buffa: mentre tornava dalla caritativa, in bicicletta, Andrea cantava a voce alta per le strade nebbiose del paese. È un piccolo flash, su un Andrea Aziani diciottenne, dove però si capisce il tipo. C’è la sua giovinezza tutta innamorata di Gesù, c’è quella sua allegra baldanza («perché Gesù ha già vinto!!!», ti diceva ridendo e dandoti pacche sulle spalle) e poi c’è il suo cuore che scoppia di contentezza e di passione per la voglia di far sapere a tutti la grande notizia. Fino agli estremi confini della terra.
Non solo fino a Siena, dove don Giussani lo mandò nel 1976, ma fino quel lembo di terra sull’Oceano Pacifico, dall’altra parte del mondo, dove a 55 anni ha terminato la sua instancabile corsa terrena (e dove ora ha lasciato il suo corpo, che per Gesù si è letteralmente consumato), per cominciare la sua trionfale passeggiata in Cielo. Continua