Il “caso Bigon” non è  affatto un piccolo episodio, una “faccenda locale”, un fatterello marginale come si vuol far credere.

Dimostra che il vero “suicidio assistito” è quello dei cattolici del Pd, come peraltro molti anni fa aveva previsto Antonio Gramsci. E dimostra che il progetto politico-ideologico su cui il Pd fu fondato nel 2007 è ormai completamente fallito. Continua

Paolo Mieli, per storia professionale, è un’istituzione, oltre ad essere una persona squisita e un intellettuale importante (soprattutto come storico). Dopo Scalfari è anche (un po’) la bussola dell’area di centrosinistra. Un’autorità.

Però rischia – come lui – di prendere qualche granchio. L’ultimo curioso infortunio è accaduto venerdì scorso, quando, ospite di Lilli Gruber a “Otto e mezzo”, Mieli si è (molto) sbilanciato in una “profezia” su Elly Schlein che l’indomani mattina (ieri) è stata clamorosamente smentita dal suo stesso giornale. Continua

La segreteria Schlein provoca molti mal di pancia nel Pd. Non solo per il “caso De Luca”. Soprattutto i cattolici e i moderati sono in crisi. Dopo l’uscita dal partito di personalità come Beppe Fioroni, Andrea Marcucci, Enrico Borghi, Caterina Chinnici e Carlo Cottarelli, pure la corrente “Base riformista” manifesta il suo malumore per lo spostamento a sinistra (“ci ritroviamo il Papa alleato della Meloni”).

In effetti venerdì è scoppiato un caso politico. Ed è finito un malinteso. Nel 2018 perfino Massimo D’Alema dichiarava: “In questo momento il principale leader della sinistra è il Papa”. Oggi la Sinistra è ko. Continua

Paolo Mieli, che è un po’ la Cassazione del mondo progressista, ha emesso ieri una sentenza – in un editoriale del Corriere della sera – molto preoccupante per il Pd a guida Schlein.

Dopo aver riconosciuto alla nuova segreteria – con malcelata ironia – “un bilancio più che positivo” nel dar vita a polemiche quotidiane con il centrodestra, Mieli la affonda dicendo che fa continue baruffe perché “per la sinistra sarebbe terribilmente più complicato indicare una prospettiva diversa. Ad esempio, una via credibile per tornare al governo”. Continua

Nei giorni scorsi Roberto Vicaretti, su RaiNews24, ha realizzato, con Giuseppe Liturri, una lunga e interessante intervista a Yanis Varoufakis che – com’è noto – era il Ministro delle Finanze nel primo governo Tsipras.

È colui che, durante la crisi greca del 2015, nelle trattative fra il governo di Atene e l’Eurogruppo, tentò di scongiurare il peggio per il suo Paese, dimettendosi dopo aver amaramente constatato l’impossibilità di far approvare le sue proposte. Continua

C’è una celebre battuta di Oscar Wilde: “perdere un genitore è una disgrazia, perderli entrambi rasenta la sbadataggine”. Si può dire che per il Pd perdere il potere è una sciagura, ma perdere addirittura se stesso(con questo esito delle primarie) è un’imperdonabile distrazione. Oltretutto è accaduto dopo una lunga serie di perdite (ed errori).

I Dem di Enrico Letta, a luglio, hanno perso l’alleanza con il M5S, poi hanno perso anche quella con Carlo Calenda (Renzi lo avevano scartato a priori) e hanno finito con il perdere le elezioni politiche e il governo. Di conseguenza Letta ha perso la segreteria. Continua

Nel caos del Pd, fra risse di correnti, pessime notizie da Bruxelles e sondaggi apocalittici, è passata in secondo piano la vera novità politica: il (possibile) divorzio fra democristiani e comunisti con l’eventuale riesumazione di un simil-Pci sulle ceneri del Pd e la fuoriuscita della cosiddetta “componente cattolica” (la vecchia sinistra dc). Continua