Oggi è il 35° anniversario dell’abbattimento del Muro di Berlino, evento simbolico che dette il via al crollo dei regimi comunisti dell’Est europeo(segnò di fatto la fine del Novecento). Ma è probabile che sui giornali questo anniversario non trovi grande spazio. E se anche uscirà qualche articolo sarà rievocativo: i partiti, la cultura e i media progressisti continueranno con l’atteggiamento di questi decenni sulla questione “comunismo”. Continua

La segretaria del Pd, Elly Schlein, che “rilancia” come simbolo lo storico segretario del Pci Berlinguer, vuole anche “tornare” a Marx (ma fraintendendone le idee).

Ecco cosa è successo. Un lungo articolo di Dario Olivero, su Repubblica del 10 ottobre, ci rivela che l’intellettuale giapponese Saito Kohei, autore del libro Il Capitale nell’Antropocene (Einaudi), “quando cadde il Muro di Berlino non era ancora nato”. Subito dopo scrive che ha trentasette anni. Problema: considerato che il Muro di Berlino è stato “abbattuto” il 9 novembre 1989 e Kohei è nato il 31 gennaio 1987, che tipo di calendario hanno a Repubblica? Il 1989 viene prima del 1987? Misteri del pensiero progressista. Continua

Il presidente francese Macron ha sollevato la questione dell’aborto al G7(uscendone sconfitto) per propaganda personale. Ma ne è scaturito un assalto politico del Pd e dei giornaloni a Giorgia Meloni. Perché? La legge sull’aborto c’è già, dunque su cosa nasce lo scontro?

La polemica iniziò alla nascita dello stesso governo Meloni, quando la premier affermò di non voler toccare la legge 194, ma di volerla applicare integralmente, anche nelle parti che possono aiutare la donna a decidere di non abortire. Da allora, incredibilmente, i partiti di sinistra attaccano la premier che – a loro avviso – attenterebbe al “diritto di abortire”.

In realtà lei fa riferimento proprio alla filosofia della legge 194, votata dal Pci, filosofia che dal partito guidato da Enrico Berlinguer fu particolarmente enfatizzata. Ma che oggi il Pd e la sinistra hanno rinnegato. Così, paradossalmente – oggi è la Meloni – non la Schlein – che può citare le parole di Berlinguer, molto imbarazzanti per il Pd. Continua

“Erano, sono e resteranno sempre comunisti!”, questo slogan era spesso ripetuto da Berlusconi contro la sinistra. Nei comizi i toni com’è noto sono molto accesi. Tuttavia è un giudizio che trova conferma nei fatti del trentennio 1994-2024.

Casomai con una postilla: restano comunisti, ma pretendendo di essere anche “tutto il resto all’occorrenza”. Come dimostrano i continui cortocircuiti del Pd, gli ultimi dei quali sono l’adesione della Schlein al referendum contro il Jobs Act (che è stato per anni la bandiera liberista del Pd: fu la legge qualificante del governo Renzi nel 2016) e la candidatura di ultrapacifisti nelle sue liste (il Pd di Letta è stato il gendarme ideologico dell’ortodossia atlantista sulla guerra in Ucraina). Continua

Ovidio ci fa un baffo. Il tempo delle metamorfosi – veloci e continue – è il nostro. Specialmente nel mondo che si definisce progressista (qualunque cosa voglia dire). Ormai tutti possono diventare tutto, in una transizione senza fine e senza approdi solidi.

Il testacoda identitario più surreale, quasi tragicomico, lo ha segnalato nei giorni scorsi Leonardo Panetta, giornalista di Mediaset, che ha illustrato, con un tweet e un video, un fenomeno stupefacente: “Alla Università della California, occupata dai manifestanti pro-Palestina, studenti progressisti fino all’altro ieri atei-gender fluid e così via si uniscono alla preghiera dei compagni di religione islamica. Nemmeno Houellebecq in Sottomissione aveva immaginato una scena così”. Continua

Il “caso Bigon” non è  affatto un piccolo episodio, una “faccenda locale”, un fatterello marginale come si vuol far credere.

Dimostra che il vero “suicidio assistito” è quello dei cattolici del Pd, come peraltro molti anni fa aveva previsto Antonio Gramsci. E dimostra che il progetto politico-ideologico su cui il Pd fu fondato nel 2007 è ormai completamente fallito. Continua

Paolo Mieli, per storia professionale, è un’istituzione, oltre ad essere una persona squisita e un intellettuale importante (soprattutto come storico). Dopo Scalfari è anche (un po’) la bussola dell’area di centrosinistra. Un’autorità.

Però rischia – come lui – di prendere qualche granchio. L’ultimo curioso infortunio è accaduto venerdì scorso, quando, ospite di Lilli Gruber a “Otto e mezzo”, Mieli si è (molto) sbilanciato in una “profezia” su Elly Schlein che l’indomani mattina (ieri) è stata clamorosamente smentita dal suo stesso giornale. Continua

La segreteria Schlein provoca molti mal di pancia nel Pd. Non solo per il “caso De Luca”. Soprattutto i cattolici e i moderati sono in crisi. Dopo l’uscita dal partito di personalità come Beppe Fioroni, Andrea Marcucci, Enrico Borghi, Caterina Chinnici e Carlo Cottarelli, pure la corrente “Base riformista” manifesta il suo malumore per lo spostamento a sinistra (“ci ritroviamo il Papa alleato della Meloni”).

In effetti venerdì è scoppiato un caso politico. Ed è finito un malinteso. Nel 2018 perfino Massimo D’Alema dichiarava: “In questo momento il principale leader della sinistra è il Papa”. Oggi la Sinistra è ko. Continua