Immersi nelle polemiche del giorno, rischiamo di non vedere – per dirla con Bersani – la mucca nel corridoio. Oltretutto non è una pacifica mucca, ma un Dragone, enorme e vorace. Di colore rosso.

Qualcuno però se n’è accorto e ha suonato l’allarme. L’ex premier australiano Kevin Rudd – esperto di Cina – ha firmato un saggio su “Foreign Affairs” in cui spiega che il XX Congresso del Partito Comunista Cinese, concluso da poco, ha segnato una svolta storica. Oltre a consacrare il dominio incontrastato di Xi Jinping, ha sancito il ritorno del marxismo-leninismo come ideologia guida di una grande potenza planetaria: “il presidente cinese” scrive Rudd “crede profondamente nel marxismo-leninismo, la sua ascesa certifica il ritorno su scala mondiale dell’uomo ideologico”. Continua

Anche agli intellettuali viene voglia di buttarsi nella mischia elettorale. Diceva Oscar Wilde: “a tutto posso resistere fuorché alle tentazioni”. E così esternano a più non posso.

IL VOTO DI VITO

Per esempio, Vito Mancuso, “filosofo e teologo” di Repubblica/Stampa, il 25 agosto si è lanciato in una curiosa riflessione con un tweet che partiva da questa lucida premessa: Io non mi intendo di politica e posso sbagliare”.

Poteva essere soddisfatto di aver centrato due verità nella prima riga (non gli capita spesso). Fermandosi lì avrebbe fatto un figurone: si poteva pensare a una manifestazione di umiltà. Invece ha voluto proseguire per convincerci (non ce n’era bisogno) che quanto affermato nella premessa è proprio vero. Ecco dunque il suo pensiero: Continua

Certi “compagni” italiani sono stupefacenti. Crolla il comunismo sovietico e il Pci, dopo aver sventolato per 70 anni la bandiera rossa con falce e martello dell’Urss (il Pci nacque dallo slogan “facciamo come in Russia”), fischiettando cambia casacca e di colpo si dice liberale. Oplà.

Nel ‘98 in Italia il primo (post)comunista, Massimo D’Alema, diventa premier e il suo governo passa alla storia per aver partecipato, come fidato membro della Nato, al bombardamento della Serbia (contro il compagno Milosevic).

Nel 2006 è eletto presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che era già dirigente del Pci al tempo di Togliatti (e Stalin) ed è rimasto comunista fino al crollo del Muro di Berlino. A Washington la sua presidenza è stimata. Nel corso del suo mandato l’Italia partecipa alla guerra alla Libia.

Ora, con l’invasione russa dell’Ucraina, certe personalità che arrivano dal mondo comunista si mostrano come zelanti sostenitori delle posizioni atlantiste più bellicose, contro il nuovo Impero del Male impersonato da Vladimir Putin.

Infine – e a questo punto il rovesciamento delle parti è completo – si arriva ad affibbiare Putin al centrodestra italiano, il quale è così confuso e afono di questi tempi da non saper reagire. Continua

Solitamente “Repubblica” è un giornale impegnato a dare le pagelle di fedeltà agli Stati Uniti, alla Nato e all’Occidente in generale.

Per questo stupisce ciò che ieri, su Cina e USA, ha scritto Michele Serra, una delle firme più rappresentative del quotidiano scalfariano, uno che spesso alza il ditino moralista per impartire lezioni a chi non è di sinistra.

Dunque nella sua rubrica, nella pagina dei commenti, ieri, si è occupato della controversia fra la Francia (da una parte) e (dall’altra) l’Australia e gli Stati Uniti per la storia dei sottomarini nucleari. Continua

RADICALI LIBERI(STI)

È il paradosso dei Radicali, ma lo storico Giovanni De Luna non lo dice. Eppure sulla Stampa (26/8) lo coglie benissimo occupandosi del referendum sull’eutanasia. Nota infatti: “a uno Stato sollecitato ad abbandonare tutti gli spazi che si era conquistato intervenendo nel mercato” e in ogni campo del vivere sociale, a quello Stato “a cui si sono chiesti continui passi indietro, cercando di limitarne l’invasività e di ridimensionarne gli interventi, si affida oggi il potere di determinare la vita o la morte, rafforzandone e dilatandone proprio l’essenza biopolitica”. Continua

A volte ritornano e – leggendo ieri, sulla “Stampa”, l’ennesima intervista al compagno Goffredo Bettini (stratega di Zingaretti e leader ombra del Pd) – in effetti appariva evidente: è tornato il Pci. Sotto mentite spoglie, ma è tornato.

Nell’aria c’è molto più che la sola operazione nostalgia partita da qualche settimana (con libri, articoli e iniziative varie) in vista del 100° anniversario della fondazione (21 gennaio 1921).

Non mi riferisco neanche all’ideologia, di cui semmai è custode fedele Marco Rizzo, segretario di un altro “Partito Comunista” ridotto ai minimi termini, ma coerente col marxismo-leninismo. Continua

Cent’anni fa, fra l’estate 1920 e il gennaio 1921, nasceva il Partito Comunista Italiano. Non è storia passata. Perché proprio dopo il crollo del Muro di Berlino (1989) e il cambio del nome del partito (1991), la sua classe dirigente è arrivata al potere in Italia e ci resta da anni sebbene minoranza nel Paese e sconfitta alle elezioni.

Al centenario del Pci hanno dedicato un libro Mario Pendinelli e Marcello Sorgi, “Quando c’erano i comunisti” (Marsilio). Stenio Solinas, sul “Giornale”, si è chiesto “come è possibile che, tranne qualche frangia lunatica e qualche intellettuale freak, nessun politico oggi ex o post comunista parli più del come e del perché lo fu convintamente fino a ieri, uno ieri che arriva sino al 1989.

E’ stato il più grosso Pc d’occidente, ma sembra che in Italia nessuno sia stato comunista. Non è stata fatta nessuna seria revisione autocritica. Quella classe dirigente non si è ritirata e non ha mai riconosciuto il marxismo-leninismo come un’ideologia malefica, né ha ammesso la vergogna di aver appoggiato totalitarismi orribili. Nessuno ha chiesto scusa. Continua

Francesco Merlo, su “Repubblica”, ha ironizzato sui surreali auto elogi di Giuseppe Conte: “alle 18 una breve conferenza stampa con un’autocelebrazione davvero imbarazzante: ‘siamo stati d’esempio’, ‘ci è stato riconosciuto di avere indirettamente salvato vite umane in Europa’. E via con l’ elogio del proprio coraggio”.

In effetti è stupefacente che il premier di uno dei paesi più colpiti e danneggiati dal Covid-19 si autoincensi con toni così trionfalistici e addirittura arrivi a rivendicare dei (non meglio precisati) meriti continentali.

Ma è ancora più sorprendente che gli auto elogiatori governativi finiscano col credere davvero alla propria propaganda cosicché – come si dice a Roma – “se la cantano e se la suonano da soli”, senza preoccuparsi della realtà dei fatti. Continua

Venendo da una storia comunista, Pier Luigi Bersani, ex segretario del Pd, ha sempre la propensione alla demonizzazione dell’avversario tipica della casa.

Lo si è visto nei giorni scorsi, quando, in un programma tv si è lanciato a testa bassa contro il centrodestra: “Il messaggio che in Parlamento e fuori sta dando il centrodestra è una coltellata al Paese… Questa gente qua mi viene il dubbio che se avessero governato loro non sarebbero bastati i cimiteri”. Continua

Quando Massimo D’Alema – da premier italiano – incontrò Giovanni Paolo II, nel 1999, il papa gli disse: “Ho combattuto tutta la vita contro il comunismo, ma ora che il comunismo è caduto mi domando chi difenderà i poveri”. Wojtyla sapeva bene che di certo non sarebbero stati i comunisti (anche se post o ex).

Costoro infatti – comunque trasformati o riciclati – amano tanto i poveri da moltiplicarli ogni volta che vanno al potere. Lo dimostra la storia dei paesi dell’Est e pure la nostra degli ultimi 25 anni. Con una sola (apparente) eccezione: la Cina (dirò alla fine perché apparente).

Così D’Alema ora torna in campo con un libro e un’ennesima trasformazione: ora simpatizza per la Cina di Xi Jinping. È un ritorno al rosso antico da compagno D’AleMao? Il titolo del suo libro è proprio una frase di Mao: “Grande è la confusione sotto il cielo” (Donzelli). Continua