Anche agli intellettuali viene voglia di buttarsi nella mischia elettorale. Diceva Oscar Wilde: “a tutto posso resistere fuorché alle tentazioni”. E così esternano a più non posso.

IL VOTO DI VITO

Per esempio, Vito Mancuso, “filosofo e teologo” di Repubblica/Stampa, il 25 agosto si è lanciato in una curiosa riflessione con un tweet che partiva da questa lucida premessa: Io non mi intendo di politica e posso sbagliare”.

Poteva essere soddisfatto di aver centrato due verità nella prima riga (non gli capita spesso). Fermandosi lì avrebbe fatto un figurone: si poteva pensare a una manifestazione di umiltà. Invece ha voluto proseguire per convincerci (non ce n’era bisogno) che quanto affermato nella premessa è proprio vero. Ecco dunque il suo pensiero:

Io non mi intendo di politica e posso sbagliare. Ma sento che il nostro paese avrebbe tutto da guadagnare da avere Draghi al governo per i prossimi anni e cosi mi chiedo se questo meccanismo elettorale parlamentare democratico non sia diventato un laccio che strozza la vita reale”.

In realtà con Draghi è esploso il carovita che “strozza la vita reale”, ma il caro Vito se ne infischia e in sostanza dice: avere Draghi al governo per i prossimi anni è la cosa migliore, dunque non capisco perché bisogna far votare democraticamente il popolo sovrano dal momento che, secondo me, è bene far governare Draghi.

Le risposte al tweet del filosofo sono state di questo tenore: “la prima riga è più che sufficiente”, “forse non si rende conto di cosa ha scritto”, “professore, la prego. Se non se ne intende, neanche si esprima. Non mi faccia buttar via i suoi libri. La prego”, “tutto sto giro di parole per dire che vorresti il totalitarismo?”, “siamo al culto della personalità”.

C’è pure chi approfondisce: “Gratta gratta alla fine si arriva all’uomo della Provvidenza e questo meccanismo elettorale democratico parlamentare un impaccio da superare. La fermata successiva in genere è il bivacco di manipoli, esimio teologo”.

Infine c’è chi risponde a Mancuso ricordando la massima di Churchill: “la democrazia è la peggior forma di governo, escluse tutte le altre”.

COMPAGNI PRECOCI

Alla storia, già complicata, del comunismo italiano si aggiunge un mistero buffo. Il professor Andrea Crisanti, che si è candidato con il PD, ha rivelato in un’intervista (Il Giornale 17/8) il motivo della sua decisione: “Sono legato ai miei sogni di bambino. E seguivo la Fgci quando era segretario nazionale Enrico Berlinguer”.

Possibile? Crisanti è nato nel settembre 1954 e Berlinguer lasciò la guida della Fgci nel 1956. Dunque il piccolo compagno Crisanti fu un vero enfant prodige: già a un anno di età seguiva attentamente i vari Comitati Centrali. E senza appisolarsi.

Forse con tale testimonianza il microbiologo voleva smentire chi un tempo pensava che i comunisti mangiassero i bambini?

LEADER MASSIMO

Del resto lo aveva già smentito Massimo D’Alema con il famoso episodio in cui, a dieci anni, da “pioniere”, come ricordava Edmondo Berselli(Repubblica, 3/2/2005), “esordisce pubblicamente con un discorso formidabilmente socialista davanti a Palmiro Togliatti (‘Ma quello non è un bambino, quello è un nano’)”.

Qualcuno sostiene che invece il vero commento di Togliatti fu: Se tanto mi dà tanto questo farà strada”.

Vittorio Zincone (Sette, 27/6/2019) chiese allo stesso D’Alema quale delle due frasi pronunciò Togliatti. Risposta gelida: “Non ho idea di quale fu la sua reazione”. Comunque fino a Crisanti è stato lui il Massimo della precocità politica.

 

 Antonio Socci

Da “Libero”, 27 agosto 2022

Print Friendly, PDF & Email