Queste brevi considerazioni sono soltanto appunti di viaggio, perché il tema è vasto ed esige molto più spazio e riflessione. Però cercare di capire come Benedetto XVI guarda Francesco a me insegna molto. Poi ci sono i drammatici temi di attualità come la guerra. A questo proposito suggerisco di leggere l’articolo di Gianni Valente QUI che fa comprendere bene la dolorosa delicatezza della situazione e l’inermità della Chiesa e del Papa nel conflitto dei poteri mondani.

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È importante capire quale sia lo sguardo del papa emerito sul pontificato del suo successore. Perché il suo giudizio è certamente molto più profondo rispetto a quello di noi osservatori.

Nel libro-intervista di Peter Seewald, “Ultime conversazioni”, Benedetto XVI fa diverse considerazioni su Francesco. C’è anzitutto un giudizio positivo sul pontificato in generale.

Significativi poi sono i passi in cui nota certi elementi della personaità del successore. Per esempio è colpito dalla “sua cordialità, la sua attenzione nei confronti degli altri”. Poi “c’è anche il coraggio con cui affronta i problemi e cerca le soluzioni”. Continua

PADRE E PADRONI

Piergiorgio Odifreddi ama la battuta ad effetto e il paradosso. Repubblica (22/12) riferisce queste sue parole: “Quasi tutti siamo atei nei confronti di quasi tutte le fedi. Chi si definisce credente è ateo in tutte le religioni tranne la sua”.

In effetti la frase ha una sua divertente logica. Potremmo aggiungere scherzosamente che – allo stesso modo – nessun matematico crede veramente ai numeri perché ritiene che due più due faccia solo quattro ed esclude tutti gli altri numeri.

Del resto Odifreddi non è originale perché i cristiani del I e del II secolo effettivamente furono proprio accusati di ateismo (subendo persecuzioni) in quanto non riconoscevano gli dèi pagani e la divinità dell’imperatore. Continua

Con il Motu proprio “Traditionis custodes”, papa Bergoglio ha spazzato via la liberalizzazione della messa in rito antico di Benedetto XVI che, nel 2007, aveva voluto rispondere alla richiesta di tanti, anche giovani, attirati dall’antica liturgia la quale era stata proibita dopo il Concilio.

Joseph Ratzinger, che pure era un uomo del Concilio Vaticano II, aveva raccontato: “rimasi sbigottito per il divieto del messale antico, dal momento che una cosa simile non si era mai verificata in tutta la storia della liturgia. Si diede l’impressione che questo fosse del tutto normale”. Continua

All’inizio si è creduto che il governo Draghi sarebbe stato una meteora. Doveva durare quanto l’emergenza Covid 19 e poi tutto sarebbe tornato come prima. Oggi appare chiaro che in realtà non si tornerà indietro e “l’effetto Draghi” sta già rivoluzionando la politica italiana.

Ad intuirlo – per ora, a quanto pare – sono soprattutto Salvini, Renzi e Berlusconi. Gli altri sembrano ancora baloccarsi con vecchi schemi ideologici (come sovranisti/europeisti, destra/sinistra e via dicendo).

La “novità Draghi” non sarebbe stata possibile senza il ribaltamento del Grande Gioco della politica internazionale dovuto al ciclone Covid e all’arrivo del nuovo presidente alla Casa Bianca.

Di colpo ci siamo trovati con un’Unione Europea che fa il contrario di ciò che per trent’anni ha imposto. E ci siamo trovati con il presidente Biden che (più trumpiano di Trump) lancia addirittura una “nuova guerra fredda” contro la penetrazione della Cina in Europa, Asia, Africa e Mediterraneo, cosa che restituisce centralità all’Italia. Continua

VERSI

Esce anche in Italia (da Garzanti) il libro di poesie di Amanda Gorman, la ragazza afroamericana di 23 anni diventata famosa per aver recitato una sua lirica alla cerimonia di giuramento di Joe Biden. La Gorman è ormai un fenomeno mediatico planetario come Greta. Luigi Mascheroni sul “Giornale” (7/4) si chiede se “può definirsi poetessa una ragazzina che fa le ‘virgolette’ con le dita”. Poi riporta il lapidario giudizio dello scrittore spagnolo Javier Marias: “Il caso Amanda Gorman è così ridicolo che non so neanche perché me ne occupo”.

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PAPALE PAPALE

Pagine e pagine di giornali, per la morte di Hans Küng, hanno ricordato che il famoso teologo in gioventù fu amico di Joseph Ratzinger, insegnò con lui a Tubinga ed entrambi parteciparono al Concilio Vaticano II.

Ma Küng divenne il simbolo della contestazione teologica, arrivando a mettere in dubbio pure l’infallibilità papale, mentre Ratzinger divenne papa. Continua

A maggio ci furono polemiche per le anticipazioni di alcune dichiarazioni fatte da Benedetto XVI a Peter Seewald e pubblicate nella sua biografia che stava per uscire in Germania. Adesso quest’opera è tradotta in Italia col titolo “Benedetto XVI. Una vita” (Garzanti), dunque si ha la possibilità di comprendere meglio le parole del papa.

La domanda cruciale di Seewald a Ratzinger è questa: Una frase della sua prima omelia come pontefice è rimasta particolarmente impressa nella memoria: ‘Pregate per me, perché io non fugga, per paura, davanti ai lupi’. Aveva forse previsto quello che la aspettava?”.

Il papa risponde che non c’era l’allusione ai problemi del Vaticano (tipo Vatileaks), come molti hanno pensato.

“La vera minaccia per la Chiesa, e quindi per il servizio petrino” spiega Benedetto XVI “non viene da questo genere di episodi: viene invece dalla dittatura universale di ideologie apparentemente umanistiche, contraddire le quali comporta l’esclusione dal consenso di base della società. Cento anni fa chiunque avrebbe ritenuto assurdo parlare di matrimonio omosessuale. Oggi coloro che vi si oppongono sono socialmente scomunicati. Lo stesso vale per l’aborto e la produzione di esseri umani in laboratorio. La società moderna intende formulare un credo anticristiano: chi lo contesta viene punito con la scomunica sociale. Avere paura di questo potere spirituale dell’Anticristo è fin troppo naturale e occorre davvero che le preghiere di intere diocesi e della Chiesa mondiale vengano in soccorso per resistervi”. Continua

Ma esiste ancora un centrodestra unito? A parte le elezioni, nelle quali i tre partiti si presentano insieme, normalmente non c’è traccia di prese di posizione comuni o di “vertici” che diano la percezione dell’unità di intenti. Ognuno va avanti per suo conto. In ordine sparso e spesso conflittuale.

Del resto le stesse elezioni regionali, a causa delle candidature, sono ormai al centro di polemiche fra i tre partiti e fanno presagire spaccature. Per non dire degli incredibili smottamenti dentro Forza Italia dovuti ai cosiddetti “responsabili” che – a sentire le cronache – pare siano pronti ad arruolarsi per puntellare l’attuale governo devastante e fallimentare.

Questo eventuale, ennesimo affronto agli elettori farebbe tristemente riflettere su come vengono scelte le candidature. A questo proposito più che ridurre il numero dei parlamentari – secondo la balorda idea grillina – bisognerebbe alzare la qualità dei parlamentari stessi (da questo punto di vista tutti stanno messi male e il M5S peggio). Continua

Quando gli eretici ariani, nel IV secolo d.C. presero il controllo pressoché totale della Chiesa, solo la voce di sant’Atanasio si alzava a difesa della verità cattolica e Atanasio fu scomunicato ed esiliato più volte.

Dovette fuggire nel deserto, perché era braccato dall’imperatore ariano. Chi aveva il potere – come l’imperatore Costanzo – gettava fango su Atanasio, denunciando ai quattro venti “la vita di Atanasio, notoriamente malvagia, la sua infaticabile opposizione alla pace nella Chiesa, i suoi intrighi per far nascere la discordia” (Cit. in J. H. Newman, Gli ariani del IV secolo, Jaca Book, Milano 1981, pp. 244-245).
Atanasio DOPO aver salvato la fede cattolica è stato proclamato santo, padre e dottore della Chiesa. Ma PRIMA ha dovuto subire l’isolamento, l’infamia e la persecuzione. E soprattutto quell’accusa, per lui molto dolorosa, di DIVIDERE la Chiesa, di seminare discordia, di non riconoscere l’autorità.

Cionondimeno lui e – in altre circostanze storiche – i grandi santi e padri della Chiesa, non esitarono mai a schierarsi CONTRO L’ERESIA E CONTRO LA MENZOGNA e quando si leggono i loro infuocati scritti (contro gli ariani, contro Pelagio ec) bisogna sempre tener presente che il bersaglio erano altri (presunti) cattolici, spesso importanti ecclesiastici di successo e – nel caso degli ariani – si trattava di dottrine (eretiche) abbracciate pressoché dalla totalità della gerarchia cattolica. Era doloroso per loro dover combattere queste battaglie. Ma prima di tutto – per questi santi – veniva Cristo, non l’unità e la concordia. Prima di tutto la Verità.

La stessa accusa (di dividere) viene usata anche oggi da chi ha il potere e non tollera che venga ricordata la verità e l’autentica della legge di Dio. Secondo costoro bisognerebbe sacrificare la verità sull’altare dell’unità e dell’armonia. Ma ecco una pagina illuminante di Ratzinger:
“L’ho scritto: senz’altro il valore dell’unità è un valore fondamentale del Vangelo. Ma posto questo – e cioè che il Signore è venuto a riunire i dispersi figli di Dio – dice anche: ‘Non sono venuto per dare la pace, ma la spada’. La verità deve comportare questo coraggio di rivelare la menzogna, e di dar così luogo alla verità. Un dialogo nel quale si omette tutto quanto potrebbe eventualmente non essere condiviso dall’altro, non è più un dialogo, non comunica niente. C’è dialogo quando ci si muove verso la verità.”

Insomma, la VERA UNITA’ si può e si deve fondare solo sulla Verità che è Cristo stesso, altrimenti è connivenza, complicità, è roba da politicanti che tradisce la Verità e stabilisce la menzogna.

Per questo Don Giussani sottolinea che ciò che conta, nella vita di un cristiano, non è non sbagliare, ma non mentire. Bisogna sempre riconoscere la verità, anche se è doloroso, anche se questo ti chiede di esporti, anche se per questo ti troverai ad aver contro il mondo intero, anche se ti costerà il disprezzo e l’odio dei più, anche se dovrai pagare un prezzo molto salato:
“Innanzitutto devi essere carica di certezza, di libertà, di volontà di cammino, attraversando tutti gli ostacoli e i tuoi stessi errori-perché l’ostacolo principale sono i nostri errori. Quello che conta nella vita NON E’ NON SBAGLIARE , MA NON RIMANERE MENTITORI. La cosa grave non sono gli sbagli: la cosa grave è la menzogna e la menzogna è non riconoscere la verità. La verità è il destino per cui noi siamo stati fatti. Nel nostro cuore questo destino ha messo la firma, ha già detto che cosa è: amore, giustizia, verità, felicità” (Giussani, Realtá e Giovinezza, la sfida).

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Pochi conoscono, fra le apparizioni della Madonna a Roma, quella avvenuta il 12 aprile del 1947 (oggi è l’anniversario), alle Tre Fontane, sulla strada per l’Eur, proprio dove nel 67 dC fu martirizzato san Paolo.

Il protagonista è Bruno Cornacchiola, che a quel tempo aveva 34 anni. La storia di questo “ragazzo di vita” sembra uscire da un film neorealista ed è ambientata in quelle misere borgate romane, fatte di baracche, poi raccontate da Pasolini. La sua era stata fino a quel momento, a tutti gli effetti, “una vita violenta”. Continua

“Un Gesù che sia d’accordo con tutto e con tutti, un Gesù senza la sua santa ira, senza la durezza della verità e del vero amore, non è il vero Gesù come lo mostra la Scrittura, ma una sua miserabile caricatura.
Una concezione del ‘vangelo’ dove non esista più la serietà dell’ira di Dio, non ha niente a che fare con la vangelo biblico.
Un vero perdono è qualcosa del tutto diverso da un debole ‘lasciar correre’. Continua