“L’Italia e i governi non possono più essere una appendice della Nato, una segreteria distaccata del suo generale Jens Stoltenberg che per quello che mi riguarda sta dando prove di grande ottusità politica”.

Se qualche leader del centrodestra avesse pronunciato parole simili nelle settimane scorse, sarebbe stato immediatamente assalito dal Pd e dalla stampa e messo all’indice come “antioccidentale” e sospetto “putiniano”.

Per molto meno – cioè per aver espresso dubbi sull’efficacia delle sanzioni (gli stessi dubbi dell’Economist) – Matteo Salvini è stato messo al rogo mediatico come un pericoloso eretico.

Ma le parole sopra riportate sono state pronunciate nelle ultime ore, da uno dei più importanti governatori del Pd, Vincenzo De Luca, che addirittura è in corsa per la segreteria del Pd e dunque nessuno eccepisce. Nessuno scomunica.

Alla “Stampa” De Luca ha aggiunto che è in preparazione “per fine mese una grande manifestazione a Napoli” per “reintrodurre la parola pacenel dibattito politico”. Ha spiegato: “Se è una soluzione la via militare del conflitto, siamo alla pazzia”, occorre arrivare al “cessate il fuoco” e comunque “non ci si può trovare in un’economia di guerra senza che i cittadini siano informati”. Continua

Secondo una recente ricerca (Il Fatto quotidiano, 8/9) il PD va male nelle fasce popolari (ha meno del 10% del voto operaio) ed è invece il primo partito fra coloro che guadagnano più di 5 mila euro al mese (35%). Il Centrodestra è forte in tutte le fasce di reddito e il M5S è il primo partito fra chi prende meno di mille euro.

ROSSO ANTICO

Come si è prodotta una tale mutazione genetica del partito erede del Pci? Da partito della classe operaia a partito della ZTL. Sempre un partito di classe, ma a rovescio…

Nel 1974 Paolo Sylos Labini pubblicò un libro importante, “Saggio sulle classi sociali” (Laterza) da cui – fra l’altro – emergeva il forte radicamento popolare della Democrazia cristiana (non solo fra i contadini, ma anche fra gli operai), insieme al suo tradizionale radicamento nel ceto medio.

La forza politica della DC derivava proprio da questo interclassismo che le permetteva di fare sintesi fra i diversi interessi e guidare la crescita economica e sociale (straordinaria in quegli anni) dell’Italia. Continua

Enrico Letta – forse per la disperazione causata dai sondaggi – ha fatto una scelta controproducente: soffiare sul fuoco della contrapposizione e avvelenare il clima della campagna elettorale, trasformandola in una sorta di tribunale apocalittico del Bene e del Male, come se fosse una guerra civile.

Lo si è visto con il manifesto manicheo dove contrappone una metà nera (la destra cattiva) e una metà rossa (il Pd buono), intimando di scegliere tra Putin e l’Europa.

Questa contrapposizione metafisica (sommersa dalle battute e dai memedella rete) ha esposto Letta anche all’ironia di Marco Travaglio che gli ha chiesto: “ma se la destra ti fa così schifo perché continui a rimpiangere il governo” con Lega e Forza Italia? Continua

Un grande filosofo cattolico, Augusto Del Noce, aveva intuito, già attorno al 1980, che il Pci, con il collasso dei sistemi comunisti e il crollo delle ideologie storiche si sarebbe trasformato – al seguito della tecnocrazia capitalista – in un “partito radicale di massa” e avrebbe sostituito le battaglie sui diritti sociali dei lavoratori con quelle sui cosiddetti “diritti civili” relativi ai temi bio-etici (qualcosa di analogo aveva intuito e paventato anche Pier Paolo Pasolini).

In effetti il programma del Pd illustrato sabato da Enrico Letta sembra realizzare totalmente quella “profezia”. Infatti il segretario dem ha clamorosamente sostituito la fantomatica Agenda Draghi con l’Agenda Bonino: Ddl Zan, matrimonio egualitario, legge sul fine vita, “pieno riconoscimento dei diritti sessuali e riproduttivi delle donne” (che significa aborto) e legalizzazione dell’autoproduzione della cannabis “per uso personale”. È il trionfo di Emma Bonino.

Ovviamente è una scelta del tutto legittima, anche se ci si chiede perché il Pd – che ha governato pressoché sempre – non abbia fatto negli anni passati queste leggi che promette di fare in futuro.

Ma – per chi analizza le proposte politiche – colpisce il fatto che il Pd, con la nuova Agenda Bonino, si ponga in contrapposizione “radicale” con il mondo cattolico e la Chiesa (a tutte quelle proposte si dovrebbero aggiungere pure la posizione bellicista del Pd sulla guerra in Ucraina e il sì all’aumento delle spese militari, un’idea che il Papa ha bocciato con estrema durezza, come ha fatto, peraltro, con temi etici come l’aborto). Continua

“Direi che l’intesa è durata meno di un gatto in tangenziale…”, ha commentato ieri Paolo Roversi alla notizia dello “strappo” di Calenda col Pd (meno di un patto in tangenziale, ha corretto qualcuno).

Enrico Letta ha stancamente ribattuto: “Calenda vuole allearsi solo con Calenda”. Ma questo si sapeva anche prima: Calenda ha un tale Ego che gli sta stretta qualunque coalizione. Probabilmente sentirebbe angusta pure la presidenza dell’Onu. Continua

È passato inosservato un curioso ritorno del tema del comunismo su “Repubblica”. Eppure nell’entusiastico articolo di Francesco Merlo sul patto fra Pd e Calenda (Repubblica 3/8) c’era un passaggio clamoroso:

“Questa neonata grande coalizione è un altro passo, forse quello definitivo, della Bad Godesberg di Enrico Letta, della scelta definitivamente occidentale ed europea che la sinistra italiana insegue da cinquant’anni, dai tempi del ‘Neurocomunismo’ (1976) di Berlinguer, Marchais e Carrillo: 50 anni di mal di testa”.

Dice proprio “Neurocomunismo”. Non è un lapsus perché Merlo lo aveva già scritto il 13 marzo, a proposito della manifestazione di Firenze per l’Ucraina: Continua

Gli italiani arrancano fra mille problemi (presenti e futuri) e tutto vogliono fuorché una politica che diventa guerra civile. Eppure ad ogni scadenza elettorale devono subire questa tempesta di fango.

Si sperava che il governo Draghi, nato con una maggioranza di unità nazionale, ottenesse finalmente una normalizzazione e un clima di legittimazione reciproca fra le parti. Ce n’era un gran bisogno.

Suggeriva questo anche l’appello del presidente Mattarella del 2 febbraio 2021 per il governo di tutti. Lega e Forza Italia risposero sì pur sapendo che coalizzarsi con Pd e M5S li avrebbe penalizzati nei consensi(come in effetti è accaduto). Così hanno governato insieme per un anno e mezzo.

Ma appena – il 14 luglio scorso – il M5S ha deciso di non partecipare al voto di fiducia e Draghi si è dimesso (nonostante avesse ricevuto ancora la fiducia dal Parlamento), nel giro di poche ore, il Pd e il “partito mediatico” hanno riallestito il solito circo della demonizzazione, dell’allarme democratico e del pericolo apocalittico rappresentato “dalla Destra”. Continua

L’ETA’ DELL’ORO DI DRAGHI? NON PER GLI ITALIANI
Da una settimana i giornali mainstream (e i relativi strilloni) ci rappresentano l’epoca Draghi come un’età dell’oro che è stata sciaguratamente interrotta. In effetti Draghi ci consegna un vero e proprio paradiso terrestre.
Non fosse per qualche piccolo dettaglio, come il debito pubblico aumentato (più 150 miliardi forse 180) pur con maggiori introiti fiscali (13 miliardi in più), i poveri arrivati a quasi 6 milioni, l’assurda gestione della pandemia, il Pnrr nato vecchio e già spiaggiato, l’inflazione record, l’immigrazione incontrollata, la criminalità nelle grandi città, la siccità su cui nulla si è fatto (con l’agricoltura in ginocchio), la pessima gestione della crisi ucraina dove Draghi (contro la tradizione italiana e la posizione di Francia e Germania) si è schierato per l’ultra bellicismo trasformando l’Italia in un bersaglio per la Russia e infilandoci in una drammatica crisi del gas che (oltre ai costi proibitivi) in autunno potrebbe portarci al razionamento con possibile ulteriore crollo del pil.
Insomma a parte questi piccoli dettagli tutto benone e fortuna che c’era in maggioranza anche parte del cdx che ha bloccato alcune pessime idee di Pd e M5S, limitando molto i danni.
Poteva andar pure peggio. Bilancio finale dell’epoca Draghi: gli italiani stanno male, ma per i fabbricanti di armi pare che si annuncino tempi d’oro.
FATTA QUESTA CONSIDERAZIONE ECCO IL PEZZO CHE HO FATTO OGGI PER LIBERO
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È stato Henry Kissinger a esprimere un pensiero che oggi – potremmo dire – unisce quanti si oppongono alla deriva ideologica nichilista in America e in Europa.

Dovrebbe essere meditato da tutti, ma temo che non  otterrebbe applausi da Sinistra. Mentre potrebbe quasi venire adottato dai tre partiti del centrodestra come loro carta d’identità ideale

Dunque Kissinger ha scritto: “Un popolo non deve mai perdere la fede in se stesso; coloro che sguazzano felici nelle imperfezioni della loro società o le trasformano in una scusa per abbandonarsi a un’orgia nichilistica finiscono in genere col corrodere tutti i vincoli sociali e morali; e a lunga scadenza, con il loro attacco spietato a tutte le credenze, non fanno altro che moltiplicare le sofferenze”.

È un pensiero che vale anche oggi. Pure per noi, nell’Italia che si prepara alle elezioni politiche. Non vediamo forse da anni diffondersi un’ideologia nichilista che corrode “tutti i vincoli sociali e morali” e attacca duramente “tutte le credenze” e i valori del nostro popolo su cui l’Italia ha basato la sua ricostruzione, il suo miracolo economico e il superamento di tutte le crisi?
Continua

Il caos in cui Governo e Parlamento si sono ritrovati nelle ultime ore obiettivamente deriva dagli errori di Mario Draghi che è andato incontro a una disfatta: si può essere abili banchieri, ma non si è automaticamente degli statisti. Le sue sgrammaticature politiche sono state palesi e clamorose.

Anzitutto le dimissioni di giovedì scorso. Il Parlamento gli aveva dato la fiducia (ampia), ma il premier è andato a dimettersi per “il venir meno della maggioranza di unità nazionale”. Cosa era accaduto? Il M5S non aveva partecipato al voto sulla fiducia. La maggioranza c’era lo stesso, ma Draghi ha affermato che lui non intendeva guidare il governo se non c’era, a sostenerlo, la stessa coalizione con cui è nato.

Le sue dimissioni – dopo la fiducia del Parlamento – sono state per molti (anche all’estero) un gesto incomprensibile, oltretutto in un momento che tutti dicono delicato e drammatico per il Paese e per il mondo.

Che poi il premier abbia accettato di presentarsi alle Camere ha fatto pensare a una possibile marcia indietro, secondo il solito costume italico. In ogni caso ha dimostrato che le dimissioni erano state una decisione avventata. Continua

Il 25 maggio alla Camera dei Deputati è stato celebrato il centenario della nascita di Enrico Berlinguer. Un giusto omaggio a un uomo da tutti stimato.

Ma il segretario del Pd Enrico Letta, intervenendo, ha rivendicato anche l’eredità storico-politica del Pci: come Segretario del Partito Democratico, sento questo dovere come un momento di confronto con l’eredità politica di quel Partito Comunista Italiano che Berlinguer e la sua generazione – mi faccia qui ricordare l’ex Presidente della Repubblica Napolitano (…) – quella generazione costruì appunto quella storia politica che ha lasciato un segno così forte e indelebile nella storia del nostro Paese che noi consideriamo, noi, la nostra comunità dei democratici e delle democratiche, una parte fondamentale dell’eredità che vogliamo portare avanti. Il nostro partito oggi vuole seminare in tempi nuovi quei valori che sono stati il meglio della prima repubblica, perché noi non rinneghiamo la storia del nostro Paese… una grande storia politica in cui la figura di Enrico Berlinguer è una delle migliori espressioni e uno dei migliori esempi”.

Oggi il Pd è ultra atlantista, i suoi esponenti si ergono a giudicidell’atlantismo altrui e “processano” il passato dei partiti del Centrodestra. Ma quando mai i comunisti italiani confluiti nel Pd hanno fatto processi al proprio passato? Il Pd non ha mai preso le distanze dall’“eredità politica” del Pci. L’ha rivendicata. Continua