È giusto – a scuola – portare il telefono cellulare in classe? Al Liceo Malpighi di Bologna è stato deciso che studenti e insegnanti, entrando nell’edificio scolastico, lascino il telefonino in un cassetto per riprenderlo all’uscita.

La cosa ha scatenato un dibattito sui giornali, ma è una circolare ministeriale del 2007 che proibisce di usare il cellulare in classe. Inoltre tutte le scuole hanno regolamenti con questa norma. Solo che rimane sulla carta.  Al Malpighi invece, dopo lunga riflessione, hanno deciso di far rispettare quella regola.

Il bello è che il Malpighi di Bologna non è un vecchio istituto refrattario alle innovazioni, ma l’esatto contrario: è noto – e non solo a Bologna – come una scuola d’avanguardia, che offre una preparazione molto avanzata. In sostanza un liceo del futuro, tanto che da anni usa la tecnologia per la didattica (questo è previsto e approvato anche dal Ministero), ma la usa con i ragazzi per potenziare le loro possibilità di apprendimento, non per minarle. Così – dopo mesi di confronto con esperti – è stata presa la decisione sui telefonini. Continua

Hanno fatto un deserto e lo hanno chiamato Modernità e Libertà. Ma è spesso un deserto inospitale dove soffia un vento di infelicità e di morte.

Lo attestano anche le drammatiche statistiche sui suicididell’Osservatorio suicidi della Fondazione Brf (Istituto per la ricerca in Psichiatria e Neuroscienze).

Da gennaio ad agosto di quest’anno ci sono stati 351 suicidi e 391 tentativi: un suicidio ogni 16 ore e un tentativo di suicidio ogni 14. Particolarmente grave l’aumento dei casi fra i giovani (in modo speciale nel biennio della pandemia).

Queste tragedie sono la punta dell’iceberg di una condizione di disagio, di solitudine, di ansia o depressione che fra i giovani è molto ampia e sta crescendo. Naturalmente ognuno è una storia a sé, ognuno ha i suoi problemi e ognuno è un mistero unico. Ma tutti insieme delineano un dramma sociale – o spirituale – che riguarda il nostro tempo. Continua

Il caso fu sollevato da un docente di un istituto professionale che a lezione non voleva il crocifisso sul muro dell’aula. Gli studenti decisero invece a maggioranza di tenerlo.

Ieri la Corte di Cassazione ha dato il suo responso: il Crocifisso in aula “non costituisce un atto di discriminazione del docente dissenziente per causa di religione” in quanto “ad esso si legano, in un Paese come l’Italia, l’esperienza vissuta di una comunità e la tradizione culturale di un popolo”.

Il Centro Livatino rileva l’importanza del pronunciamento: significa che “non esiste un divieto di affissione costituzionalmente fondato”. Tuttavia c’è un “ma”. Continua

Ma oggi riapriranno le scuole o i manicomi? In teoria le scuole, ma – Ionesco e Beckett: “scansateve” – dal suono della campanella rischieranno di diventare tanti surreali manicomi o migliaia di teatri dell’assurdo per tutte le norme di “sanificazione” e distanziamento da applicare.

Poi forse (chissà) i nostri ardimentosi insegnanti, i presidi e i nostri studenti ce la faranno ogni giorno dell’anno scolastico (meritando così una medaglia d’oro al valore), ma a detrimento delle lezioni e dei contenuti che la scuola dovrebbe trasmettere.

Prescindo dalla misurazione della febbre (a casa) e da tutte le norme per ingressi e uscite che già, con migliaia di ragazzi che si affollano, sarà un macello (percorsi, turni, sanificazione, distanza eccetera). Cosa accade una volta in classe? Continua

C’è un testo – di autore ignoto – che sta facendo il giro del web e delle scuole, specialmente fra insegnanti e genitori. E’ stato letto in alcuni seguiti programmi radio e tv e da allora è diventato virale. Pare sia stato scritto da un (non meglio identificato) “preside di Singapore”.

Al di là della strana (e forse dubbia) paternità della lettera, va detto che punta a far vibrare le corde sentimentali tipiche del nostro tempo che vive di emozioni e che disdegna la razionalità. Continua