MA ORA NON DATE DEL “TRUMPIANO” A DON MILANI
“Come fortemente voluto dal neopresidente Trump, la Bibbia arriva sui banchi di scuola. Il via sarà a brevissimo in Texas. Il board delle scuole dello stato del Texas ha varato in via preliminare un nuovo curriculum scolastico per i bambini dalla materna fino alla fine delle elementari in cui riferimenti biblici sono inclusi nel programma delle lezioni”.
Così scrive la Stampa (20/11). A dire il vero si tratta di un programma facoltativo. Il New York Times ha fatto qualche esempio: in una lezione per la scuola materna si parla di Gesù illustrando il Discorso della Montagna e in una per la quinta elementare si spiega L’Ultima cena di Leonardo rifacendosi al racconto evangelico.
Chi sostiene questo programma, riassume il NYT, afferma che “la Bibbia è una parte fondamentale della storia americana” e permetterà agli studenti “di comprendere meglio la connessione tra storia, arte, comunità, letteratura e religione”, ma anche la Costituzione degli Stati Uniti o il movimento per i diritti civili e personaggi con il Rev. Martin Luther King.
Tuttavia il NYT riporta anche molti voci contrarie: alcuni ricordano e ribadiscono la totale separazione fra Stato e religione, altri genitori che si definiscono “cristiani devoti” dicono che spetta a loro e non allo Stato insegnare la religione ai figli. Credenti di altre fedi ritengono che non è equilibrato dare tutto questo spazio al cristianesimo e un “cristiano e democratico, nonché studente di un seminario presbiteriano” sostiene che “stanno usando il Texas come banco di prova per queste idee estreme”.
Resta il fatto che senza la Bibbia si comprende poco della cultura occidentale. Certo, è un’opera complessa e comprende libri estremamente diversi tra loro a cui bisognerebbe accostarsi con prudenza e competenza.
Tuttavia non c’è bisogno di essere cristiani praticanti per chiedersi – anche da noi – se il sistema scolastico (specialmente alle superiori) può ignorarla. La scuola italiana ha mai riflettuto su questo? Probabilmente l’esistenza dell’ora di religione (peraltro facoltativa) fa ritenere a qualcuno che il problema non si ponga. Ma ne siamo sicuri?
È interessante ricordare il parere di don Lorenzo Milani, che certo di scuola capiva molto e che è da sempre evocato negli ambienti di Sinistra come uno dei suoi ispiratori. Precisamente nel libro Lettera a una professoressa – che da sempre è considerato un testo che ha anticipato la contestazione studentesca del ’68 – si legge:
“Tre anni su tre brutte traduzioni di poemi antichi (Iliade, Odissea, Eneide). Tre anni su Dante. Neanche un minuto sul Vangelo. Non dite che il Vangelo tocca ai preti. Anche levando il problema religioso, restava il libro da studiare in ogni scuola e in ogni classe. A letteratura il capitolo più lungo toccava al libro che più ha lasciato il segno, quello che ha varcato le frontiere. A geografia il capitolo più particolareggiato doveva essere la Palestina. A storia i fatti che hanno preceduto accompagnato e seguito la vita del Signore. In più occorreva una materia apposta: scorsa sull’Antico Testamento, lettura del Vangelo su una sinossi, critica del testo, questioni linguistiche e archeologiche”.
Don Milani, rivolto a tutti, chiede: “Come mai non ci avete pensato?”. La sua tesi è questa: “forse chi v’ha costruito la scuola Gesù l’aveva un po’ in sospetto”. La sua conclusione è drastica: “Da gente che dimentica il Vangelo c’è da aspettarsi qualunque cosa. Vien fatto di dubitare di tutto quello che insegnate”.
Antonio Socci
Da “Libero”, 23 novembre 2024