Oggi – Domenica in Albis – per la Chiesa è la festa della Divina Misericordia, istituita nel 2000 da Giovanni Paolo II e papa Francesco la celebra per la prima volta con una Messa pubblica nella Basilica di San Pietro.  Anche negli ultimi due anni lo ha fatto, ma a causa del Covid, in forma privata nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia.

La misericordia è il tema che ama: fondamento del suo pontificato. Nel 2016 il Pontefice ha indetto addirittura un Giubileo dedicato alla misericordia. Ma, a spiegare questa solenne celebrazione, c’è anche il momento storicoche viviamo col divampare di una guerra che rischia di diventare un conflitto mondiale che porta alla distruzione totale dell’umanità.

La messa del Papa in San Pietro per invocare la Divina Misericordia è un altro momento – come la Consacrazione della Russia e dell’Ucraina – con cui il Vicario di Cristo sta innalzando una barriera di preghiere (il katéchon di San Paolo) per fermare il dilagare nel mondo dell’odio fratricida e della guerra. È una “diplomazia soprannaturale” a cui il Papa ricorre, deluso da quella mondana. Continua

Papa Francesco esce fuori da tutti gli schemi ideologici e oggi – dopo nove anni del suo pontificato – continua a sorprendere e diventa sempre più evidente che gli occhiali manichei con cui lo si è guardato (progressismo/conservatorismo o modernismo/tradizionalismo) sono da buttare.

Il “pensiero binario” impone la logica dello schieramento, ma non fa capire la complessità della realtà. È “un Pontefice non facile da decifrare”, dice giustamente Massimo Borghesi. Lo dimostrano i giornali, che fino a ieri lo hanno osannato, infastiditi oggi per le sue posizioni sulla guerra. Le opposte tifoserie sono confuse.

PAPA INCOMPRESO

“Forse né gli uni, né gli altri, hanno mai compreso veramente il pontificato del primo papa non europeo. E oggi” scrive Americo Mascarucci nel libro “Papa Francesco in controluce” (Giubilei-Regnani)dobbiamo onestamente riconoscere di aver dato troppo per scontato papa Francesco, osservandolo con le lenti della faziosità e del pregiudizio, e spesso confondendo il suo messaggio, caricandolo di propaganda e ideologia. Al punto che chi lo ha sempre osannato si ritrova in parte deluso (come accade all’episcopato modernista tedesco, per esempio, che si attendeva aperture rivoluzionarie) e chi invece lo ha combattuto in buona fede, è costretto ad ammettere di non averlo capito”. Continua

“L’impressione è che l’intera umanità si stia recando a una sorta di appuntamento planetario con la propria violenza”. Lo scriveva, qualche anno fa, René Girard, uno dei grandi pensatori del nostro tempo.

Siamo arrivati a quell’appuntamento? Sebbene preoccupati dalla guerra in Ucraina, fatichiamo a comprendere la reale gravità della situazione. Eppure questa Pasqua dell’anno 2022 potrebbe davvero essere l’ultima. L’ultima della civiltà umana. Non è un’esagerazione.

L’escalation è evidente. Non c’è solo il probabile ulteriore allargamento della Nato a Finlandia e Svezia. Ormai l’impegno americano nella guerra è massiccio e dopo l’approvazione da parte di Biden dell’invio di nuove micidiali armi all’Ucraina per altri 800 milioni di dollari (3 miliardi dall’inizio della guerra), con la nota diplomatica del 12 aprile la Russia ha ufficializzato l’avvertimento finale: “Chiediamo agli Stati Uniti e ai suoi alleati di fermare l’irresponsabile militarizzazione dell’Ucraina, che comporta conseguenze imprevedibili per la sicurezza regionale e internazionale”. Continua

Vincere. È la maledetta legge della guerra. Ma ieri il Papa ha posto a tutti una domanda: che vittoria sarà quella che pianterà una bandiera su un cumulo di macerie?”

Chi potrà cantare vittoria con migliaia di morti e devastazioni immani? Di sicuro non cantano vittoria i popoli, la carne da macello sulla cui pelle i potenti decidono le loro strategie di potere. L’unica guerra che i popoli vincono è quella che si scongiura o si ferma.

Il Papa è addolorato da questa follia che rischia di trascinare il mondo intero in una catastrofe. Il suo grido – “fermatevi!” – si leva di continuo: è la voce stessa di Dio davanti al quale tutti dovranno comparire in giudizio.

Ieri il Pontefice all’Angelus ha sottolineato che l’unica vittoria che vale la pena cercare è quella che celebriamo nei prossimi giorni, la Pasqua cioè “la vittoria del Signore Gesù Cristo sul peccato e sulla morte. Sul peccato e sulla morte, non su qualcuno e contro qualcun altro. Ma oggi” ha ripreso il papa “c’è la guerra. Perché si vuole vincere così, alla maniera del mondo? Così si perde soltanto. Perché non lasciare che vinca Lui?Cristo ha portato la croce per liberarci dal dominio del male. È morto perché regnino la vita, l’amore, la pace”. Continua

Ave Maria. È la preghiera più popolare, insieme al Padre Nostro. È recitata ogni giorno da milioni di cristiani ai quattro angoli della terra ed è, specialmente nella forma del Rosario, la preghiera che papa Francesco ha più raccomandato in questi anni: in particolare per chiedere la pace durante la guerra in Siria, poi per la cessazione della pandemia, infine in questi giorni – specialmente con la Consacrazione di Russia e Ucraina, il 25 marzo scorso – per implorare la fine della guerra fra questi due paesi.

Il nome di questa preghiera, com’è noto, riprende le prime parole che l’angelo disse alla Vergine di Nazareth il giorno dell’Annunciazione.

Il Papa, in un piccolo libro intitolato proprio “Ave Maria” (Rizzoli), si sofferma a meditarle: “Il saluto a una donna. Dio saluta una donna, la saluta con una verità grande: ‘Io ti ho fatto piena del mio amore, piena di me, e così come sarai piena di me sarai piena del mio Figlio e poi di tutti i figli della Chiesa’. Ma la grazia non finisce lì: la bellezza della Madonna è una bellezza che dà frutto, una bellezza madre”. Continua

Il Papa, a Malta, torna sul conflitto in Ucraina e sottolinea che, pur essendo scoppiato il 24 febbraio, “è stato alimentato negli anni. Sì la guerra si è preparata da tempo con grandi investimenti e commerci di armi”.

Per questo Francesco oggi esorta a non preparare altre guerre e chiede che “gli ingenti fondi che continuano a essere destinati agli armamenti siano convertiti allo sviluppo, alla salute e alla nutrizione”.

Non di armi, ma “di compassione e cura abbiamo bisogno, non di visioni ideologiche e di populismi che si nutrono di parole di odio e non hanno a cuore la vita concreta del popolo, della gente comune”.

Il timore del Pontefice, in queste settimane, è il protrarsi e l’allargamento della guerra Russia/Ucraina, che può diventare un conflitto mondiale e può portare pure all’uso di armi atomiche (come è stato prospettato dai leader russi e americani).

Perciò il 25 marzo il Papa ha voluto fare la solenne Consacrazione della Russia e dell’Ucraina al Cuore Immacolato di Maria con questa implorazione: Liberaci dalla guerra, preserva il mondo dalla minaccia nucleare”. Continua

Non ho capito il senso dell’articolo di Julian Carron sul Corriere di oggi. Considero Julian un amico e per la stima che ho verso di lui devo dirgli che così non aiuta il cammino.
Capisco umanamente che si senta “dimissionato” dalla Santa Sede, ma dovrebbe forse sforzarsi di capire le correzioni della Chiesa (che sono sempre per il bene) e poi dare, con rinnovato slancio, il suo contributo, certamente prezioso, al cammino di CL e alla vita della Chiesa.
Invece il suo mi pare – da senza ruolo – la ricerca di un rifugio all’ombra del Potere: scrivere sulle colonne del “Guerriero della sera” scimmiottando, in versione clericale, il fanatismo bellicista della stampa mainstream mi fa malinconia.
Un ecclesiastico che di fatto va contro la Chiesa. Perché cerca di “coprirsi” con citazioni del Papa decontestualizzate o ovvie (come la condanna dell’invasione) ed evita la sua sacrosanta indignazione contro la guerra in sé, ogni guerra. Così come – sempre Carron – evita di far sua la giustissima denuncia che il Papa fa della mentalità bellicista degli uni e degli altri (il suo lucido giudizio contro la corsa al riarmo).
Sostenere – come fa Carron – che “la strenua resistenza degli ucraini che tanto ci stupisce” corrisponde all'”impeto del cuore” è terribilmente falso e assurdo: il cuore umano non desidera uccidere e morire, ma vivere ed essere felice. La guerra è sempre una profonda ingiustizia, del tutto innaturale rispetto al cuore umano, come ripete continuamente il Papa.

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Ci sono molte drammatiche analogie fra i giorni che stiamo vivendo e quelli che precedettero la Prima guerra mondiale, da cui scaturirono i totalitarismi del Novecento e la Seconda guerra mondiale, con i fantasmi che ancora oggi agitano il mondo.

Anche cento anni fa si poteva intuire quale abisso stava per spalancarsi. Il 29 luglio 1914, Winston Churchill scriveva a sua moglie: “Ogni cosa tende alla catastrofe e al collasso (come se) un’ondata di follia avesse colpito la mente del mondo cristiano”.

E il ministro degli esteri inglese, Edward Grey, il 3 agosto 1914, mentre si stava decidendo l’entrata in guerra, affermò: “Le luci si stanno spegnendo in tutta l’Europa. Dubito che le vedremo accendersi di nuovo nel corso della nostra vita”.

Fu una carneficina. Il papa Benedetto XV continuò a implorare la fine dell’“inutile strage”. Ma nessuno lo ascoltò. Come oggi i potenti non ascoltano l’identico grido di papa Francesco, anche se rischiamo una terza guerra mondiale e l’apocalisse nucleare. Continua

Il nono anniversario della sua elezione – ieri – è stato per papa Francesco il più triste. Addirittura angoscioso. Perché dopo aver lanciato l’allarme per anni sulla terza guerra mondiale che si stava combattendo “a capitoli”, ora si ritrova un mondo che rischia di precipitare definitivamente in una guerra planetaria. Che sarebbe l’ultima…

E incredibilmente – dopo che nessuno ha ascoltato i suoi allarmi, compresi quelli contro la corsa agli armamenti degli Stati – c’è chi afferma, come il quotidiano Le Monde, che la sua condanna della guerra in Ucraina non è come a Parigi si vorrebbe.

Eppure è impossibile equivocare i suoi interventi. Nessuno in queste settimane ha pronunciato parole così forti di condanna del conflitto, dell’odio, e di pietà e solidarietà per le vittime.

Ieri all’Angelus ancora più accorato ha detto:

Fratelli e sorelle, abbiamo appena pregato la Vergine Maria. Questa settimana la città che ne porta il nome, Mariupol, è diventata una città martire della guerra straziante che sta devastando l’Ucraina. Davanti alla barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inerminon ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri. Col dolore nel cuore unisco la mia voce a quella della gente comune, che implora la fine della guerra. In nome di Dio, si ascolti il grido di chi soffre e si ponga fine ai bombardamenti e agli attacchi! Si punti veramente e decisamente sul negoziato, e i corridoi umanitari siano effettivi e sicuri. In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro!”

Poi ha esortato di nuovo “all’accoglienza dei tanti rifugiati, nei quali è presente Cristo”, ha ringraziato “per la grande rete di solidarietà che si è formata” e ha chiesto a tutta la Chiesa di intensificare “i momenti di preghiera per la pace” perché “Dio è solo Dio della pace, non è Dio della guerra, e chi appoggia la violenza ne profana il nome. Ora preghiamo in silenzio per chi soffre e perché Dio converta i cuori a una ferma volontà di pace”. Continua

Siamo sicuri di aver bisogno di un Nemico da odiare? È una pulsione profonda del nostro animo che è smarrito e ferito dal male. Non a caso la parola “diavolo” viene dal greco “dia-bàllein” che significa separare, contrapporre.

Infatti il diavolo vede tutti come nemici, mentre Cristo non considera nessuno come nemico, neanche chi lo sta uccidendo (ma questa “follia” è una cosa dell’altro mondo e ci tornerò dopo). Nell’incertezza della nostra solitudine (“chi sono io?”), il Nemico diventa la scorciatoia per darsi un surrogato di identità e uno scopo di vita.

Umberto Eco in “Costruire il nemico” scrive: “Pare che del nemico non si possa fare a meno. La figura del nemico non può essere abolita dai processi di civilizzazione. Il bisogno è connaturato anche all’uomo mite e amico della pace”. Continua