Da dove viene il fascino del Natale? Perché coinvolge tutti, anche i non credenti? Perché ogni anno – tanto più oggi, dopo la pandemia – tutti ci concediamo un sorriso, in qualche modo in nome del bambino di Betlemme, se non altro mettendo luci o addobbi o facendo l’albero o il presepe o un gesto di solidarietà o scambiandoci doni e auguri? Perché questa sorta di tregua? Perché il Natale produce questa atmosfera? Continua

Ieri si è tornati a parlare di rinuncia del Papa. Cosa è successo? Due giornalisti del quotidiano spagnolo ABC hanno chiesto a Francesco “cosa succede se un pontefice resta improvvisamente impedito da problemi di salute o da un incidente”. E lui ha risposto tranquillamente: Io ho già firmato la mia rinuncia. Era quando Tarcisio Bertone era segretario di Stato”. Continua

Il “fattore tempo” in politica è determinante. Non solo per scegliere il momento giusto di un’iniziativa o una dichiarazione. Si tratta anzitutto di saper guardare il presente in prospettiva storica, saper valutare gli sviluppi possibili, calibrare l’azione in base agli scenari futuri per influenzarli.

Questa premessa serve a capire uno dei principali messaggi che Giorgia Meloni sta lanciando dal suo insediamento: la premier ripete che questo governo ha davanti a sé cinque anni di lavoro, cioè tutta l’attuale legislatura. Continua

“La democrazia” scriveva Arnold Toynbee “è una pagina strappata dal Vangelo”. Infatti lì sono state proclamate la libertà personale e la sacralità (non del Potere, ma) di ogni essere umano. Il limite invalicabile all’arbitrio del Potere.

Oggi l’importanza del cristianesimo nella formazione della civiltà occidentale è contestata. Anzi, è un’eredità rifiutata. Così i cristiani spesso reagiscono più con battaglie di civiltà (pur comprensibili e giuste), a difesa di un’eredità, che concentrandosi sull’essenziale. Ma cos’è l’essenziale? Continua

È tornato il Muro ad Est, fra UE e Russia, a causa della guerra in Ucraina. Cambiano molte cose in Europa che, fino a ieri, ha ruotato attorno al sistema economico tedesco basato su energia e materie prime a basso costo fornite dalla Russia.

Ora ritrova importanza (anche per l’energia) l’area del Mediterraneo in cui l’Italia si trova in primo piano. C’è però un problema. Da anni l’Italia e l’UE non hanno una politica mediterranea. Hanno solo subìto la pressione migratoria del continente africano e del Medio Oriente senza saperla governare.

Sabato invece alla conferenza internazionale sul Mediterraneo (Med Dialogues 2022), Giorgia Meloni ha fatto un intervento di ampio respiro strategico: l’Italia ha la grande ambizione di essere protagonista di una stabilizzazione dell’area mediterranea che permetta di governare finalmente – come UE – l’immigrazione e la sicurezza energetica. Continua

Un tempo la Sinistra riconosceva di soffrire della “sindrome di Tafazzi” (dal nome del comico dedito a una pratica masochista). Oggi è passata al suicidio (politico) assistito: fa harakiri davanti a milioni di italiani.

Sebbene i media evitino di infierire, come invece farebbero con il centrodestra, la situazione è grave (ma non seria). Dopo l’autoaffondamento elettorale del 25 settembre, è arrivata la replica con le manifestazioni “per la pace” del 5 novembre.

Pure un intellettuale d’area come Michele Serra ha riconosciuto il caso tragicomico: “A giudicare dalla piccola sparatoria verbale fra Conte e Calenda, lo scopo recondito della grande manifestazione pacifistaromana e di quella più piccola di Milano era farsi la guerra fra loro”. Continua

Caro Antonio Socci,

ho letto  il suo articolo ( QUI ) sul tema della pace e il richiamo che fa al messaggio di Papa Francesco, purtroppo ad oggi ancora inascoltato da chi ha o potrebbe avere in mano le sorti della pace in Ucraina. Non mi trova d’accordo però quando cita un mondo associativo cattolico che, a sua detta, sarebbe stato in questi mesi silente e sembrerebbe svegliarsi solo ora, in particolare con la grande manifestazione di pace in programma per sabato prossimo, 5 novembre, a Roma.

Le Acli hanno fatto sentire la propria voce fin da subito, con una netta condanna dell’aggressione da parte della Russia e con una richiesta, anche al precedente Governo, di avviare subito una via diplomatica per raggiungere la pace.

A partire dal 5 marzo 2022, con la prima grande manifestazione per chiedere lo stop alla guerra, all’interno della Rete pace e Disarmo che riunisce il mondo associativo di stampo cattolico e non, siamo sempre stati in prima linea per chiedere con forza la pace e l’avvio di tutti i canali diplomatici possibili, quando invece l’unica soluzione paventata, anche sui media, sembrava solo quella di inviare armi.

Per manifestare la nostra vicinanza al popolo ucraino e, allo stesso tempo, cercare di aiutare concretamente una popolazione che ha subìto un attacco ingiusto e ingiustificato,  dopo un viaggio a Leopoli, abbiamo inviato prima 25.000 farmaci salvavita ad un ospedale  e, proprio qualche settimana fa, tre ambulanze, di cui una già equipaggiata per le urgenze pediatriche.

Nel frattempo non si sono mai fermate le manifestazioni che in estate e anche nel mese di ottobre, sono state soprattutto a carattere locale, con i circoli e le sedi provinciali Acli impegnate su tutto il territorio nazionale.

La manifestazione del 5 novembre  non è contro o a favore del Governo o in appoggio o meno a qualche partito, ma è una manifestazione di tutte le donne e gli uomini di buona volontà che vogliono dire stop alla guerra e l’unico rumore che vogliono far sentire è il grido della pace

Emiliano Manfredonia

(Presidente nazionale Acli)

 

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Caro Manfredonia,

io non mi riferivo alle (sacrosante) iniziative di solidarietà con il popolo ucraino, in cui le Acli si sono lodevolmente distinte. Né parlavo dell’ovvia condanna dell’invasione russa.

Lei sa che su questo concordano tutti. C’è anche l’entusiastico plauso di coloro che (a cominciare da Stoltenberg) hanno puntato su armi e sanzioni, alimentando con le loro dichiarazioni incendiarie la logica bellicista. Non mi riferivo neanche a qualche manifestazione locale “per la pace” che le Acli hanno organizzato.

Nel mio articolo invece mi domandavo se i cattolici “hanno mai manifestato contro il governo Draghi sulla guerra”.

Il punto è questo perché obiettivamente – incurante della richiesta delle Acli – Draghi non ha lavorato per la trattativa, ma, anzi, è stato determinante nel portare la UE sulla linea più oltranzista della Nato, di fatto alimentando il conflitto e la logica della guerra. Continua

Giorgia Meloni prepara i suoi primi viaggi. Si parla di Washington, forse Kyiv e poi il G20. Ma la data che dovrà tenere d’occhio è anzitutto quella delle elezioni di metà mandato negli Stati Uniti, l’8 novembre.

Infatti è probabile che dopo quel voto cambi l’atteggiamento degli Stati Uniti nei confronti della guerra in Ucraina (soprattutto se Biden e i Democratici faranno naufragio nelle urne).

Come ha rilevato Eugenio Mazzarella, in un editoriale su “Avvenire”, oltreoceano si comincia a capire che – di fronte allo spettro sempre più minaccioso di una guerra mondiale e nucleare – “è tempo di offrirgli (a Putin, ndr) una via d’uscita, non per lui, ma per la Russia. Dopo Kissinger, in America, dove ci sono meno ‘atlantisti’ duri e puri che da noi” ha sottolineato Mazzarella “anche Obama ha fatto notare i rischi della corda tesa su cui sta ballando l’Amministrazione Biden, già suo vice. E ha formulato espliciti inviti a ‘concessioni’ su Crimea e Donbass che tolgano ogni alibi a Putin per farlo sedere a un tavolo di pace. Il che non significa abbandonare Zelensky, ma fargli intendere che non può interpretare il sostegno dell’Occidente come avallo a ogni intransigenza e al rifiuto di chiudere la guerra”.

Alla base di questo ragionamento, che esprime la posizione del giornale della Cei, c’è la convinzione che nessuno può “vincere” questa guerra. Possiamo solo perderla tutti. A proposito di “Avvenire” e della Chiesa, inizia la settimana delle manifestazioni per la pace: in particolare quella del 5 novembre. Continua

“Con franchezza va detto che papa Francesco è probabilmente il più grande ambasciatore della lingua italiana sulla scena mondiale in questo momento. Non ho idea di quante scuole americane offrano corsi di italiano, ma se il mio reddito dipendesse da quante persone vogliono imparare la lingua, farei il tifo perché Francesco rimanesse il più a lungo possibile”.

Giorni fa, uno dei più autorevoli vaticanisti americani, John Allen, sul sito di informazioni cattoliche Crux (che egli guida), faceva questa considerazione prendendo spunto dal recente viaggio del Papa in Kazakistan durante il quale, nei suoi interventi davanti ai vari leader delle religioni mondiali, ha usato la lingua italiana.

Per la verità il tono dell’articolo di Allen (che è anche Senior Vatican Analyst per la CNN) sembra un po’ ironico, forse infastidito. Probabilmente gli americani trovano indisponente o almeno bizzarro che, viaggiando per il mondo, una grande autorità come il Papa parli italiano anziché inglese. Continua

Entrambi i nuovi presidenti di Camera e Senato, nei loro discorsi di insediamento, hanno citato papa Francesco in modo non formale.

Ignazio La Russa ha detto: “saluto con grande rispetto il sommo Ponteficeche anche in questi giorni ci ha dato un segno della sua alta guida spirituale e morale, sottolineando come la risposta necessaria per contrastare e cercare di battere la povertà sia il lavoro degno e ben remunerato”.

Lorenzo Fontana ha lanciato un segnale ancor più forte: “Voglio dedicare un primo saluto al Pontefice Francesco che rappresenta il riferimento spirituale della maggioranza dei cittadini italiani e promuove il rispetto dei più alti valori morali nel mondo, a partire dal rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali umani e che sta svolgendo un’azione diplomatica a favore della pace senza eguali”.

Dunque i diritti sociali, i più alti valori morali a partire dalla dignità umana e dai diritti dell’uomo, infine la testimonianza profetica del Papa per la pace.

Sono principi che non somigliano alle caricature mediatiche del Centrodestra. Principi che fanno riferimento al magistero sociale del Papa e sono sintonizzati con l’anima profonda del popolo italiano, che – sulla guerra in Ucraina – si è sempre riconosciuto nelle posizioni di Francesco e non in quelle del governo Draghi.

Nel recente sondaggio di Pagnoncelli per “Di Martedì”, il 60 per cento del campione interpellato ha detto: “è il momento che Zelensky scenda a patti con Putin”. Solo il 27 per cento sceglie “di sostenere oltremodo Zelensky contro Putin” (il 13 per cento nessuna opzione). Continua