È stranamente passato inosservato un intervento sul “Fatto quotidiano”(29/3) del professor Maurizio Viroli, professore emerito di filosofia politica alla Princeton University e già consulente del presidente Ciampi per le attività culturali.

Sosteneva che “da alcuni decenni è in atto un’operazione di rimozione dei fatti e degli ideali che sono a fondamento della nostra Repubblica democratica ed è stata soprattutto la sinistra a condurla in porto”. Continua

“Il cristianesimo insieme rigoristico e paganeggiante di Lippi si impadronisce anche delle parole del socialismo” scriveva nel 1982 Alfonso Berardinelli nella prefazione a “Nuovi poeti italiani 2” (Einaudi), parlando delle liriche – selezionate in quel volume – del senese Massimo Lippi, scultore e pittore, oltreché poeta. Ma, quando c’è, quell’appropriazione è polemica, anticonformista.

SOSTIENE FORTINI

“Troppo originarie, troppo manifestamente mosse da una necessità quasi fisica, da un gorgoglio costretto a una tumultuosa via d’uscita, queste composizioni vanno prese, credo, molto sul serio… Non si legge di frequente, ai nostri anni, una poesia che ponga alle proprie radici una affermazione e un diniego, un sì e un no, così espliciti. In altri decenni, si sarebbe parlato di poesia ‘impegnata’”.

Così scriveva Franco Fortini nella prefazione del 1991 alla raccolta di Lippi, “Non popolo mio” (Scheiwiller). Ma il suo è impegno esistenziale, spirituale. Infatti lo stesso Fortini notava che Lippi “somiglia a non pochi dissidenti anticomunisti dell’Urss” e la sua “è una poesia vicina a Tarkovskij, a certe immagini poderose di Rublëv, Stalker, Lo specchio. Continua

Roberto Calasso, fondatore e simbolo della casa editrice Adelphi, ci ha lasciato un libro intitolato “Sotto gli occhi dell’Agnello” (Adelphi). Le recensioni di questo volumetto citano questa frase come il distillato del suo pensiero: “Gesù è il migliore, anche se molto gli manca”.

A qualcuno – leggendola – è venuta in mente la memorabile battuta dell’umorista Walter Fontana: “Era un bambino presuntuoso e saccente. Quando la maestra di prima elementare gli chiese: ‘Ma tu credi in Dio?’, lui rispose: ‘Be’, credere è una parola grossaDiciamo che lo stimo’”. Continua

IRRIVERENTE

Nel coro unanime di lodi che si sono levate per Roberto Calasso, in occasione della sua scomparsa, l’unica voce dissonante che ho letto è stata quella del matematico Piergiorio Odifreddi che sulla Stampa (1/8) ha scritto fra l’altro: “L’astuzia editoriale di Calasso, che ‘infiniti addusse danni’ alla cultura italiana, è stata di andare a cercare con il lanternino opere scientifiche borderline, che ben si sposassero con quelle dei filosofi e dei pensatori esoterici o new age che invece costituiscono il nocciolo duro delle pubblicazioni adelphiane”. Continua

“Quid est veritas?” (che cos’è la verità?). L’esclamazione scettica di Pilato rivolta a Gesù, mentre lo interrogava (Gv 18:38), restò senza risposta verbale perché il governatore romano non aspettava nessuna risposta: stava solo ironizzando su quanto aveva appena detto l’uomo di Nazaret (“per questo sono venuto nel mondo: per rendere testimonianza alla verità”).

Forse nulla come la domanda di Pilato rappresenta e descrive quegli uomini disincantati e un po’ disperati del XXI secolo che siamo noi. Anche noi abbiamo domande, ma non ci aspettiamo risposte, né le cerchiamo. Siamo disinteressati perché riteniamo pregiudizialmente che nessuno abbia “la” risposta. Pensiamo che la verità non esista perché ognuno ha la sua e se la racconta come vuole.

Quell’uomo di Nazaret, per quanto affascinante e nobile (così appariva allo stesso Pilato che ne era colpito), aveva avanzato una pretesa inaudita: “Io sono la verità”. Anzi di più: “io sono la via, la verità e la vita” (Gv 14:6). Continua

Nei giorni scorsi è scoppiata una guerra sul Natale nelle scuole. Ma il problema non è il presepe, è l’ignoranza e il dominio del “secondo me”.

Carlo Giovanardi ha giustamente ricordato un fatto dimenticato da tutti: “Il 25 dicembre, Natale, è una festività cattolica di precetto come tale riconosciuta dallo Stato anche agli effetti civili sin dal tempo dell’Unità d’Italia (decreto 17 ottobre 1860, n. 5342)”.

Faccio presente che il governo del Regno d’Italia a quel tempo era fatto di politici che erano in guerra con la Chiesa e una guerra molto dura, dopo le leggi Siccardi e quelle sulla soppressione degli ordini religiosi: uno scontro che portò anche alle scomuniche.

Eppure quella legge riconosceva la festa del Natale, la nascita dell’Uomo-Dio, come festa dello stato laico risorgimentale. Continua