DOPO BRETON. VA IN SCENA IL SURREALISMO DI MASSA (A PROPOSITO DI UN DIALOGO FRA PASOLINI E FORTINI)
Cento anni fa, alla fine del 1924, veniva pubblicato da André Breton il Manifesto del Surrealismo che annunciava ufficialmente la nascita di questo movimento artistico. Ma chi sono i Surrealisti? Il Centre Pompidou, a Parigi, dedica loro una mostra, Surrealismo (fino al 13 gennaio 2025), che ne raccoglie le opere.
SOCIALISMO SURREALE
Scrive Daniele Balicco: “Nei loro manifesti, non a caso, sommano Marx a Rimbaud: vogliono cambiare la società, ma contemporaneamente la vita individuale di tutti. Hanno un’idea alta, altissima di rivoluzione”.
Politicamente Bréton e i suoi amici più fedeli erano vicini alle posizioni trockiste e anarchiche. Evocavano come numi tutelari Marx, Rimbaud e soprattutto Freud. Quale evoluzione ebbero? Fu una delle solite avanguardie nate e finite in quegli anni del Novecento a cavallo fra le due guerre mondiali?
Nel 1959 Franco Fortini pubblicò per Garzanti l’introduzione a un’antologia intitolata Il movimento Surrealista, in cui sosteneva appunto che il Surrealismo era “un episodio culturale definitivamente concluso”. Ma poi cambiò giudizio.
“Nel 1977 scrive una nuova introduzione all’antologia Garzanti, curata insieme a Lanfranco Binni” e questo saggio – sottolinea Balicco – “è uno dei testi più importanti per capire come Fortini interpreti quanto Pasolini chiamò, qualche anno prima, ‘mutazione antropologica’”.
Infatti, in quei diciotto anni, dopo il boom economico e il ’68, si era verificato un rivolgimento enorme che indusse Fortini a ripensare tutto.
Intanto – osserva nel 1977 – “buona parte del linguaggio degli studenti francesi nel Maggio 1968 proveniva dagli archivi del Surrealismo, a cominciare dal motto ‘L’immaginazione al potere’”.
Già prima però la pubblicità si era appropriata di alcuni “luoghi” del Surrealismo. Poi, alla fine degli anni Cinquanta, “l’etica dei consumi e dello spreco si incarnò nei miti del Non-Senso e dell’Ozio, nei fenomeni californiani della letteratura e della poesia beat, in quelli giovanili di mezza Europa” e non a caso – dice Fortini – si scopre una parentela fra Surrealismo e testi dei Beatles.
Aggiunge: “da allora l’industria della musica di consumo, la grafica pubblicitaria e la moda hanno universalizzato alcuni dei temi del Surrealismo” come “l’estasi da droga o psichedelica, l’estraniamento esotico, l’erotismo esaltato nei rituali della perversione e così via. La connessione fra controcultura giovanile degli anni Sessanta e il sedimento lasciato dai nichilismi e dalle rivolte oniriche sembra indubitabile”.
Quindi il Surrealismo (come il ’68) fu adottato e usato da quell’industria capitalista dei consumi che voleva combattere. Fortini parla così di una “‘vittoria’ catastrofica del ‘surrealismo di massa’”.
DALL’ELITE ALLE MASSE
Perché – osserva – “tutte le ipotesi di liberazione dalla realtà borghese” che erano state formulate dai Surrealisti “sono diventate pratica di massa, ma, in definitiva, strumenti di schiavitù per le masse: dalla abolizione dei nessi spazio-temporali, all’automatismo verbale, dall’uso della droga e dell’erotismo in funzione di perdita dell’identità e di estasi fino alla scomparsa – almeno apparente – di ogni distinzione fra arte e non arte”.
Alla fine di questa acuta analisi della mutazione antropologica Fortini citava un pensiero di Erich Fromm: “La situazione paradossale di un gran numero di persone, oggi, è quella di essere mezzo addormentate quando sono sveglie e mezzo sveglie quando vogliono dormire”.
È il “surrealismo quotidiano”. Progresso o disastro?
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Antonio Socci
Da “Libero”, 28 dicembre 2024
Nella foto: “L’Angelo del Focolare” di Max Ernst (1937)