Forse le diatribe ecclesiastiche di cui parlano i giornali interessano soltanto pochi addetti ai lavori (spesso addetti ai “livori”). Il popolo, praticante e non praticante, guarda alla Chiesa con altri occhi. Con altre aspettative.

In genere rivolge lo sguardo verso la Chiesa alla ricerca di un padre. L’affetto manifestato dalla gente in questi giorni verso Benedetto XVI va letto in questo orizzonte. Continua

Ieri si è tornati a parlare di rinuncia del Papa. Cosa è successo? Due giornalisti del quotidiano spagnolo ABC hanno chiesto a Francesco “cosa succede se un pontefice resta improvvisamente impedito da problemi di salute o da un incidente”. E lui ha risposto tranquillamente: Io ho già firmato la mia rinuncia. Era quando Tarcisio Bertone era segretario di Stato”. Continua

Giovanni Paolo II ancorava l’amor di patria al comandamento: “Onora tuo padre e tua madre”. Un pensiero profondo, bellissimo, e ancora tutto da sviluppare.

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“Quando si farà l’Europa unita, i francesi ci entreranno da francesi, i tedeschi da tedeschi e gli italiani da europei”. La battuta di Indro Montanelli è la perfetta illustrazione dell’europeismo delle élite progressiste che hanno dominato in Italia in questi decenni.

Le quali – oltre all’idea di Patria – delegittimano addirittura la difesa dell’interesse nazionale che invece le classi politiche degli altri Paesi difendono vigorosamente.

Giustamente Ernesto Galli della Loggia, sul “Corriere della sera”, ha lamentato la cancellazione dell’identità nazionale che abbiamo subìtosempre più convinti a sproposito della presunta assoluta inattualità dell’idea di nazione (si provino gli illustri membri dell’Ispi o dell’Aspen a organizzare un seminario su tale inattualità a Parigi o a Berlino: si provino, si provino)”.

Spesso si “scomunica” il patriottismo sovrapponendolo al nazionalismo, ma è come confondere il polmone con la polmonite. Hanno caratteristiche e origini ben diverse.

È stato un papa, Giovanni Paolo II, a riproporre nel nostro tempo il valore del patriottismo, insegnando ad amare le patrie terrene come prefigurazione della patria celeste (e questo orizzonte trascendente è un antidoto ai nazionalismi). Continua

Oggi – Domenica in Albis – per la Chiesa è la festa della Divina Misericordia, istituita nel 2000 da Giovanni Paolo II e papa Francesco la celebra per la prima volta con una Messa pubblica nella Basilica di San Pietro.  Anche negli ultimi due anni lo ha fatto, ma a causa del Covid, in forma privata nella Chiesa di Santo Spirito in Sassia.

La misericordia è il tema che ama: fondamento del suo pontificato. Nel 2016 il Pontefice ha indetto addirittura un Giubileo dedicato alla misericordia. Ma, a spiegare questa solenne celebrazione, c’è anche il momento storicoche viviamo col divampare di una guerra che rischia di diventare un conflitto mondiale che porta alla distruzione totale dell’umanità.

La messa del Papa in San Pietro per invocare la Divina Misericordia è un altro momento – come la Consacrazione della Russia e dell’Ucraina – con cui il Vicario di Cristo sta innalzando una barriera di preghiere (il katéchon di San Paolo) per fermare il dilagare nel mondo dell’odio fratricida e della guerra. È una “diplomazia soprannaturale” a cui il Papa ricorre, deluso da quella mondana. Continua

Ci sono molte drammatiche analogie fra i giorni che stiamo vivendo e quelli che precedettero la Prima guerra mondiale, da cui scaturirono i totalitarismi del Novecento e la Seconda guerra mondiale, con i fantasmi che ancora oggi agitano il mondo.

Anche cento anni fa si poteva intuire quale abisso stava per spalancarsi. Il 29 luglio 1914, Winston Churchill scriveva a sua moglie: “Ogni cosa tende alla catastrofe e al collasso (come se) un’ondata di follia avesse colpito la mente del mondo cristiano”.

E il ministro degli esteri inglese, Edward Grey, il 3 agosto 1914, mentre si stava decidendo l’entrata in guerra, affermò: “Le luci si stanno spegnendo in tutta l’Europa. Dubito che le vedremo accendersi di nuovo nel corso della nostra vita”.

Fu una carneficina. Il papa Benedetto XV continuò a implorare la fine dell’“inutile strage”. Ma nessuno lo ascoltò. Come oggi i potenti non ascoltano l’identico grido di papa Francesco, anche se rischiamo una terza guerra mondiale e l’apocalisse nucleare. Continua

Il nono anniversario della sua elezione – ieri – è stato per papa Francesco il più triste. Addirittura angoscioso. Perché dopo aver lanciato l’allarme per anni sulla terza guerra mondiale che si stava combattendo “a capitoli”, ora si ritrova un mondo che rischia di precipitare definitivamente in una guerra planetaria. Che sarebbe l’ultima…

E incredibilmente – dopo che nessuno ha ascoltato i suoi allarmi, compresi quelli contro la corsa agli armamenti degli Stati – c’è chi afferma, come il quotidiano Le Monde, che la sua condanna della guerra in Ucraina non è come a Parigi si vorrebbe.

Eppure è impossibile equivocare i suoi interventi. Nessuno in queste settimane ha pronunciato parole così forti di condanna del conflitto, dell’odio, e di pietà e solidarietà per le vittime.

Ieri all’Angelus ancora più accorato ha detto:

Fratelli e sorelle, abbiamo appena pregato la Vergine Maria. Questa settimana la città che ne porta il nome, Mariupol, è diventata una città martire della guerra straziante che sta devastando l’Ucraina. Davanti alla barbarie dell’uccisione di bambini, di innocenti e di civili inerminon ci sono ragioni strategiche che tengano: c’è solo da cessare l’inaccettabile aggressione armata, prima che riduca le città a cimiteri. Col dolore nel cuore unisco la mia voce a quella della gente comune, che implora la fine della guerra. In nome di Dio, si ascolti il grido di chi soffre e si ponga fine ai bombardamenti e agli attacchi! Si punti veramente e decisamente sul negoziato, e i corridoi umanitari siano effettivi e sicuri. In nome di Dio, vi chiedo: fermate questo massacro!”

Poi ha esortato di nuovo “all’accoglienza dei tanti rifugiati, nei quali è presente Cristo”, ha ringraziato “per la grande rete di solidarietà che si è formata” e ha chiesto a tutta la Chiesa di intensificare “i momenti di preghiera per la pace” perché “Dio è solo Dio della pace, non è Dio della guerra, e chi appoggia la violenza ne profana il nome. Ora preghiamo in silenzio per chi soffre e perché Dio converta i cuori a una ferma volontà di pace”. Continua

Ieri don Julian Carron si è dimesso dalla presidenza della Fraternità diComunione e Liberazione. È stata una decisione inattesa perché il Decreto della Santa Sede sulle “Associazioni di fedeli”, dell’11 settembre scorso, dava due anni di tempo (quindi fino al settembre 2023) per rinnovare gli incarichi di governo dei Movimenti.

Tale Decreto stabilisce “un periodo massimo di dieci anni” per questi incarichi e siccome Carron era presidente dalla morte di don Giussani (2005) non poteva più essere rieletto.

La Santa Sede ha voluto definire questi “limiti ai mandati di governo” in tutti i movimenti perché – si legge nella Nota esplicativa vaticana – “la mancanza” di tali limiti “non di rado favorisce, in chi è chiamato a governare, forme di appropriazione del carisma, personalismi, accentramento delle funzioni nonché espressioni di autoreferenzialità”.

Papa Bergoglio, in un recente incontro con i movimenti, ha aggiunto: “cadiamo nella trappola della slealtà quando ci presentiamo agli altri come gli unici interpreti del carisma, gli unici eredi della nostra associazione o movimento”. Continua

LA STORIA SONO LORO

Siamo al 25 aprile e “Repubblica” (11/4) intervista lo storico Giovanni De Luna, autore di una storia del Partito d’Azione. Nel titolo esalta quella formazione politica la cui classe dirigente – dice il quotidiano – fu “capace di ricostruire il Paese”. Il sommario ribadisce che “furono capaci di risuscitare una nazione in macerie”.  Le precise parole dello storico sono queste: “Seppero trasformarsi da intellettuali a combattenti e poi furono capaci di guidare la ricostruzione”.

Ma è davvero così? Il Partito d’Azione ebbe la presidenza del Consiglio con Parri per soli 5 mesi (dal 21 giugno 1945 al 10 dicembre 1945) in un governo largamente dominato dai grandi partiti popolari: Dc, Pci e Psi.

Il PdA fu del tutto marginale nel Paese e visse lo spazio di un mattino: alle elezioni del 1946 prese l’1,45 per cento. Nel 1947 si sciolse e alle decisive elezioni del 18 aprile 1948 non c’era già più, né è mai rinato.

Fu certamente significativo il contributo dell’azionismo alla Resistenza. Questo va giustamente valorizzato. Ma dire che guidò la ricostruzione, che fu “capace di ricostruire il Paese”, è obiettivamente surreale.

 

 

ROGHI

Il ministro Franceschini annuncia la fine della censura cinematografica, che però era già una cosa del passato.

Giulio Meotti osserva: “Via la censura di stato. Ora ci sono la censura e l’autodafé politicamente corretti. Il ministro Franceschini dice che ‘l’arte torna libera’. Ma in tutta la cultura occidentale si è imposto un vero regime su quel che si può dire o scrivere. Tolgono persino Peter Pan dalle biblioteche pubbliche”. Continua

I media che hanno celebrato, con centinaia di articoli, Carola Rackete come grande filantropa e benemerita dell’umanità, arrivando addirittura a proporla per il premio Nobel, neanche si sono accorti dell’improvvisa scomparsa, in queste ore, di Paola Bonzi. Perlopiù non sanno nemmeno chi era.

E’ ovvio, perché questa donna umile e cordiale, che aveva perso la vista all’età di venti anni, in 35 anni ha salvato migliaia di vite umane, quelle dei bambini non ancora nati (e le loro mamme), e non faceva le battaglia politiche che piacciono ai padroni del vapore.

Paola Bonzi ha donato tutta la sua vita ai più dimenticati. Instancabilmente, dal 1984 a ieri, ha aiutato 22.702 mamme in difficoltà, in procinto di abortire (o tentate dall’aborto), a superare i problemi e a far nascere i loro bimbi. Così, grazie all’aiuto del suo Centro di aiuto alla vita della Clinica Mangiagalli di Milano, sono nati 22.702 bambini, alcuni dei quali oggi sono trentenni. Continua

Si può criticare Matteo Salvini come tutti i politici. Ma oggi siamo davanti a una demonizzazione della persona mai vista prima. Salvini sembra l’ossessione collettiva delle élite. E’ una fissazione, specie sui media. Il partito della demonizzazione pare tarantolato dalla volontà di azzopparlo e scongiurare la vittoria della Lega.

Però quello che più sconcerta è che tale “partito della demonizzazione” (in certi casi si può parlare di “partito dell’odio” ) abbia individuato il suo leader morale e politico in un vescovo che dovrebbe occuparsi delle cose del Cielo, un vescovo che non è neanche italiano ed è a capo di uno Stato straniero, ovvero Giorgio Mario Bergoglio. Continua