Il governo europeista e anticlericale di Varsavia è in guerra con i cattolici polacchi. Wlodzimierz Redzioch, sulla “Nuova Bussola quotidiana”, ha illustrato l’ultimo episodio: “No al Museo di Wojtyła: il governo Tusk rigetta il cristianesimo”.

A 20 anni dalla morte del Papa il premier Tusk dovrebbe riconoscere il ruolo decisivo che egli ebbe nella liberazione del suo Paese e dell’Europa dal comunismo.

“Oggi” ha scritto il giurista Carlo Cardia “si può dire che Giovanni Paolo II è stato il pontefice più legato alla sua nazione, la Polonia, e quello che più ha contribuito a cambiare la storia del mondo”. Ecco come avvenne

CICLONE SOLIDARNOSC

È acclarato che furono l’elezione di Karol Wojtyla e poi, nel giugno 1979, il suo primo viaggio in Polonia, accolto da folle oceaniche, a far nascere e dilagare il fenomeno Solidarnosc.

Un sindacato operaio di massa, anticomunista, democratico e cattolico, in un regime marxista era di per sé la prova più cocente del fallimento del socialismo reale.

Lo storico Bronislaw Geremek (laico) ha scritto: “Solidarnosc è stato un movimento di liberazione nel senso più ampio del termine, nella sua dimensione al contempo nazionale e sociale con, in mezzo a tutto ciò, l’idea religiosa della dignità umana ritrovata. Era dunque una rivoluzione, ma una rivoluzione umanista e, fatto molto importante, una rivoluzione che fin dall’inizio aveva ripudiato ogni violenza. Questo rifiuto della violenza fu uno dei suoi tratti più caratteristici”.

Il sindacato di Lech Walesa, seguendo l’insegnamento costante del Papa, restò fedele alla “non violenza” anche quando il regime lo mise fuorilegge con il colpo di stato del 1981, e anche con le durissime repressioni che seguirono. Ma dopo cosa accadde?

“Giovanni Paolo II” osserva Cardia “non va all’assalto del comunismo con imprudenza e senza badare a nulla. Al contrario lascia che maturino le condizioni che fanno fallire l’impero sovietico”.

Anzitutto sull’economia. Per tutti gli anni Ottanta, dice Cardia, “Giovanni Paolo II insiste nel considerarsi come il sovrano spirituale della sua Polonia”. Il regime polacco, ormai estraneo alla nazione, mendica da Wojtyla una qualche legittimazione, ma il Papa chiede il riconoscimento dei diritti di libertà e di dignità personale e sociale della sua gente.

L’INCREDIBILE RIVOLUZIONE

Nel 1989 – anche di fronte al fallimento delle riforme di Gorbacev in Urss – il regime polacco si arrende e riconosce Solidarnosc: “Spetta alla Polonia aprire nel 1989 la fase rivoluzionaria che in pochi mesi travolge tutti i regimi dell’Europa orientale”, spiega Cardia.

Il contagio è possibile proprio perché la Polonia dimostra a quei regimi falliti chepossono mollare senza essere affogati nel sangue. E così avviene. Questo è il grande miracolo.

D’accordo con François Furet, Geremek spiegava che l’epoca aperta dalla Rivoluzione francese si conclude con “il crollo dell’Unione Sovietica, nella quale è dato vedere il compimento della tradizione giacobina europea, mentre il bolscevismo sarebbe una metamorfosi del Terrore. Gli avvenimenti del 1989 sono stati rivoluzionari anch’essi”, ma “si trattava di una rivoluzione contro l’idea giacobina, innanzitutto contro i suoi metodi, contro la violenza, il terrore e il bagno di sangue” e “contro la centralizzazione del potere e l’onnipotenza dello Stato”.

Nessuno poteva pensare che l’immenso mostro comunista potesse implodere di colpo e senza un vetro rotto. Tutto è partito dalla Polonia e tutto si deve a Giovanni Paolo II. Tusk lo riconosca.

Antonio Socci

Da “Libero”, 2 febbraio 2025