L’editoriale di Ernesto Galli della Loggia“L’identità europea svanita” – è sorprendente visto chi lo ha pubblicato (il Corriere della sera del 5/2).

Considerando i finanziamenti alla ricerca della UE, quasi tutti convogliati sull’area tecnico-scientifica, mentre irrisori sono quelli per le materie umanistiche, Galli trae due conclusioni.

La prima: si emargina la ricerca umanistica perché lavora perlopiù “in un ambito nazionale”, quello, cioè, “che secondo il ‘politicamente corretto’ dominante a Bruxelles deve essere messo al bando e spento. Agli occhi del vuoto utopismo paneuropeo privo di radici” spiega Galli “la nazione resta il nemico primo”, negli ambienti della UE “resta tuttora centrale l’idea dell’obbligatorio declino dello Stato nazionale”.

Seconda conseguenza: così la UE si suicida perché, spiega Galli, non può nascere un’identità europea – e quindi la prospettiva di un’unità politica – se non da popoli che hanno una loro identità e una salda coscienza nazionale.

Consideriamo la storia d’Italia. Gian Luigi Beccaria, in Mia lingua italiana: Per i 150 anni dell’unità nazionale (Einaudi) spiega: “Per prima è venuta la lingua. Non c’era ancora la nazione, ma da secoli esisteva un’unità linguistico-letteraria nazionale. ‘Ex linguis gentes, non ex gentibus linguae exortae sunt’, scriveva Isidoro di Siviglia (Etymologiae, IX, I, 11): sono le lingue che fanno i popoli, non i popoli già costituiti che fanno le lingue”.

A unire l’Italia, nota Beccaria, “non sono stati tanto principî oggettivi o materiali, l’etnia, l’economia, il mercato, il territorio, una comunità di costumi, la politica ideale dell’uguaglianza e della democrazia, l’unità delle istituzioni giuridiche, il principio della tolleranza o altro ancora. La coscienza e la volontà di un’unione si sono basate soprattutto su un valore culturale (la lingua della letteratura, la sua validità e la sua tenuta) che ha prefigurato sin dalle Origini un’unità immaginata e inseguita come un desiderio. (…) Non è stata dunque una nazione a produrre una letteratura, ma una letteratura a prefigurare il progetto di una nazione”.

La letteratura non è solo la lingua: esprime valori spirituali, umani e artistici che trova e prende dalla vita del popolo e che, a loro volta, plasmano gli animi e le comunità. La letteratura italiana, a cominciare da san Francesco e poi nei suoi vertici rappresentati da Dante e Petrarca, è connotata dal cattolicesimo e dall’umanesimo (anche laico) che ne deriva.

Carlo Dionisotti in Geografia e storia della letteratura italiana(Einaudi) osserva: “Bisogna, credo, rinunciare alla illusione che la tradizione laica abbia radici ininterrotte e profonde nella storia della letteratura italiana. Soprattutto bisogna accettare il fatto che questa storia è per più secoli inseparabile (…) dalla presenza attiva e responsabile della Chiesa”.

Lo stesso vale per l’Europa. Quando Giovanni Paolo II insisteva con l’Unione Europea per il riconoscimento delle radici cristiane dell’Europanella Costituzione che si stava scrivendo, non rappresentava un suo interesse di bottega, né voleva imporre qualcosa. Semplicemente indicava la realtà, la storia e la cultura cristiana dei popoli europei che sole potevano rappresentare il cemento di una futura unione politica.

La UE rifiutò e rinnegò le radici e la storia dell’Europa, la Costituzione naufragò e oggi la UE è un’entità senza identità e senza rispetto dei diversi popoli, governata da una Nomenklatura che impone proprie ideologie.

 

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 10 febbraio 2024

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