Giovanni XXIII – come sanno gli esperti – non era un “progressista”, ma un conservatore: ammirava Pio IX e voleva stare “nel solco luminoso tracciato da Pio XII” (parole sue). I tradizionalisti non riescono a spiegare perché fu proprio lui a volere il Concilio Vaticano II (desiderava parlare al cuore degli uomini come buon pastore).

IL GESTO DI CONGAR

Il professor Roberto De Mattei, valente storico della Chiesa e tradizionalista, ritiene – in sintesi – che la catastrofe della Chiesa attuale derivi proprio dal Concilio (di cui ha scritto una storia).

Da questa idea viene il suo giudizio, nient’affatto drastico, su Francesco ritenuto solo uno dei papi postconciliari a cui attribuisce idee simili. Per esempio, oggi c’è molto sconcerto per la nomina di mons. Víctor Manuel Fernández a prefetto della Congregazione della Fede, con annessa porpora cardinalizia.

Der Spiegel ha titolato: “Papa Francesco ripulisce l’eredità di Benedetto”. E il Frankfurter Rundschau ha scritto: “Francesco rompe definitivamente con Benedetto”. Ratzingeriani e wojtyliani ritengono che ciò rappresenti una rottura teologica e uno snaturamento dell’ex S. Uffizio.

Invece De Mattei sembra ritenere che le ultime scelte del Papa non siano “espressione di una radicale frattura con i pontificati che lo hanno preceduto” (Corrispondenza romana 19/7). Infatti – a suo parere – il S. Uffizio vero, quello del card. Ottaviani, fu “demolito” al Concilio dall’intervento del card. Frings e “il prof. don Josef Ratzinger, era stato in Concilio l’ispiratore e il ghost-writer del cardinale Frings, come mons. Victor Fernández lo è stato di papa Francesco”.

Dopo aver equiparato un grande teologo (e grande papa) a mons. Fernandez, in genere citato per il suo libro sui baci, De Mattei ricorda che il S. Uffizio, dopo il Concilio, fu riformato da Paolo VI, diventando la Congregazione per la dottrina della fede e Ratzinger fu chiamato da Giovanni Paolo II nel 1981 a guidare proprio ciò “che Frings in Concilio aveva pubblicamente attaccato”.

In realtà aveva attaccato il vecchio S. Uffizio e il card. Ratzinger guidò un dicastero che aveva cambiato il nome e anche i metodi e la missione. Secondo De Mattei questa fu invece una “demolizione”.

Tale cambiamento fu lodato da un noto teologo, padre Yves-Marie Congar. “Lo stesso Congar”, scrive De Mattei, che per “per ben due volte, nel 1946 e nel 1954, urinò sulla porta del S. Uffizio, in segno di disprezzo verso la suprema istituzione della Chiesa (Journal d’un théologien (1946-1954), Editions du Cerf, Paris 2000, pp. 88, 293). Fu poi creato cardinale da Giovanni Paolo II il 26 novembre 1994”.

A leggere queste righe sembra quasi che Congar sia stato creato cardinale per quel “gesto” di 40 anni prima (se veramente c’è stato). O che esso, in fondo, possa essere messo sullo stesso piano dell’importante discorso del card. Frings scritto da Ratzinger.

Una cosa appare chiara: per i tradizionalisti fra Fernandez e Ratzinger non poi c’è gran differenza. È una notevole legittimazione per Francesco.

EVOLUZIONI

Chiesa e modernità. Nel “Pendolo di Foucault” Umberto Eco scrive: “L’umanità non sopporta il pensiero che il mondo sia nato per caso, per sbaglio. Solo perché quattro atomi scriteriati si sono tamponati sull’autostrada bagnata”.

Ratzinger sapeva dibattere con questo pensiero moderno che Tom Wolfe nel “Regno della parola” polverizzò con una battuta: “Dire che gli animali si sono evoluti nell’uomo è come dire che il marmo di Carrara si è evoluto nel David di Michelangelo”.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 22 luglio 2023

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