Cambiare sesso (e pure farsi i seni nuovi per i transessuali) a carico dello Stato? La notizia può provocare sconcerto nel popolo dei tartassati e avvilimento in quel 50 per cento di famiglie italiane sotto 1.800 euro di reddito mensile che devono talora pagarsi medicine costose ed importanti (l’esausto Servizio sanitario nazionale non copre certe cure o pretende pesanti ticket).
Ma questa “conquista” dei “trans genere” può far esplodere anche una colossale contraddizione ideologica per il movimento gay, finendo per codificare addirittura nella giurisprudenza l’idea che l’omosessualità sia una patologia bisognosa di cure sanitarie, tesi contro cui si sono sempre battuti strenuamente.

Facciamo un passo indietro. Giorni fa l’on. Luxuria ha annunciato di essersi rifatta un seno nuovo. E ha dichiarato: “Si tratta di un adeguamento di genere. Adeguo la mia esteriorità alla mia interiorità. Nel progetto di legge che sarà presentato a breve reputo che il Servizio sanitario nazionale dovrebbe sostenere quegli interventi cosiddetti di adeguamento di genere. Perché, secondo la Costituzione, nel concetto di salute deve rientrare non solo il fattore fisico, ma anche la salute psichica”.
Dalla parlamentare di Rifondazione scopriamo che in realtà già oggi “la legge 164 del 1982 prevede l’assistenza a carico dello Stato per il cambiamento dei genitali”. E che “alcune regioni come la Toscana e l’Emilia Romagna” fanno anche di più, perché “provvedono per il dosaggio ormonale”. Però sembra che per i “tratti sessuali secondari” (come i seni) oggi non siano previsti rimborsi. Luxuria non ha ancora presentato questo suo disegno di legge, ma con accorata tempestività – sempre sul Corriere della sera – il ministro della Salute Livia Turco subito si accoda all’idea: “Non ci trovo niente di scandaloso… Credo che il nostro sistema sanitario debba fare uno sforzo”.

Tutto questo zelo solleva diverse domande. Luxuria pretende “maggiore assistenza” dicendo “ci deve essere permesso di realizzare l’armonia fra fisico e spirito… Abbiamo diritto alla salute psicofisica”. Ma quando si parla di “salute” e di rimborso del Servizio sanitario nazionale inevitabilmente si parla di patologie. E non è il movimento gay che ha sempre “fulminato” chi parlava dell’omosessualità come patologia? Solo un mese fa in tv è andato in onda uno scontro epico fra l’on. Binetti della Margherita e Franco Grillini, Ds dell’Arcigay (che oggi peraltro si trovano nello stesso Partito Democratico).
La Binetti, che è neuropsichiatria, interpellata sulla natura dell’omosessualità dichiarò che “è una devianza della personalità”. Grillini insorse, sparando a zero su di lei e sulla Chiesa, e affermò: “tu sovrapponi la religione alla scienza. Usi del ciarpame scientifico per sostenere una posizione razzista”. Qualche organizzazione lanciò addirittura l’iniziativa di querelare la Binetti. Del resto una vittoria storica del movimento gay è stata la cancellazione – da parte dell’Apa – dell’omosessualità dal manuale diagnostico, il Dsm e di conseguenza la stessa cancellazione, nel 1991, da parte dell’Organizzazione mondiale della Sanità dal suo manuale, l’Icd.

Ma allora perché lo Stato oggi paga con i nostri contributi sanitari le prestazioni chirurgiche per cambiare sesso? In questo caso si tratta di una patologia o no? Il ministro Turco contesta che ad autorizzare “il cambiamento di genere debba essere un tribunale anziché un’équipe medica”. Ma se il problema è di competenza medica, non è forse una patologia? Le regioni Toscana ed Emilia Romagna – definite sul Corriere da Margherita De Bac – “le più evolute e aperte nei confronti di pazienti così speciali” si accollano anche i costi del dosaggio ormonale, parallelo all’operazione chirurgica. Nella delibera della Giunta Regionale toscana per giustificare questo intervento del Servizio sanitario regionale si parla del “transessualismo” come “disturbo dell’identità di genere” che è “una forma di profondo malessere che necessita delle cure adeguate”.
Dunque si tratta di cure mediche che vanno a carico del servizio sanitario. Non so se questa Regione è altrettanto sollecita verso tutte le patologie. Per esempio Anna Maria Celesti, di Forza Italia protestò a nome dei “pazienti affetti in Toscana da malattie rare o rarissime che non vedendosi riconosciuta la malattia stessa pagano di tasca propria la maggior parte dei farmaci necessari”. Ma resta il fatto che la Regione ritiene il “transessualismo” un “disturbo dell’identità di genere” che “necessita di cure”. Se si va sul sito del quotidiano telematico della Regione Toscana, “Prima pagina”, in data 8 giugno 2006, si può leggere un articolo che recita: “Farmaci gratis per chi vuole cambiare sesso. La Toscana per scrivere la delibera ha seguito i principi usati per l’assistenza a chi è affetto da patologie e disturbi rari”. Il governo regionale parla di “assistenza” e di “persone che hanno diritto alla cura al pari di tutti i cittadini”. Si tratta quindi di patologie, disturbi, malessere, assistenza e cura. E nessun rappresentante dei gruppi gay ha protestato. Anzi, la delibera ebbe il plauso entusiasta di Vladimir Luxuria.

Ma perché si può parlare di “patologia” e “disturbo” quando si deve giustificare il rimborso del servizio sanitario, mentre non è permesso discutendo di omosessualità e transessualità? E’ contraddittorio. Anche sulle “terapie” c’è una clamorosa contraddizione: adeguare il corpo alla psiche (a spese dello Stato) è ritenuto giusto, mentre armonizzare la psiche al corpo (a spese proprie) tornando eterosessuali viene condannato. Infatti proteste e articoli di fuoco sono piovuti su chi ha osato parlare dei casi di persone omosessuali che tornano all’eterosessualità grazie alla “terapia riparativa” realizzata da psicoterapeuti. Questa “cura” dell’omosessualità – che pure è un fatto – viene fulminata da giornali e gruppi gay come omofobica, perché equiparerebbe l’omosessualità a una malattia. E le cure pagate dal sistema sanitario per cambiare sesso no? Si ha la sensazione che in tutto questo vi sia un alto tasso di ideologizzazione (hanno diritto al rispetto come gli altri anche le persone omosessuali che scelgono la terapia riparativa. Il diritto alla “salute psichica” invocato da Vladimir Luxuria vale anche per loro che oltetutto tornano eterosessuali a spese loro).
Resta la proposta dei “seni di stato”. Vladimir Luxuria parla – anche per quelli – di “salute psicofisica” e di “armonia fra fisico e spirito”. Ma non si capisce perché dovrebbe essere il Servizio sanitario a pagare questi interventi. La non accettazione di certi aspetti del proprio corpo esiste – e ampiamente – anche per i tanti eterosessuali che si vedono brutti o vivono profonde sofferenze per questo o quel difetto fisico. Perché il servizio sanitario non dovrebbe rimborsare anche i loro interventi di lifting a tutela della loro “salute psicofisica” ? Perché l’on. Luxuria non propone di concedere a chiunque il “lifting gratis” per “apparire giovani e belli” ? Se omosessualità ed eterosessualità si equivalgono e sono egualmente “normali” – secondo i gruppi gay e la cultura dominante – come si giustificherebbe un disegno di legge che ponesse a carico dello Stato il “seno nuovo” di chi vuol cambiare sesso, mentre non riconoscesse questo stesso rimborso a una donna che volesse rifarsi il seno o a un uomo eterosessuale che chiedesse altri tipi di interventi? Non si rischia una discriminazione a rovescio, cioè ai danni degli eterosessuali ?

Fonte: © Libero – 25 aprile 2007

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