Nei giorni scorsi Matteo Salvini, ministro delle infrastrutture e dei trasporti, ha pubblicato su twitter questa sua dichiarazione: Con l’arresto di Messina Denaro, la Sicilia ha voltato una delle sue pagine più buie. Il Ponte sullo Stretto darà ai siciliani un altro segnale concreto, connettendo l’isola con il resto d’Italia e con l’Europa e costruendo uno straordinario acceleratore di opere pubbliche, di lavoro e di crescita, facendo finalmente tornare la Sicilia protagonista del Mediterraneo”.

Il ministro intendeva rispondere a chi critica la realizzazione di opere pubbliche al Sud e in particolare del Ponte sullo Stretto con argomenti non relativi al merito delle infrastrutture, ma – ad esempio – per il rischio di infiltrazioni mafiose.

Salvini ritiene (giustamente) che lo Stato italiano (come il nostro sistema economico) non possa abbandonare metà dell’Italia al sottosviluppo, alla povertà e all’assistenzialismo. Quanto alla mafia, lo Stato deve vincerla. Ritirarsi vorrebbe dire arrendersi.

Eppure anche stavolta Salvini si è preso critiche, poco comprensibili. Del resto con lui i media sono sempre contro: “a prescindere”. Ma perché non ragionare sul merito?

Il Ponte sullo Stretto può essere davvero ciò che fu, attorno al 1960, la costruzione dell’Autostrada del Sole: non solo un simbolo di modernità, una svolta storica per il Paese e una formidabile facilitazione nei collegamenti, ma anche uno straordinario motore di crescita economica del Meridione.

Salvini – proprio da leader della Lega (oggi pure Vicepresidente del Consiglio) – ha compreso che lo sviluppo del Sud è l’“affare” migliore anche per il Nord Italia: è questo lo storico salto di qualità che egli ha fatto fare al suo partito.

Ma bisogna essere tutti consapevoli che se il Sud non decolla tutta l’Italia affonderà. Per questo il Ponte merita una discussione vera. È infatti una grande questione strategica per l’Italia.

Con serietà e competenza ne ha scritto uno dei nostri migliori analisti, Lucio Caracciolo che, essendo lo storico direttore di “Limes” (rivista di geopolitica del gruppo La Stampa/Repubblica), non può essere certo accusato di “salvinismo”.

Ma il suo articolo, uscito il 7 dicembre scorso su uno dei quotidiani più antisalviniani d’Italia, “La Stampa” di Massimo Giannini (col titolo “Perché stavolta il Ponte di Messina è opera strategica”), è caduto nel silenzio generale. Nessuno ne ha discusso. Eppure esponeva argomenti serissimi.

Vediamone alcuni. Primo: “Ogni Paese che si rispetti dovrebbe mirare, per la sicurezza propria, a stabilizzare le aree di frontiera e a collegare le periferie al nucleo centrale”. Noi da trent’anni facciamo l’opposto (anche l’incontrollato fenomeno migratorio lo dimostra).

Secondo: “Lo Stretto di Sicilia è uno degli spazi più rilevanti al mondo… Nel triangolo della competizione tra Stati Uniti, Cina e Russia il controllo di questo braccio di mare al centro del Mediterraneo è essenziale”. Connette infatti l’Atlantico euroamericano all’Indo-Pacifico dove l’Occidente si confronta con la Cina per “il controllo delle rotte marittime”.

Non a caso gli Usa hanno incardinato il Muospilastro dell’intelligence Usa nel mondo a Niscemi (“senza dimenticare le strutture di Sigonella e Pantelleria”).

Caracciolo segnala anche lo stabilirsi di turchi e russi “sul lato africano dello Stretto – Tripolitania e Cirenaica” e la presenza dei “cavi sottomarini transcontinentali della Rete, possibile bersaglio di guerra… nelle acque sicule”. Del resto “i progetti cinesi di via della seta marittima, come qualsiasi commercio transoceanico, considerano essenziale il transito tra Sicilia e Nordafrica”.

Conclusione di Caracciolo: “Al netto di ogni altra considerazione, abbandonare la Sicilia e con essa il Sud in paurosa decrescita demografica a sé stessi e all’influenza di potenze non necessariamente benevole significa disfare l’Italia. Puntare sul ponte, sull’espansione dei porti siciliani… e sull’alta velocità da Bolzano a Trapani”, oltre a una presenza vera di Marina e Forza Armate, “è minimo sindacale per non perdere faccia e patria”.

L’area siciliana, che fino a ieri era considerata la remota periferiadell’Europa, oggi è collocata dalla geopolitica al centro del mondo. Anche per l’approvvigionamento energetico europeo (con la guerra in Ucraina è tornato il Muro verso la Russia).

Così pure per il commercio mondiale: “In quell’area commerciale globale che è il nostro piccolo pianeta, il centro sul quale convergono tre continenti è senza dubbio alcuno il Mediterraneo. E il ‘centro del centro’ del Mediterraneo è lo Stretto di Messina, a metà rotta tra Gibilterra e il canale di Suez”.

Lo scrive Marco Esposito nella prefazione al libro di Pietro De Sarlo, “Bla bla bla Sud” (Altrimedia Edizioni), sintetizzando il contenuto del libro in cui De Sarlo fornisce molti dati che ribaltano tanti pregiudizi.

Fra l’altro l’autore segnala questa enorme assurdità economica: “la maggior parte delle merci che entrano ed escono dall’Europa si trova nel distretto portuale di Rotterdam, Amburgo, Anversa. Questo favorisce ulteriormente i Paesi del Nord, Olanda e Germania soprattutto, che oltre al resto lucrano il 20% dei dazi europei. L’Olanda ha addirittura ottenuto che la mano morta sull’import passasse dal 20% al 25%… Tanto per essere chiari, quando arriva una merce in Italia dalla Cina quattro volte su cinque passa dai porti del Nord Europa, e su ogni 100 euro di dazi sull’import i Paesi dei porti d’ingresso ci lucrano 20 euro, l’Olanda 25”.

È chiaro che dovrebbe accadere l’esatto opposto: è l’Italia la naturale porta d’ingresso per le merci che provengono via mare dall’Asia. “Il Ponte sullo Stretto” scrive De Sarlo “ha tutte le caratteristiche per ridare fiducia al Sud”, per dargli una “scossa” come “progetto simbolo”. Occorre dunque investire nelle infrastrutture e nei porti e oggi i soldi per questi investimenti non sono un problema.

Nel libro “Il Mezzogiorno e i suoi porti. La chiave di una nuova prospettiva di sviluppo” (Franco Angeli), scritto da Marco Canesi, docente al Politecnico di Milano, si spiega che il sistema dei porti di Taranto, Gioia Tauro e Crotone ha tutti i requisiti tecnici (che non hanno altri) per proporsi come il principale snodo per il traffico di  container delle grandi navi fra Oriente e Occidente, capace di garantire al commercio dell’Oriente quattro mercati (i porti nordeuropei appena due) con un enorme risparmio di tempo (nelle consegne) e di spesa per la minore durata del viaggio.

Questo potrebbe mettere in moto un grande sviluppo del Sud, facendo fare a tutto il sistema economico italiano un salto straordinario. Ma occorre un governo deciso a far valere questa centralità italiana e mediterranea nei commerci e nella geopolitica. È la vera, grande scommessa del governo di centrodestra.

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 22 gennaio 2023

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