“Metrò, i furti e l’impunità”. Questo era il titolo di una pagina che il “Corriere della sera”, martedì scorso, ha dedicato a un allarmante fenomeno. L’occhiello recitava: “Le borseggiatrici seriali nelle città italiane. Sono gruppi di decine di ragazze che evitano il carcere grazie alle gravidanze”. 

Il primo caso illustrato era quello di una “borseggiatrice bosniaca”, che già “in decine di processi ha accumulato pene per 14 anni, 11 mesi e 17 giorni”: ogni volta che viene fermata da un poliziotto o un carabiniere mostra un certificato di gravidanza così da ottenere sempre “decreti di differimento della pena”.

Accade questo per l’articolo 146 del Codice penale che sospende la pena nel caso in cui si tratti di una donna incinta o madre di un bambino che ha meno di un anno di età. E’ una norma sacrosanta.

“Ma – spiega Gianni Santucci in quella pagina del ‘Corriere’ – esistono decine di ragazze rom (con i loro sfruttatori) che soprattutto tra Milano, Roma, Venezia e Firenze applicano una distorsione sistematica e drammatica di quel principio di umanità della giustizia”.

Fin qui è la descrizione di una situazione triste, preoccupante e più volte raccontata sui media. Peraltro ci sono anche altri tipi di borseggiatori, magari maschi, isolati o raggruppati in bande. Tutti insieme contribuiscono a farci vivere nell’inquietudine e alimentano il nostro senso di insicurezza.

Ciò che in genere non si racconta è, appunto, l’altro lato della medaglia. Quello di chi subisce il borseggio. Mi ci sono imbattuto proprio in questi giorni, ascoltando il racconto dalla viva voce di chi ha vissuto il fatto. E’ un piccolo esempio di vita quotidiana italiana. 

UNA STORIA

Dunque da una città del Sud, viaggiando di notte, una madre, con una giovane figlia, raggiunge Roma  in autobus: deve portarla all’ospedale Bambin Gesù per una visita molto delicata.

Arrivate alla Stazione Tiburtina, alle 6,30 del mattino, prendono la metropolitana. C’è ressa, la bambina si trova schiacciata e la mamma, per farla respirare, strattonandola via, sposta per un attimo la sua borsa di lato. E’ bastato quell’attimo a qualche ladruncolo (sempre lì in agguato) per frugarle nella borsa e sfilarle il portafogli.

Poco dopo la donna se ne accorge e si rende conto angosciata di trovarsi a Roma, una grande città, senza più né soldi né documenti. E’ disperata, ma non vuole piangere perché c’è la figlia e non vuole allarmarla, oltretutto perché al pomeriggio hanno quella visita importante e sono già in tensione per tal motivo. Cerca di tranquillizzarla, ma non sa dove sbattere la testa.

Fin qui è una storia di borseggio come tante altre simili. Storie che talora diventano notizie di cronaca in televisione e sui giornali e che ci danno un senso di desolazione, di insicurezza e di preoccupazione.

C’è però un seguito, altrettanto normale, che vale la pena riferire perché parla di un Paese che di solito non vediamo e non raccontiamo più. 

FRATERNITA’

Arrivate alla fermata della metro della Stazione Termini la madre si rivolge ai militari di servizio che le indicano la stazione di polizia più vicina, dentro la Stazione stessa. 

Si reca dunque alla polizia a fare la denuncia del furto, che si rende necessaria soprattutto perché le sono stati rubati i documenti.

Ma il poliziotto  non si limita a fare il suo dovere burocratico, si preoccupa per l’ansia della madre, le domanda di cosa soffre la bambina e le chiede se ha un modo per farsi mandare dei soldi (anche per pagare la visita). In ogni caso le lascia il suo numero di telefono dicendole:“se non trova nessuno la aiuto io”.

Intanto la mamma telefona al “bed and breakfast” e il giovane proprietario, comprendendo la situazione, va addirittura alla fermata San Pietro dell’autobus 64 a prendere la mamma e la bambina.

Il posto per dormire era già stato pagato dalla donna, da casa, al momento della prenotazione, ma c’è da risolvere il problema dei soldi per la visita e per soggiornare a Roma.

Il proprietario del “bed and breakfast” le anticipa 150 euro (ancor prima di aver ricevuto il bonifico che la donna ha fatto con il telefono), nel frattempo dal paese della madre diversi amici, che hanno parenti a Roma, le fanno sapere che possono farle recapitare dei contanti, ma lei ringrazia e li rifiuta perché nel frattempo si è accorta che un suo “fratello di comunità”  consacrato (la donna fa parte di un movimento ecclesiale) alla partenza le ha messo in borsa una busta con dei contanti “per tutte le necessità”. I ladri non se ne sono accorti e per lei è stato provvidenziale.

Inoltre il parroco del suo paese ha telefonato a un parroco di Roma che conosce e la parrocchia romana si è detta subito disponibile ad ospitare la donna e la figlia, che però avevano già il posto letto. Le hanno comunque ospitate per i pasti.

Al Bambin Gesù i medici, dispiaciuti per l’accaduto, dicono alla madre di non preoccuparsi per la visita, che avrebbe potuto pagare una volta tornata a casa. Poi, per dei problemi burocratici con il Cup, è stato comunque necessario pagare subito, ma anche lì la donna ha trovato massima comprensione e disponibilità. Tanto che commenta, con commozione: “c’è tanta brava gente nascosta. Io ho trovato decine di angeli custodi”.

L’ITALIA VERA

E’ una piccola storia di vita quotidiana che mostra il volto bello della nostra gente. L’Italia vera è così. Quella rappresentata sui media no. Spesso i soloni dei giornali e dei salotti intellettuali descrivono il nostro Paese come volgare, violento e cattivo. Amano deridere la nota espressione “Italiani, brava gente”che giudicano uno stereotipo falso e ipocrita. Ma il nostro popolo è migliore delle sue élite. Ed è fatto davvero di brava gente. 

Se chiede più sicurezza per sé e per i propri figli, se chiede di non essere alla mercé della criminalità (piccola o grande), se chiede di non sentirsi invaso da una migrazione di massa fuori controllo, non è perché è intollerante, razzista o violento. Ma solo perché non ce la fa più.

Tanto che siamo stati comunque disponibilissimi ad aiutare tutti, anche in questi anni. Sono milioni gli italiani che donano il loro tempoin realtà di volontariato e in opere di carità e di assistenza, Inoltre da questa Italia sono partiti (e partono) tantissimi missionariche davvero, con le loro opere e la loro testimonianza, sono una benedizione per le popolazioni del Terzo Mondo.

Secoli di storia cristianahanno lasciato, nel fondo del cuore della nostra gente, un’istintiva propensione al bene, alla comprensione, all’umanità, come dimostra anche la piccola vicenda della madre e della figlia che ho appena raccontato. 

Finché non verrà sradicata del tutto da questa terra la sua anima cristiana, che agisce anche in chi non è praticante o si dice non credente, c’è speranza.

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Antonio Socci

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Sa “Libero”, 8 febbraio 2019

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