SANREMO

– L’Unità (7/1) ipotizza che Luigi Tenco “nel suo bellissimo brano ‘Ciao amore ciao’ si ispirò, almeno in un passaggio, all’inno della oggi scomparsa Germania Est”.
Dunque “i campi da arare, il grano da crescere” sarebbe ispirato a questo verso dell’inno della Germania comunista: “Lasciateci arare e costruire”.
In effetti quel regime “costruì” qualcosa di storico: il Muro di Berlino.
E’ sorprendente ciò che Aldo Colonna rivela nell’articolo: “Marcello Frezza, suo manager all’Rca, ricordava spesso come la difesa da parte di Tenco dell’Unione Sovietica e dei suoi satelliti fosse precisa e determinata e gli orrori staliniani erano di là dall’essere divulgati nonostante il rapporto Krushev (’56)”.
Cosa? Nel 1967 – anno di “Ciao amore ciao” – gli orrori comunisti sarebbero stati sconosciuti?
Compagni dell’Unità, diteci che è uno scherzo.
Fra l’altro Colonna sente pure il bisogno di ipotizzare che “a un Tenco comunista ortodosso, al di là delle spinte libertarie che venavano il suo essere comunista, il richiamo all’inno della Ddr dove sembrare un tentativo, uno dei tanti, per la costruzione di una canzone popolare che andava perseguendo da anni”.
Popolare come le repubbliche dell’Est?

SANROMOLO

– Povia, vincitore del Festival nel 2006, escluso dalla prossima edizione, ha tuonato: “L’aria che tirava era chiara sin dall’anno scorso: con un governo di centro sinistra c’è un Festival di sinistra…
Sanremo è sempre stato lo specchio del governo”.
Sembra un’esagerazione. Poi si vanno a vedere gli annunci sulle canzoni ammesse e qualche dubbio viene: una parlerà di licenziamenti, una ci delizierà con l’emigrazione, un’altra con “le discriminazioni verso i gay”. Infine la “rivoluzione”.
Chissà come si sentirà “engagé” il pubblico impellicciato di Sanremo. Non sarà un Festival comunista, ma luogocomunista sì.
Ne facciano due edizioni alternate: “Sanromolo” se è al governo una coalizione e “Sanremo” se c’è l’altra (o, per parafrasare il Cavaliere, Sanromolo e Sanremolo).

SANT’EUGENIO

– La lettrice di “Repubblica” Sandra Caggiato scrive al “Venerdì” per elogiare il fondatore del giornale: “Che consolazione mi ha dato sentire Eugenio Scalfari, ospite di Giuliano Ferrara in tv…”.
Questa missiva non poneva domande e non necessitava di risposte. Ma Michele Serra ha voluto rispondere lo stesso: “Ho sentito anch’io quel dibattito. Scalfari mi è molto piaciuto, anche se dirlo in questo spazio rischia di suonare ruffiano”.
Immaginiamo il tormento di Serra, nelle ambasce fra dirlo e non dirlo in quello spazio.
Sarà stato trattenuto almeno qualche minuto dal timore di dare una cattiva impressione… Ma alla fine non ha saputo resistere al bisogno di manifestare il suo entusiasmo per il fondatore. Commovente.

SANTA CLAUS

– Stimo Claudio Magris. Lo ritengo un intellettuale originale e profondo. E figuriamoci se non condivido il suo accorato allarme per la scristianizzazione. Ma non ho capito bene perché – a questo proposito – nell’editoriale natalizio sulla prima pagina del Corriere della sera accusa di questo nientemeno che…. Babbo Natale.

Sì, avete letto bene. Babbo Natale responsabile della scristianizzazione. E perfino di eccessivo ottimismo sulla nostra democrazia. Non capisco.
Sentite cosa scrive Magris: Babbo Natale, col “sorriso giocondo e soddisfatto… è sinistramente allegro, è persuaso e vuole persuadere gli altri che tutto va bene e andrà sempre meglio; che il nostro mondo, la nostra società, il nostro benessere, la nostra democrazia… siano i migliori e gli unici possibili…”.
Non avrà per caso scambiato Babbo Natale con Prodi?

Fonte: © Libero, 8 gennaio 2008