Rubrica 25
MANZONI E LA CAMORRA
Roberto Saviano – intervistato da Fabio Fazio a “Che tempo che fa”, domenica sera – ha raccontato che gli hanno telefonato da un giornale della lontana Mongolia per sapere perché l’Europa è piena di immondizia.
In Italia si pensa che tutta Napoli sia sommersa. In Europa pensano che sia sommersa l’Italia. E dalla Mongolia vedono tutta l’Europa nella monnezza.
Lo strepitoso aneddoto dovrebbe far riflettere tutti.
Saviano è uno scrittore ottimo ed eroico (rischia veramente la vita).
Ha solo 29 anni, ma merita tutto il successo che ha raggiunto con il suo romanzo “Gomorra”: più di un milione di copie vendute in Italia, la copertina di Time, il New York Times che lo incorona fra i grandi scrittori del 2007.
A Fazio ha regalato una perla: “scrivo per difendere la mia anima”.
Il problema è se nel resto del mondo (compresi i meccanismi mediatici) esiste solo l’anima del commercio che induce tutti a fare l’errore del giornalista della Mongolia.
Se camorra e mafie varie – che sono un cancro dalle dimensioni spaventose – rischiano di diventare la nostra rappresentazione esclusiva, occupando tutta la scena, come la monnezza che “invade l’Europa”, è perché il Paese ha perso l’anima.
La traduzione di “Gomorra” in 33 lingue (il romanzo è uscito in 41 paesi) – come è stato detto nella presentazione da Filippa Lagerback – “supera il numero di traduzioni del Manzoni”.
Saviano lo merita e anche lui salva un po’ della nostra anima.
Ma l’anima di questo Paese dov’è? Respira ancora una speranza? I “Promessi sposi”, metafora della storia italiana, contenevano già, anch’essi, una vicenda di camorra.
Ma dentro una storia di redenzione (più grande del boss e dei clan) che infine vince il male, abbattendo i potenti dai troni e innalzando gli umili oppressi.
I Promessi sposi sono parte della nostra anima, come Michelangelo, come il paesaggio toscano, come le nostre chiese e come Vivaldi.
Tuttavia per difendere la nostra anima bisogna esser capaci – come dice Saviano – di ripetere il grido di Giovanni Paolo II ad Agrigento agli uomini della mafia: “Pentitevi! Perché il Giudizio verrà!”.
Ma i cattolici per primi lo fanno?
LA FRETTA DI FURIO
Volendo attaccare il Papa, Furio Colombo sull’Unità del 25 marzo (occhio a questa data) lo accusa di insensibilità verso le altrui religioni.
Una prova? Risponde Colombo: “Il discorso di Bratislava, che ha creato, come si ricorderà, una lunga situazione di imbarazzo”.
Chi lo ricorda questo “discorso di Bratislava” ? E’ come evocare la “caduta del Muro di Nanchino” o “la presa della Pastiglia” del 1789. Forse Colombo avrà voluto dire Ratisbona? Può essere.
Ma Bratislava è stato un lapsus stupendo. Si deve sapere infatti che proprio a Bratislava è accaduto qualcosa di importante, precisamente in quella data, 25 marzo, venti anni prima.
Quel giorno infatti, nella capitale slovacca, fu fatta la prima manifestazione anticomunista non autorizzata.
In dicembre 500 mila cattolici cecoslovacchi firmarono la più grande petizione per la libertà religiosa della storia dell’Est europeo. Quel 25 marzo poi circa 10 mila cattolici dettero vita alla cosiddetta “Manifestazione delle candele”, una marcia non violenta che fu dispersa con la violenza dalla polizia comunista. Un centinaio di manifestanti furono arrestati. Ma fu l’inizio del crollo per il regime.
Non dico che nell’anniversario di quell’evento, venti anni dopo, l’Unità avrebbe dovuto ricordarlo (il comunismo è uno scheletro tuttora sottochiave, nell’armadio), ma almeno da quelle colonne, dalla testata storica del Pci, si poteva evitare di fare prediche sulla tolleranza al papa e alla Chiesa. Da quel pulpito no.
I cattolici stanno ancora aspettando le scuse per quello che hanno subito.
Fonte: © Libero – 1 aprile 2008