Martin peccatore

Andrea Galli sull’Avvenire (28/10) scrive: “E’ curioso a volte il destino. Uno aiuta gli ebrei a sfuggire alla persecuzione nazista e diventa ‘il Papa di Hitler’.
Un altro si propone come guida filosofico-spirituale del Terzo Reich, fa sfoggio di un radicale antisemitismo (…) e diventa il più grande filosofo del XX secolo”.

Questo duro attacco polemico prende spunto da un nuovo libro di Victor Farias, storico e filosofo cileno che già venti anni fa fece scalpore mettendo a tema i rapporti fra Martin Heidegger e il nazismo e che oggi torna a occuparsi del filosofo tedesco con “L’eredità di Heidegger, nel neonazismo, nel neofascismo e nel fondamentalismo islamico” (edizioni Medusa).
Libro che per tanti aspetti non convince.

Vattimo fuggente

Immediata è stata la reazione di Gianni Vattimo che Farias definisce “il più ortodosso heideggeriano italiano” (però di sinistra).
Sulla “Stampa” (29/10) tuona contro “Avvenire”, ammettendo che il filosofo tedesco “fu nazista nel 1933”, ma nega che sia stato “un militante antisemita”.
Secondo Vattimo “il fatto che Heidegger, come tanti intellettuali antifascisti italiani abbia continuato per anni ad avere la tessera del partito” è uno degli “indizi molto poco decisivi” citati da Farias.
Sennonché viene da chiedersi se questo argomento sia una difesa di Heidegger o una velata critica a quegli intellettuali italiani un tempo fascisti e poi antifascisti.
L’indulgenza di cui hanno beneficiato celebri intellettuali italiani, diventati in seguito maestri di antifascismo, può essere evocata per suggerire un analogo trattamento di Heidegger?
Ci si può chiedere se sia stata un’indulgenza eccessiva. E anche se la presa di distanza di Heidegger dal suo passato sia stata così profonda e convincente come la loro.

Cogli il Vattimo

Vattimo cerca di demolire l’attacco di “Avvenire” affermando che è provocato dal desiderio di parte cattolica di difendere Pio XII: “sostenendo che questo Papa fu un sincero oppositore del nazismo e salvatore di ebrei, bisogna contrapporgli qualcuno che faccia risplendere meglio la sua non indiscussa virtù”.
L’argomento di Vattimo appare assai debole, perché la difesa di Pacelli può essere fatta (ed è stata fatta) solo sugli atti da lui compiuti, senza i quali non avrebbe senso alcun paragone.
In secondo luogo per Vattimo “Avvenire” voleva “punire” Heidegger per aver abbandonato il cattolicesimo in cui era nato. Inoltre il quotidiano della Cei – secondo il filosofo – voleva fare una difesa dell’Occidente cristiano “con tanti saluti al terzo mondo e alla teologia della liberazione”.
Cosicchè la difesa vattimiana di Heidegger finisce insieme alla difesa della teologia della liberazione.
A questo punto sarebbe stato sensato aspettarsi da Vattimo, più che una risposta polemica ad “Avvenire”, una seria risposta a Farias. Anche perché nel suo “Non essere Dio”, Vattimo fa una considerazione filosofica e autobiografica molto interessante: “Per quanto possa sembrare incredibile, proprio approfondendo Heidegger si può arrivare facilmente a Marx”. E il capitolo successivo del suo libro infatti inizia così: “Diventare maoista”. Probabilmente Farias potrebbe osservare: “Appunto!”.

Anticristi

Tempo fa una diversa polemica scoppiò su un altro autore un tempo innominabile, Friedrich Nietzsche.
Fece discutere il saggio di Domenico Losurdo sulla rivista letteraria “Belfagor” (30 settembre 2002) dal titolo molto esplicito: “Come si costruisce l’innocenza di Nietzsche. Editori, traduttori e interpreti”.
L’autore metteva sotto esame le traduzioni italiane del filosofo ottocentesco. E pure Vattimo che, a suo avviso, “immerge in un bagno purificatore anche le pagine più inquietanti del filosofo”. Nietzschiano, heideggeriano, marxista e infine pure cristiano. Forse Vattimo è solo e da sempre “vattimista”.

Fonte: © Libero – 4 novembre 2008