I fratelli Castro – una dinastia comunista – tengono sotto il calcagno il popolo cubano da quasi sessant’anni e hanno tanto pelo sullo stomaco da essere sopravvissuti, con il loro regime, al naufragio dell’Urss.

Pure in questi giorni lo hanno dimostrato. Infatti, con il tacito consenso del Vaticano di Bergoglio, hanno trasformato la messa del papa argentino di domenica scorsa in una manifestazione del Partito comunista cubano.

Non solo per la gigantografia di Che Guevara sotto cui hanno posto l’altare (non osarono farlo con Benedetto XVI e con Giovanni Paolo II che fece esporre una grande icona di Cristo): c’è stata proprio la convocazione ufficiale di iscritti e militanti del partito alla messa in piazza della Rivoluzione, all’Avana, come per uno dei comizi fiume di Castro.

Scrive Alver Metalli, giornalista bergogliano e amico personale del vescovo di Roma: “Il Partito comunista cubano ha invitato gli iscritti a partecipare alla messa del Papa in Piazza della Rivoluzione a l’Avana, a quella di Holguín nel Santuario della Virgen de la Caridad del Cobre, e alla messa di Santiago de Cuba prima del commiato di Francesco dall’Isola”.

Non era certo accaduto così con Giovanni Paolo II nel 1998, né con Benedetto XVI nel 2012.

Invece “questa volta” scrive Metalli “l’invito è stato esplicito e perentorio” perché “i comunisti fedeli alla linea del partito… manifestino con calore la loro approvazione”.

L’unica a potersi dissociare – grazie al suo cognome – è stata la stessa figlia di Che Guevara, vetero-comunista pura e dura, per nulla commossa dal ritratto del padre al posto di quello di Gesù Cristo.

Aleida Guevara, militante ultraortodossa, ha dichiarato alla France Press: “Il PCC chiede ai militanti di andare alla messa, di andare a ricevere papa Francesco praticamente come se fosse un compito del Partito. Cosa con cui io non sono completamente d’accordo”.

Ma se i compagni dirigenti hanno preso la decisione di “cammellare” i militanti alla messa come a un comizio una ragione c’è: sapevano che da papa Bergoglio non avevano nulla da temere.

PAPI CATTOLICI

Non fu così con Giovanni Paolo II che, infatti, all’Avana, il 25 gennaio 1998, tuonò: “Alcuni di questi sistemi hanno preteso anche di ridurre la religione alla sfera meramente individuale, spogliandola di ogni influsso o rilevanza sociale. In tal senso, è bene ricordare che uno Stato moderno non può fare dell’ateismo o della religione uno dei propri ordinamenti politici” (principio che vale per gli stati comunisti, ma pure per quelli islamici).

Anche con Benedetto XVI, nel 2012, il Partito comunista cubano sapeva che c’era da temere, infatti già al suo arrivo affermò: “quando Dio è estromesso, il mondo si trasforma in un luogo inospitale per l’uomo”.

E nell’omelia in piazza della rivoluzione prese spunto dalla prima lettura dove “i tre giovani, perseguitati dal sovrano babilonese, preferiscono affrontare la morte bruciati dal fuoco piuttosto che tradire la loro coscienza e la loro fede… nella convinzione che il Signore del cosmo e della storia non li avrebbe abbandonati alla morte ed al nulla. In effetti, Dio non abbandona mai i suoi figli”.

Poi, commentando il Vangelo, ricordò che “la verità rende liberi” e concludeva: “non esitate a seguire Gesù Cristo”.

Ma questi erano papi del “Dio cattolico”. Invece Bergoglio, papa di un Dio che – dice lui – “non è cattolico”, poteva avere, secondo i Castro, una platea di militanti del partito. Infatti non ha detto nulla di scomodo per la dittatura cubana.

Anzi, tutta l’omelia ha riecheggiato temi della retorica comunista come la fratellanza e il servire gli ultimi.

APPLAUSI DEL REGIME

Non c’è stata una sola parola che potesse dar fastidio al regime. I giornali italiani hanno preteso di riferire una battuta di quell’omelia come una vaga critica, ma si tratta di un clamoroso fraintendimento.

Vediamo. Secondo il Corriere della sera il papa nell’omelia “mette in guardia dalle ideologie”. La Repubblica ha titolato: “Servire le persone non le ideologie”. Sulla prima pagina della Stampa si leggeva: “Serviamo le persone non le ideologie”. Il Giornale addirittura: “le ideologie non servono”. E Il Fatto: “Diciamo basta alle ideologie”.

Se in quell’omelia Bergoglio avesse detto queste cose peraltro avrebbe espresso un concetto perfettamente condivisibile da un marxista, dal momento che fu proprio Marx a distruggere il concetto di “ideologia” giudicandolo “falsa coscienza” e a sostenere – nella sua opera “L’ideologia tedesca” – che non si parte dalle idee, ma dagli uomini vivi: “si parte dagli uomini realmente operanti e sulla base del processo reale della loro vita”. Lui ne faceva derivare che dunque anche “la morale, la religione e la metafisica” sono forme ideologiche.

D’altra parte Bergoglio non ha detto ciò che i giornali gli attribuiscono. La sua è stata un’esaltazione dell’attivismo solidaristico che per qualunque militante del Partito comunista cubano suonava solo come una conferma, non certo come una contestazione.

Infatti egli ha invitato a porre “al centro la questione del fratello: il servizio guarda sempre il volto del fratello (…) e cerca la promozione del fratello. Per tale ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone”.

Al Partito un tale concetto va benissimo: è quasi una canonizzazione della militanza socialista. Come si vede non c’è nessun attacco al regime e al marxismo.

Sarebbe stato diverso se papa Bergoglio avesse parlato di “servire Dio”, ma non ne ha parlato. Tanto meno ha messo in guardia dal “servire il partito”. Nulla di tutto questo. Da Bergoglio non si sono sentite nemmeno invettive in difesa dei diritti umani (calpestati anche durante la visita papale con vari arresti). Non si è sentito il Bergoglio indignato del discorso di Lampedusa, né il Bergoglio che da mesi tuona contro il capitalismo come “l’economia che uccide”.

A quanto pare il comunismo non uccide. Sul comunismo cubano (e non solo), sui suoi disastri economici e umani nessuna denuncia. Nulla di nulla. Ma siamo sicuri che il comunismo non uccida?

Forse lo fa all’insaputa di Bergoglio? Il papa argentino sarebbe l’unico sul pianeta a non esserne stato informato…

OMAGGIA I PERSECUTORI…

Anche il magistero dei gesti conferma quello delle parole. Prendiamo l’incontro con Fidel Castro. Giovanni Paolo II, che ottenne preventivamente la liberazione di un centinaio di detenuti, trovò Castro ai piedi della scaletta dell’aereo, dove il tiranno si fece trovare, timidamente, in giacca e cravatta, avendo dovuto rinunciare per l’occasione alla divisa militare.

Benedetto XVI, che nel 2012 arrivò pure lui con una lista di perseguitati da liberare, lo ricevette nella nunziatura apostolica dell’Avana, in segno di rispetto per i fedeli oppressi da mezzo secolo, perché non sembrasse che il Vicario di Cristo rendeva omaggio al tiranno.

Bergoglio invece si è recato nella residenza di Fidel e lì lo ha incontrato: il papa è stato ricevuto da Castro, non il contrario. Un omaggio al dittatore.

…E UMILIA I PERSEGUITATI

Con i giovani poi Bergoglio è stato addirittura imbarazzante. Ha rammentato Gesù Cristo solo alla fine del lunghissimo discorso, marginalmente, dopo tonnellate di vuota retorica sui sogni e sul sognare, sullo “spettegolare” e contro “il dio denaro”.

Ma soprattutto Bergoglio – parlando a giovani cattolici che subiscono l’oppressione del regime – invece di confortare ed elogiare chi eroicamente testimonia la propria fede sotto la dittatura, ha fatto il contrario: ha attaccato quei cattolici che – dice lui – si chiudono “in una conventicola di parole, di preghiere, di ‘io sono buono, tu sei cattivo’, di prescrizioni morali”.

Cioè ha attaccato i cattolici veri, già perseguitati dal regime. E poi li ha invitati alla “cultura dell’incontro” elogiando coloro che collaborano con il “ragazzo comunista” o di altra religione, “lavorando insieme per il bene comune”. Perché “l’inimicizia sociale distrugge”.

In pratica un invito ad arrendersi al regime.

 

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 22 settembre 2015

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