Il “Wall Street Journal” l’ha segnalato giorni fa, ma in Italia ancora non ce ne siamo resi conto. Eppure si tratta di un fenomeno epocale che lascerà il segno per lungo tempo.

Dunque il fatto storico a cui stiamo assistendo da qualche mese è il crollo rovinoso di tutti i partiti tradizionali della Sinistra in Europa e in America.

La sconfitta di Hillary Clinton (insieme a quella, da lei stessa provocata, di Bernie Sanders) negli Stati Uniti ha portato con sé la disfatta del Partito Democratico, anche nelle elezioni dei parlamentari e dei governatori.

E la presidenza Trump ha tutta l’aria di inaugurare un ciclo, come fece la prima presidenza Reagan.

Per restare nel continente americano, anche senza ricordare la scomparsa di Fidel Castro, la destituzione della Presidente del Brasile, Dilma Rousseff segna il collo della sinistra più rappresentativa a livello internazionale (anche in Argentina ha vinto il centrodestra di Mauricio Macrì).

Quello europeo poi è un panorama di rovine per i partiti tradizionali della Sinistra. In Gran Bretagna i laburisti di Corbyn, già male in arnese, sono stati “asfaltati” dal referendum sulla Brexit.

In Italia il Partito Democratico – perfino nella sua versione più accattivante, quella di Matteo Renzi – si trova ora a pezzi e si sta leccando le ferite dopo la disfatta del referendum di domenica.

In Francia la presidenza di Hollande è stata così disastrosa che l’uscente nemmeno è stato ricandidato e si prospetta un match fra i gollisti di Fillon e il Front National di Marine Le Pen. Gli elettori di sinistra si troveranno a scegliere fra la Destra e il Centrodestra.

In Germania la prospettiva dei socialdemocratici è egualmente cupa e la partita elettorale prossima ventura sembra essere fra la democristiana Angela Merkel (che pure è reduce dal tracollo elettorale in Meclemburgo-Pomerania) e la destra di Frauke Petry che ha il vento in poppa.

La Merkel per recuperare terreno sta correggendo in modo vistoso (verso destra) la sua precedente politica di apertura sull’emigrazione.

In Spagna e in Grecia i partiti socialisti sono in stato comatoso (ridotti ai minimi termini) e le due alternative di sinistra nate contro di loro hanno fatto flop. Infatti Podemos ha perso l’occasione e Alexis Tsipras – che per un attimo sembrò il simbolo dell’opposizione alla Trojka – è diventato un suo fidato esecutore. Come il socialista Antonio Costa in Portogallo.

In Austria alle presidenziali i candidati dei socialisti e dei popolari sono stati eliminati dal ballottaggio che ha visto il match fra il candidato della Destra Norbert Hofer e il verde Alexander van der Bellen (poi risultato vincitore). In tutto l’Est europeo – poi – i partiti di sinistra sono allo sbando.

LE CAUSE

La Sinistra tradizionale crolla per molti motivi, ma anzitutto per come ha gestito questa prima devastante fase della globalizzazione, quella che va dal 1990 al 2015 (in questo quadro va collocata anche l’Unione europea e l’operazione “moneta unica”).

Questo primo tipo di globalizzazione – che porta l’impronta della presidenza di Bill Clinton – ha inserito di colpo la Cina nel commercio mondiale e – con un gigante che ha un’immensa capacità di produrre sottocosto e senza garanzie sociali – l’industria occidentale è stata messa fuori mercato o indotta alla delocalizzazione.

Cosa che ha impoverito il ceto medio e i ceti popolari di Europa e America, facendo esplodere la disoccupazione.

A questo va aggiunta una finanziarizzazione selvaggia che si è mangiata l’economia reale e che ha prodotto una montagna di bolle speculative, cosicché nel 2008 il mondo si è trovato sull’orlo della bancarotta e da lì è iniziata la peggiore crisi economica dai tempi del crollo di Wall Street nel 1929.

In questo ventennio della prima globalizzazione, col dominio della finanza, masse immense di capitali si sono sottratte ai confini degli stati, spostandosi ai quattro angoli del mondo in un secondo grazie alla nuova tecnologia, così avendo alla propria mercé stati e popoli (capitali senza nazione e nazioni senza capitali).

Ma quest’epoca è stata anche fortemente ideologizzata: si è imposta un’ideologia mondialista che ha preteso di cancellare tutte le identità.

Tutto doveva essere anonimo come il denaro, tutte le frontiere dovevano essere abbattute, per la circolazione del denaro, delle merci e delle masse di persone che sono “l’esercito industriale di riserva” di cui parlava Marx.

I popoli sono stati ridotti a merce, eventualmente anche da spostare in blocco da un continente all’altro. E la stessa Europa è stata ridotta alla sua moneta (unica).

MONDIALISMO

L’ “identità” in quanto tale è diventata una parola moralmente deplorevole, squalificata come “nazionalismo”, “protezionismo” e perfino “xenofobia”, sia quando si è posto il problema dell’identità dei popoli con l’ondata emigratoria (specialmente islamica), sia quando i popoli europei si sono trovati sotto il rullo compressore della Ue che impone un’unica tecnocrazia come governo di nazioni che hanno storie, sistemi, economie e tradizioni diverse.

Perfino l’identità sessuale è diventata fluida e l’Agenda Obama ha imposto in tutto l’Occidente un nuovo concetto di “genere” e di “famiglia” che non si ricorda in tutta la storia delle civiltà antiche e moderne.

Le Sinistre si sono saldate con un certo potere finanziario internazionale, barattando i tradizionali diritti sociali per cui si battevano un tempo, con i cosiddetti nuovi diritti civili e con la retorica delle minoranze. Dunque tutti insieme – Sinistre e grande capitale – sotto il segno del “politically correct”.

Al fallimento economico iniziato con la crisi del 2008, ancora dilagante, ha fatto seguito il fallimento politico dovuto alla ribellione dei popoli di questi mesi (la Brexit e la vittoria di Trump – ma anche la Renxit – sono gli eventi simbolici più forti).

OLTRE LA SINISTRA

Adesso a questo fallimento un centrodestra liberale e cristiano può dare una risposta costruendo una proposta politica che ascolti il bisogno dei popoli, i quali oggi chiedono fondamentalmente “protezione” e “sicurezza”.

Infatti oggi tutto è diventato incerto e irraggiungibile: il lavoro dei giovani come la pensione per gli anziani, la sicurezza delle proprie case (spesso minacciate al Nord Italia da bande criminali) come la sicurezza delle cure in caso di malattia, la sicurezza dei risparmi in banca e la sicurezza dei propri confini, ormai travolti da un’ondata migratoria non controllata e non governata.

In questa situazione bisogna imparare da Trump sia per l’abbattimento della pressione fiscale sia per i grandi investimenti in infrastrutture che rimettano in moto l’economia.

E bisogna imparare anche da Putin (oltreché da Trump) perché una società gravemente dissestata (com’era quella russa dopo il crollo del comunismo e com’è quella nostra dopo il fallimento della globalizzazione) ha bisogno di ancorarsi a forti valori spirituali, alle proprie radici e alla propria identità.

Perché un albero senza radici frana alla prima forte tempesta.

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Antonio Socci

Da “Libero”, 9 dicembre 2016

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