Due episodi di autolesionismo a margine del Meeting di Rimini: come si può screditare un’eccezionale avventura politica e come si rischia di affondare un meraviglioso movimento ecclesiale…

1. CAVALIERE, MI CONSENTA, LEI ESAGERA

“L’uomo della provvidenza”? Casomai don Giussani avrebbe definito Berlusconi “l’uomo della previdenza” (il suo primo governo cadde proprio sulla riforma delle pensioni). Ma penso che non abbia detto nulla di simile. A differenza del Cavaliere il sacerdote lombardo sapeva bene che quella era l’infelice formula che fu usata per Mussolini. E che nessuno vorrebbe sentirsela dire (perché Mussolini era un dittatore e perché fece una brutta fine). A Berlusconi invece quella formula sembra piacere. E’ diventato autolesionista? E’ qui che si apre il problema politico: quale consulente per l’immagine si è trovato? E’ come se Michele Serra e Marco Travaglio sotto mentite spoglie si fossero insinuati al fianco del Cavaliere inducendolo a fare continui, clamorosi e compiaciuti autogol. L’autoironia è benvenuta, ma Tafazzi è sconsigliato. Il leader azzurro sembra preso dalla smania di immedesimarsi proprio con le perfide caricature che costoro da anni fanno di lui. A Rimini ha esagerato, anche se favorito da una conduzione del Meeting un po’ sciamannata (non scostumata come mi ha fatto dire La Stampa). Memorabile è stata l’esibizione della folta chioma trapiantata a cui ha dedicato più parole e più entusiasmo di quanto abbia trovato, appunto, per il ricordo di don Gius o per i temi cari a quella platea cattolica. Per non dire della barzelletta sulla guerra e la pace che dice di aver raccontato alla Casa Bianca con un Bush cupo e irritato che sbottava contro Saddam.

Ora, noi sappiamo bene che i Serra e i Travaglio hanno torto, che sono accecati dal pregiudizio, sappiamo bene che Berlusconi non è stato un “dittatore” come Mussolini (non ha impiantato un regime), né è un barzellettiere finito a Palazzo Chigi e sappiamo bene che non si può ridurre a una macchietta ossessionata dai lifting e dalla calvizie, ma che invece ha rappresentato e rappresenta uno straordinario fenomeno politico (lo riconoscono anche i suoi avversari). Però se poi è lui stesso che va ad evocare Mussolini, a proporsi come barzellettiere sulla scena internazionale e a esibire ai quattro venti la rinfoltita criniera, allora cadono le braccia.

Le elezioni hanno segnato una catastrofe: la sconfitta, la cacciata del centrodestra dal governo e pure dalle istituzioni. Per due mesi si è aspettato un qualche ragionamernto politico del leader, l’indicazione di una strategia, di una strada da percorrere. Ma niente di niente. Neanche un straccio di convocazione degli organi dirigenti di Forza Italia (se ci sono). Ha soltanto insultato Casini salvo poi seguirne le intuizioni politiche obtorto collo.

Poi è arrivata l’estate, la prima senza incarichi di governo e il Cavaliere sembra averla vissuta recitando un copione tratto dal settimanale satirico “Cuore”. Un giorno se n’esce fuori con l’idea di nominare Mara Carfagna portavoce di Forza Italia al posto di Elisabetta Gardini: sembrava veramente un titolo di “Cuore” e sembrava parlasse delle annunciatrici di Mediaset. Qualche giorno dopo il Nostro viene segnalato dai giornali a Marrakech, in Marocco, dove si è recato in comitiva per festeggiare i 50 anni della moglie e ha pensato – alla bella età di 70 anni – di travestirsi da berbero, circondato da beduini danzanti, per regalare alla consorte – sorpresa da quella messa in scena – una collana di diamanti.

Non si può dire che gli manchi l’allegria, ne sono lieto per lui, ma in una estate in cui eravamo tutti bombardati da inquetanti notizie di guerra e tutto il mondo stava in ansia, tanta spensieratezza in un uomo che dovrebbe rappresentare metà del popolo italiano e ambisce a tornare alla guida del governo, stupisce. C’è chi ha parlato di colpi di genio, chi ha colto il rischio di colpi di sole, c’è chi ha evocato l’italiana in Algeri e chi le facezie di “Totò le Mokò” (quello della celebre battuta: “questa è una casbah di matti!”).

Poi è arrivata l’ “estate sarda” e qui il Cavaliere ha impazzato. Sono noti e strabilianti i ritmi di lavoro del Berlusca, dall’aurora a notte fonda: ritmi forsennati, instancabili, generosissimi e certo il successo che ha conseguito in tutti i campi si deve a questa sua stupefacente laboriosità. Dunque merita tutta la comprensione quando dice “è la prima serata di svago che mi concedo dopo dodici anni di duro lavoro”.

Viene solo da chiedersi – sommessamente – se uno statista, come lui è ancora, doveva proprio trascorrerla al Billionaire, paradiso di vip, paparazzi e tamarri dove non si va certo per passare inosservati. E ci si chiede pure se era il caso, nelle sere successive, di diventare il reuccio delle notti smeraldine, con esibizioni canore al fianco di Apicella, feste barocche con finti vulcani in eruzione, veline, danze e giochi di seduzione, baldoria e risate.

Siccome Berlusconi è un genio della comunicazione è assolutamente da scartare l’idea che sia incappato per caso, involontariamente, in una simile mirabolante estate mondana: si può star certi che è una precisa scelta di comunicazione (in ogni caso, non essendo un’estate privata, ma trascorsa in pubblico, davanti alle telecamere e ai flash, è per forza una scelta politica da parte di un leader che rappresenta metà del Paese).

Allora bisogna provare a darne una lettura mediatico-politica. Una simile esibizione di sfarzo esotico e di spensieratezza mondana sedurrà l’immaginario degli italiani e delle italiane, rinnovando l’illusione che la vita sia quella chiassosa sarabanda che si vede in tv, o sarà derubricata fra le bizzarrie dei miliardari lontani anni luce dalla vita delle persone normali? Non appare devastante – se vogliamo buttarla in politica – il confronto con le vacanze di Prodi, tipiche ferie da italiano medio (a Castiglion della Pescaia), con moglie, pantofole e bicicletta? Sarà grigio – il suddetto Prodi – ma temo che appaia alla gente molto più rassicurante e affidabile. Sarà anche la noia, come dice Vittorio Feltri, ma siamo proprio sicuri che alla fine gli italiani non preferiscano la rassicurante noia democristiana a una spericolata sarabanda mondana? E come si concilia il richiamo che proprio Berlusconi fa a De Gasperi (per le scelte atlantiche) e a don Sturzo (per la cultura liberale e cattolica), campioni di sobrietà e di riservatezza, con il can can da Moulin Rouge?

Certo, il Cavaliere danzante, cantante, in veste da tuareg, con bandana può far simpatia se confrontato alla boria e all’arroganza dello stile D’Alema. Ma forse dovrebbe anche pensare che non sta concorrendo alla vittoria sull’Isola dei famosi, ma alla guida di un grande Paese. Dovrebbe pensare che rischia di svalutare l’immagine del suo quinquennio di governo, che ha espresso una politica assai migliore degli avversari, sia sull’economia che nella politica estera. Certo – mi si obietterà – anche negli anni di governo il premier aveva avuto dei momenti semigoliardici, come le famose corna fatte mentre si scattava la foto celebrativa con tutti i premier europei. Forse ha ragione Giuliano Ferrara secondo il quale Berlusconi rappresenta una rivoluzione futurista anche nello stile, che mette in soffitta l’Italia parruccona e antimoderna. L’intelligenza dell’imprenditore di successo è da preferire all’ottusità delle burocrazie. Ma attenti a non esagerare altrimenti la distanza fra don Sturzo e don Lurio rischia di ridursi pericolosamente.

Antonio Socci

(C) “Libero” , 29 agosto 2006

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2. RONDONI E I BOMBOLONI…

Davide Rondoni, dello stato maggiore di CL (sarebbe anzi la parte intellettuale di tale stato maggiore), nei giorni scorsi su un giornale ha definito (seriamente) la fede cristiana “un bombolone” (complimenti per la metafora: siamo alla grande poesia…): fuori la pasta (la Compagnia delle opere) e dentro la crema (Gesù). Non contento di questa geniale immagine(che ha fatto trasalire perfino Gigi Amicone) Rondoni ha voluto rispondere, su Avvenire (29.8.1006), alle tante osservazioni uscite sui giornali liquidando i critici come “menagrami”. Registriamo divertiti che per la prima volta sul giornale della Cei fa la sua comparsa ufficiale la superstizione (a quando i ferri di cavallo e i cornetti di corallo?). Ma ci chiediamo anche se veramente, di fronte a osservazioni civili e argomenti seri, la risposta che viene dallo stato maggiore ciellino (che pure si proclama dialogante con tutti) è quella di Rondoni (“Il menagramo… basta non ascoltarlo, un gesto e via”). Chi come noi segue don Giussani per amore e per passione (e non per mestiere) dubita fortemente che don Giussani avrebbe risposto con quel “gesto” cui allude Rondoni. Fra i menagrami a cui ha alluso Rondoni c’è il giornale Europa. Nota bene: è il giornale della Margherita. Proprio verso la Margherita il Meeting aveva tentato importanti approcci. Aveva chiamato a fare addirittura l’apertura il presidente Marini, aveva invitato Rutelli e la Binetti. Ora, di fronte all’articolo del giornale della Margherita (sia pure pungente), la risposta può essere quella di Rondoni? E’ con il noto gesto scaramantico che l’attuale leadership ciellina spalanca la ragione all’infinito? Se a questo fossimo veramente ridotti vorrebbe dire che siamo alla frutta. Spero che non sia così. Per capire e dialogare ripropongo qua sotto l’articolo di Europa.

a. s.

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3. Rimini addio. Cl non c’è più

di ch.g.

Bisognerà cominciare a ri?ettere su quello che sta succedendo dentro Comunione e liberazione. Il problema, sia chiaro, non sono i ?schi alla Binetti o la contestazione a Rutelli: ognuno applaude o ?schia chi crede e i politici a queste cose ci devono fare il callo. Il problema, e l’accoglienza da stadio a Berlusconi ne è solo uno degli indicatori, è che il movimento sembra aver perso l’anima.

Il dubbio, purtroppo occorre dirlo, è che Cl intesa come realtà ecclesiale che spesso è stata segno di contraddizione nella comunità cristiana ma mai è stata una presenza vuota o banale, non sia sopravvissuta al suo fondatore e capo carismatico, a don Giussani.

La platea del Meeting, alla ?ne, ha reso questa impressione: quella di un movimento smarrito, nervoso, pronto a evocare fantasmatici in?ltrati, claques al soldo di chissà chi. Un’assemblea facile agli sbandamenti ?no all’autolesionismo, che oscura il Meeting e i suoi ospiti e i suoi contenuti con le proprie ondate emotive. Che reagisce sempre con la pancia (come ha detto uno dei suoi capi nel tentativo di ridimensionare i ?schi alla Binetti) e alla ?- ne ne resta prigioniera. Talmente alla ricerca di un leader da ?nire per osannare, com’è successo ieri, uno che non è nemmeno un ateo devoto alla Pera o alla Ferrara, un più o meno credibile difensore dei valori in cui Cl ha sempre creduto. No, ieri il Meeting è impazzito per Berlusconi.<>r Che gli mostrava la nuca per far vedere com’è venuto bene il trapianto, che raccontava del suo bellissimo giocattolo il vulcano arti?ciale, che annunciava che il Milan non comprerà Ronaldo: per inciso, proprio al Meeting, una volta il Cavaliere disse che il Milan non avrebbe comprato Nesta, poi qualche giorno dopo lo comprò. Ognuno applaude chi gli pare, ma bisognerebbe almeno che si capisse perché.

(C) EUROPA 26 AGOSTO 2006

Fonte: AntonioSocci.it

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