Al Direttore,
vedo che al Foglio c’è chi mi prepara un rogo per le mie ironiche considerazioni sulla mitizzazione di don Chisciotte al Meeting di quest’anno (che l’anno prossimo forse si chiamerà Meeting per l’amicizia fra i poli). Tutto bene, ma neanche chi ha il paraocchi dovrebbe attribuire all’eretico (per bruciarlo a dovere) idee non sue. La lettrice Testa giovedì sostiene che avrei criticato “il brano scelto come titolo della manifestazione”. Falso: ho scritto e ripetuto che il brano è bellissimo e il tema della libertà dovrebbe essere approfondito assai di più. Ieri poi Ricciardi mi fa passare per un demolitore dell’opera di Cervantes lodata nel Miguel Manara. Falso anche questo: è una pietra miliare. Molto importante. Ma è Cervantes stesso che ridicolizza quel povero matto, ne fa una caricatura. Quello che contesto, come hanno capito quasi tutti, è l’idea ingenua venuta a qualcuno del Meeting di fare di un imbecille che si mette una scodella in testa e insegue sogni un modello da imitare. Almeno per i cristiani mi sembra assurdo (come infatti dirà il don Chisciotte rinsavito nella fine del romanzo). Non a caso Don Giussani non ha mai parlato così del cavaliere dalla triste figura. Anzi non ne ha mai parlato proprio. Così come Julian Carron, nella sua splendida lezione di lunedì: né l’ha proposto come modello, né l’ha mai rammentato. Chiedo a certi ciellini: ci sarà un motivo?

antonio socci

Fonte: © il Foglio – 26 agosto 2005

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