IL CORRIERE DELLA SERA, STALIN, HITLER… E I (POST?) COMUNISTI
Post ed ex comunisti si nascondono dietro alle parole. Dal 1989 hanno censurato la parola “comunismo” sostituendola sempre – quando devono parlarne – con “stalinismo”. Come se a fare il male fosse stato solo Stalin. In realtà tutti i regimi comunisti, ad ogni latitudine, sono stati (e sono) inferni dittatoriali.
D’altronde Stalin fu pur sempre l’idolo, il padre-padrone del Pci di Togliatti. Alla sua morte l’Unità titolava: “Stalin è morto. Gloria eterna all’uomo che più di tutti ha fatto per la liberazione e per il progresso dell’umanità”.
Per cui la sinistra deve anche evitare che egli venga accostato a Hitler per non dover rinnegare tutta la propria storia. Così deviano talora il discorso dal giudizio morale alla valutazione storica (ma solo per lui). Un esempio?
L’11 luglio Luciano Canfora ha firmato una pagina culturale sul Corriere della sera dedicata al volume curato da Michele Ciliberto, Sulla libertà (Edizioni della Normale), relativo al dibattito del 1954-1955 fra Palmiro Togliatti e Norberto Bobbio.
Canfora scrive trionfalmente: “Storicismo e realismo portano Bobbio a formulare, sia pure in una lettera privata (…) un giudizio storico su Stalin e la sua opera fondato sul rifiuto netto dell’incolta equiparazione con l’hitlerismo”.
Non stupisce Canfora che, nel 1994, su Limes, già firmava un saggio intitolato: “Grandezza di Stalin e miseria di Gorbacev”. Ma sorprende il Corriere perché l’equiparazione fra Hitler e Stalin è tutt’altro che “incolta”. Del resto è diretto da Luciano Fontana che arriva, guarda caso, dell’Unità e ha come editorialista Walter Veltroni.
Uno dei primi a equiparare comunismo e nazismo fu il grande scrittore russo Vasilij Grossman. In Vita e destino un ufficiale delle SS, in un lager tedesco, dice al prigioniero russo, il bolscevico Mostovskoj: “Quando io e lei ci guardiamo in faccia è come se ci guardassimo allo specchio. È questa la tragedia della nostra epoca… odiando noi odiate voi stessi… voi avete ucciso milioni di persone, e gli unici ad aver capito che andava fatto siamo stati noi tedeschi!”
E poco dopo: “Due poli! Proprio così! Siamo i vostri peggiori nemici, è vero. Ma se noi vinciamo, vincete anche voi. E se anche vinceste voi, noi saremmo spacciati, sì, ma continueremmo a vivere nella vostra vittoria. È una sorta di paradosso: se perdiamo la guerra, la vinciamo e ci sviluppiamo in un’altra forma pur conservando la nostra natura… Ci sono due grandi rivoluzionari al mondo: Stalin e il Führer”.
Grossman comprese la natura del fenomeno totalitario e pose la “comparazione fra nazismo e comunismo al cuore stesso della sua opera”, ha scritto Adriano dell’Asta.
Il quale poi fa notare che lo scrittore è al di sopra di ogni sospetto: “Grossman è un russo di origine ebraica che ha avuto una parte della famiglia, compresa la madre, massacrata dalle squadre speciali al seguito degli eserciti nazisti in Unione Sovietica; come corrispondente del giornale La Stella Rossa, organo ufficiale del ministero della difesa sovietico, è stato tra i primi giornalisti a poter entrare in un campo di stermino nazista e ha scritto un testo, L’inferno di Treblinka, che è stato utilizzato dalla delegazione sovietica come materiale informativo durante il processo di Norimberga”, infine ha scritto “un libro di documentazione sui crimini nazisti, un’opera che poi Stalin ha bloccato nella follia antisemita che ne ha preceduto la morte, ma che resta ancora oggi una delle raccolte più impressionanti su questo tema”.
Grossman è “incolto”? O è un’autorità?
Antonio Socci
Da “Libero”, 20 luglio 2025