Che spettacolo. Ogni giorno valanghe di fango, da quei cannoni che sono i mass media e i potenti di questo mondo, contro la Chiesa. Ogni giorno oltraggi, calunnie, dileggi. E lei, bella, dolce, inerme, indifesa che subisce cercando – come una madre premurosa – di proteggere i suoi figli più piccoli dallo scandalo continuo. Come si fa a non amare questa Chiesa, così vulnerabile, indifesa, così umanamente povera da rendere evidentissimo che è sorretta dalla presenza formidabile di un Altro. Altrimenti mai avrebbe potuto arrivare al XX secolo e abbracciare il mondo intero e continuare a far innamorare tanti cuori di quel volto. Del Salvatore.

Lei, la Chiesa di Cristo, la Santa Chiesa, che ha subito fin dalla sua nascita le più feroci persecuzioni e che nel XX secolo ha dovuto sopportare il più oceanico macello della sua storia (45 milioni di credenti che hanno perduto la vita, in modo diretto o indiretto a causa della loro fede: dati provenienti da Oxford non dal Vaticano), lei che è stata perseguitata a tutte le latitudini, sotto tutti i regimi (da quello della Cina dei Boxers di inizio secolo, a quello massonico messicano, da quelli comunisti a quelli nazisti e fascisti fino a quelli pagani e a quelli islamici), lei che ha subìto il primo genocidio del Novecento, quello degli armeni. Ma non interessano a nessuno i morti cristiani, le suore rapite, i missionari uccisi i cristiani cacciati da tanti Paesi. E’ forse interessato a qualcuno il lungo genocidio consumatosi a Timor Est o quello ventennale del Sudan ad opera del regime jihadista contro i cristiani del Sud, con due milioni di morti, quattro milioni di profughi e centinaia di migliaia di donne e bambini catturati e venduti come schiavi al Nord? A nessuno. Se ne accorse il New York Times nel 1998.

Ma Gesù lo aveva detto: “Vi mando come agnelli in mezzo ai lupi”, “hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi”, “diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia”, vi trascineranno davanti ai loro tribunali, vi tortureranno, vi metteranno a morte. Infatti non ci si è accontentati di macellare i cristiani: li si vuole anche infangati, disonorati. Anche quando loro – vittime di tutte le ideologie totalitarie – si sono presi cura, pressoché da soli, di altre vittime come i loro fratelli ebrei, anche quando il Papa Pio XII con migliaia di preti e suore, a rischio della loro stessa vita (vedi padre Kolbe), minacciati loro stessi di morte, hanno salvato centinaia di migliaia di poveri ebrei braccati da quell’ideologia pagana che già faceva strage di cattolici polacchi, anche dopo questa immensa e commovente impresa – che dopo la guerra fece sgorgare i più sinceri ringraziamenti dei maggiori esponenti del mondo ebraico e dei tanti salvati (anche esponenti politici avversi alla Chiesa) – anche dopo un evento del genere in cui la Chiesa pressoché da sola (come scrisse Albert Einstein) si oppose al Satana pagano hitleriano, anche dopo ciò alla Chiesa tocca l’onta dell’accusa di razzismo, ideologia biologista che è l’esatto opposto del cattolicesimo e che è nata proprio in odio al cristianesimo…

Ma questa sembra essere la sua sorte: la stessa di Gesù. L’odio del mondo. La mano assassina non è arrivata a colpire perfino il Papa stesso in piazza San Pietro? E già sul suo predecessore, Pio XII, non gravava un progetto di deportazione da parte dei nazisti? E un altro predecessore non era stato già deportato, 150 anni prima, da Napoleone?
Del resto perfino nella democrazie – se proprio non vogliamo ricordare il bagno di sangue cristiano che fu la Rivoluzione francese o le feroci persecuzioni della conquista piemontese (più di 60 vescovi italiani arrestati o esiliati, migliaia di frati e suore cacciati dai loro conventi e la Chiesa espropriata di tutto) – perfino nelle democrazie, dicevo, la Chiesa è odiata, perseguitata.

C’è qualcuno che ricordi come nella Inghilterra madre della democrazia (quella che proprio dalla Chiesa aveva imparato da democrazia con la Magna Charta) oggi, a 500 anni dalla svolta anglicana (imposta da un re tiranno) è ancora proibito a un cattolico diventare cancelliere? Blair ha dovuto aspettare, a dare la notizia della sua conversione, di aver perduto la carica. Pensate se vigesse un’analoga proibizione – che so – per gli atei o gli ebrei, o gli islamici…

E perfino negli Usa si è dovuto aspettare duecento anni perché un cattolico, nel 1960, diventasse presidente americano. E quante rassicurazioni dovette dare Kennedy, attaccato proprio in quanto cattolico che – come tale – non doveva andare alla Casa Bianca (in ogni caso fece subito una brutta fine e nessun cattolico più ci è tornato).

Ma, si sa, è proibito guardare la storia per quello che è. Sempre e solo sul banco degli accusati devono stare i cattolici. Ciononostante la Chiesa non fa mai vittimismo, non polemizza, non si perde in discussioni e controversie. Addirittura per volere di quel grandissimo Papa che è stato Giovanni Paolo II, che pure aveva provato sulla sua pelle sia la persecuzione nazista, che quella comunista e infine le pallottole di Ali Agca, arrivò quel gesto inaudito, stupendo che fu il grande “mea culpa” dell’Anno Santo: dalla Chiesa di Roma, che avrebbe avuto tutti i titoli, alla fine del Novecento, per puntare il dito su tutti i poteri e le ideologie del mondo che l’avevano straziata, venne questo struggente atto di umiltà, perché il mondo sapesse, capisse, che ai cristiani non interessa rivendicare meriti, né interessa aver ragione, ma – riconoscendosi peccatori, ultimi fra gli uomini e veramente indegni del dono che hanno avuto da Dio – a loro interessa solo indicare quel volto bellissimo che ci salva, in cui Dio si è fatto carne ed è venuto a salvarci.

Con il cui amore (cantato attraverso duemila anni di bellezza dagli artisti cristiani) hanno insegnato all’umanità a prendersi cura dei sofferenti, dei derelitti, coprendo il mondo di opere di carità e di ospedali. E ancora oggi, come sempre, la Chiesa quasi da sola, sentendo tutti gli uomini come suoi figli (anche coloro che la odiano), premurosamente fa sentire la sua voce contro l’immane massacro delle vite più indifese e innocenti (un miliardo in 40 anni), contro le risorgenti ideologie della morte, contro l’orrore della fame, dell’industria della guerra, contro l’odio che dilania i cuori e il mondo, contro tutte le violenze.

Ma ancora una volta la Chiesa è per questo vilipesa, oltraggiata, infangata, derisa (ora accusata falsamente di tacere, ora accusata dagli stessi di parlare: sempre in ogni caso odiata). Che spettacolo! Come si fa a non accorgersi che è veramente una cosa dell’altro mondo in questo mondo. E’ divina. Così la considerò uno dei suoi persecutori, arrivato alla fine della vita, nell’esilio di Sant’Elena, Napoleone Bonaparte: “Tra il cristianesimo e qualsiasi altra religione c’è la distanza dell’infinito. Conosco gli uomini e vi dico che Gesù non è (solo) un uomo…”.

I pensieri del Bonaparte, riportati in “Conversazioni religiose” (Editori riuniti), sono di questo tenore: “Tutto di Gesù mi sorprende. Il suo spirito mi supera e la sua volontà mi confonde. Tra lui e qualsiasi altra persona al mondo non c’è possibilità di paragone. E’ veramente un essere a parte… E’ un mistero insondabile… Cerco invano nella storia qualcuno simile a Gesù Cristo o qualcuno che comunque si avvicini al Vangelo… Nel suo caso tutto è straordinario…. Anche gli empi non hanno mai osato negare la sublimità del Vangelo che ispira loro una specie di venerazione obbligata! Che gioia procura questo libro!”. “Dal primo giorno fino all’ultimo, egli è lo stesso, sempre lo stesso, maestoso e semplice, infinitamente severo e infinitamente dolce… Che parli o che agisca, Gesù è luminoso, immutabile, impassibile…”. “Gesù è il solo che abbia osato tanto. E’ il solo che abbia detto chiaramente e affermato senza esitazione egli stesso di sé: io sono Dio…”.

Napoleone constata il suo potere divino nei fatti storici: “Voi parlate di Cesare e di Alessandro, delle loro conquiste e dell’entusiasmo che seppero suscitare nel cuore dei soldati” osservava Napoleone “ma quanti anni è durato l’impero di Cesare? Per quanto tempo si è mantenuto l’entusiasmo dei soldati di Alessandro?”.

Invece per Cristo “è stata una guerra, un lungo combattimento durato trecento anni, cominciato dagli apostoli e proseguito dai loro successori e dall’onda delle generazioni cristiane. Dopo san Pietro i trentadue vescovi di Roma di Roma che gli sono succeduti sulla cattedra hanno, come lui, subito il martirio. Durante i tre secoli successivi, la cattedra romana fu un patibolo che procurava sicuramente la morte a chi vi veniva chiamato… In questa guerra tutti i re e tutte le forze della terra si trovano da una parte, mentre dall’altra non vedo nessun esercito, ma una misteriosa energia, alcuni uomini sparpagliati qua e là nelle varie parti del globo e che non avevano altro segno di fratellanza che una fede comune nel mistero della Croce… Potete concepire un morto che fa delle conquiste con un esercito fedele e del tutto devoto alla sua memoria? Potete concepire un fantasma che ha soldati senza paga, senza speranza per questo mondo e che ispira loro la perseveranza e la sopportazione di ogni genere di privazione?… Questa è la storia dell’invasione e della conquista del mondo da parte del cristianesimo… I popoli passano, i troni crollano e la chiesa rimane! Quale è, dunque, la forza che mantiene in piedi questa chiesa, assalita dall’oceano furioso della collera e dell’odio del mondo? Qual è il braccio, dopo diciotto secoli, che l’ha difesa dalle tante tempeste che hanno minacciato di inghiottirla?”

Antonio Socci

(Libero, 3 febbraio 2009)

SIAMO STATI ABBANDONATI?

Signor Direttore,
ho letto le sue considerazioni di questi giorni sulle vicende della Chiesa. E la ringrazio. Mi ha fatto pensare che un giorno don Luigi Giussani al ritorno da un pellegrinaggio a Nazaret e nei luoghi dove Gesù visse, ripensando, commosso, a quelle povere pietre, a quei buchi nel tufo che furono la casa dove il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo, trascorse l’infanzia e la giovinezza, diceva: “Quello che ci si porta via da quei luoghi è il desiderio, lo struggimento, che la gente si accorga di quanto è accaduto. E invece quello che è accaduto sembra sia oggi possibile cancellarlo così come si cancella con un piede una lettera sulla sabbia, una lettera sulla sabbia del mondo. Ma questo avviene proprio perché ciò che è accaduto è una proposta alla libertà dell’uomo e perché sia chiaro che la potenza è di Dio”. (Luigi Giussani, “Sulle tracce di Cristo”).

Per questo commuove l’ennesima tempesta che è stata scatenata contro la Chiesa Cattolica. Perché essa, la nostra Madre bellissima coperta di fango (fango che talora noi suoi figli indegni, non lei, abbiamo meritato per i nostri peccati) sembra così fragile, senza difesa, come sembra fragilissima la storia di Gesù, tanto da poter essere spazzata via. Cosicché non si spiega, in termini umani, come faccia la fragilità inerme di questa storia ad aver attraversato duemila anni di feroci persecuzioni, di odio, di aggressioni, di infamie (e portando per duemila anni anche il peso dei nostri peccati e dei nostri tradimenti). Non si spiega, umanamente, come abbia fatto a investire noi, dopo duemila anni, questo stupore per il volto di Gesù che conquista i nostri cuori e il mondo. Oggi come allora. Esattamente come capitò a Giovanni e Andrea sul greto di quel fiume quando videro in faccia Gesù, per la prima volta, e il loro cuore sobbalzò. Il cristianesimo è questo stupore che passa di volto in volto, attraverso i millenni.

A volte noi stessi, cristiani, disperiamo che quel bambino così fragile in cui Dio si è manifestato a Betlemme, macellato poi, da adulto, a Gerusalemme, possa davvero vincere. E’ troppo bello per essere vero, diceva Sartre e così ripete pure il nostro scetticismo. Sembra così inerme davanti ai tutti i poteri del mondo e alle tenebre del Male. Sembrava così vulnerabile duemila anni fa davanti ai potenti, come sembra inerme e fragile la voce della Chiesa oggi davanti ai poteri di questa epoca.

Se guardiamo il mondo, il suo violento disfacimento, la sua ferocia, sembra che Lui sia stato sconfitto da tempo, sembra che non sia più presente, che tutto sia stato abbandonato da Dio, che corra verso la rovina. E allora, come la piccola Giovanna d’Arco del poema di Charles Péguy, ci viene lo struggimento di ricordare quando Lui era qui tra noi, Lui, potente e buono. E con questo struggimento pensiamo ai nostri fratelli ebrei che sono stati storicamente testimoni di Lui e a quei dodici che sono stati le fondamenta della Chiesa. Ecco cosa Péguy fa dire a Giovanna: “Ma voi, giudei, foste i suoi fratelli nella sua famiglia stessa. Fratelli della medesima stirpe. Su voi stessi egli versò delle lacrime uniche. Su voi stessi pianse su quella moltitudine. Voi avete visto il colore dei suoi occhi; avete udito il suono delle sue parole. Della medesima stirpe in eterno. Voi avete udito il suono stesso della sua voce. Come dei fratelli minori vi siete rifugiati nel calore, nel tepore del suo sguardo. Vi siete riparati, vi siete messi al coperto al riparo della bontà del suo sguardo. Di voi stessi ebbe pietà davanti a quella folla. Gesù, Gesù, ci sarai mai così presente? Se tu fossi qui, Dio, non andrebbe così, tuttavia. Le cose non sarebbero mai andate così”.

Ma ecco quello che, teneramente, come in visione, Madre Gervaise (la Madre Chiesa), risponde alla disperazione della piccola Giovanna. Ecco come dissolve le sue tenebre: non con una sapienza umana, né con discorsi o poteri umani, ma con la forza portentosa e felice di una notizia:
“Egli è qui.
E’ qui come il primo giorno.
E’ qui tra di noi come il giorno della sua morte.
In eterno è qui tra di noi proprio come il primo giorno.
In eterno tutti i giorni.
E’ qui fra di noi in tutti i giorni della sua eternità.
Il suo corpo, il suo medesimo corpo, pende dalla medesima croce;
I suoi occhi, i suoi medesimi occhi, tremano per le medesime lacrime;
il suo sangue, il suo medesimo sangue, sgorga dalle medesime piaghe;
Il suo cuore, il suo medesimo cuore, sanguina del medesimo amore.
Il medesimo sacrificio fa scorrere il medesimo sangue.
Una parrocchia ha brillato di uno splendore eterno. Ma tutte le parrocchie brillano eternamente, perché in tutte le parrocchie c’è il corpo di Gesù Cristo” (Charles Péguy, Il mistero della carità di Giovanna d’Arco).

Ecco, caro Direttore, la notizia. Sta tutta nelle parole pronunciate da Gesù stesso: “non temete, io ho vinto il mondo”. E un giorno il mondo intero lo vedrà, lo riconoscerà, clamorosamente, luminosamente. Tutti capiranno. Perciò non dispereremo mai, né del male del mondo né del nostro, perché è già stato vinto. Potrebbe essere spazzato via in un istante, con un semplice suo sorriso se solo lo volesse. Se invece il Signore della storia e dell’eterno ci dà tutto questo tempo è solo perché ha misericordia di noi, ha compassione dell’umanità, perché ci vuole liberi e aspetta il nostro “sì” libero a Lui, alla sua amicizia, al suo amore. Ma già mille e mille piccole scintille di quell’alba e di quella vittoria definitiva si annunciano anche oggi sotto il grande manto della sua Chiesa. Tanti sono i segni della sua presenza vincitrice, già si vede l’albore di quel Giorno, se solo conosceste quello che accade fra i cristiani, se solo sapeste guardare i volti dei santi, se solo andaste – per esempio – a Lourdes, a Medjugorje, a San Giovanni Rotondo, ma anche in ogni piccola parrocchia della cristianità, davanti a ogni Tabernacolo, in ogni piccola compagnia di uomini che sono amici nel suo nome. Lì c’è l’alba del mondo nuovo, dell’Eterno. Lì vedreste uno spettacolo unico: il Cielo sulla terra.

Antonio Socci

(dal Foglio, 4 gennaio 2009)

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