C’è un direttore robusto e barbuto secondo il quale lamentarsi di questa maggioranza di governo dopo averla votata fa somigliare ai clienti di Wanna Marchi e del Mago do Nascimiento. E dunque è meglio tacere e rosicare. Vero. Ma la pulsione suicida di questa (per così dire) classe dirigente va almeno raccontata e se possibile fermata visto che rischia di “suicidare” anche l’Italia non “de sinistra”.

Per quale ragione – per esempio – il centrodestra ha voluto dare ampi segnali di indifferenza – con qualche sprezzante spalluccia e addirittura dei colpi bassi – contro quel 75 per cento di italiani che hanno vinto il referendum del 12 giugno? Per quale ragione i cattolici nel centrodestra vengono ormai presi a calci negli stinchi e accompagnati alla porta?

L’ultimo caso, il più clamoroso, riguarda An. Dopo la figuraccia rimediata da Fini con il suo fallimentare salto della quaglia sul referendum (nel quale si è rimangiato tutte le sue precedenti dichiarazioni, il suo voto in parlamento e tutti i documenti ufficiali di An e si è messo contro la sue stessa base), ci si aspettava che – da sconfitto – egli si presentasse al vertice di quel partito con la cenere in capo a recitare il “mea culpa” oppure con una bella lettera di dimissioni.

Invece ha fatto il contrario: col piglio virile di chi vuole “spezzare le reni alla Grecia”, ha minacciato di fare di quell’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. E appena tre o quattro dei suoi colonnelli si sono trovati al bar a sfogarsi fra sé, Fini ne ha approfittato per “dimissionare” non solo loro, ma anche chi a quel bar non c’era, cioè Alfredo Mantovano, reo di essere stato l’unico uomo di governo, insieme a Giovanardi e Alemanno, ad aver seriamente vinto il referendum. Reo di averle cantate chiare a Fini sul suo tradimento morale e politico. Reo di aver avuto ragione e di aver rappresentato la base di An laddove Fini l’aveva abbandonata per passare col nemico.

Il “caso Mantovano” non è una vicenda personale. Perché Mantovano non solo è uno dei pochi che ha preparazione culturale e serietà, perfetto esponente di una futuribile Destra affidabile e rispettata, ma è anche un autorevole rappresentante del mondo cattolico che ha accettato di scommettere su An e di legittimare la trasformazione del vecchio Msi in una moderna destra cattolico-liberale. Dunque la sua immotivata e vendicativa defenestrazione segna la fine di quel tentativo.

Come peraltro donna Assunta Almirante – intellettuale di riferimento di Fini – aveva preannunciato in un’intervista al Corriere il 15 giugno. Nella quale difendeva Fini sul referendum perduto, liquidava sprezzantemente Mantovano e altri di provenienza democristiana come corpi estranei, spiegava che “a Fiuggi c’è stato un congresso finto” e tuonava: “si mettano tutti bene in testa che la base del partito è quella missina, la casa è la stessa di prima – in via della Scrofa – come pure il Dna, il simbolo: la fiamma e Msi scritto sotto”.

Naturalmente è bene ricordare anche che quel Msi aveva circa il 4-5 per cento dei voti. E che lì tornerà. Perché i cattolici non accettano di fare i portatori d’acqua (di voti) e le foglie di fico. Via le foglie di fico vediamo cosa resta. Soprattutto dopo le parole sprezzanti di Fini nel rivendicare, all’assemblea nazionale, la natura “non cattolica” del suo partito.

Il quale Fini però ha confermato, per fine agosto, la sua presenza al Meeting di Rimini, dove non era stato invitato per stima politica personale (come lui vorrebbe dare a intendere), ma solo per tradizione istituzionale: tutti i ministri degli Esteri sono stati a Rimini (chiunque fossero). A lui Rimini serve per dimostrare di non essere isolato dai cattolici e dunque vuole andare. Perciò sarà bene che i cattolici non si facciano usare come tappezzeria e preparino i fischietti per fargli capire sonoramente cosa pensano delle sue piroette e delle dichiarazioni con cui – alla vigilia del referendum – egli accusò sostanzialmente la Chiesa di essere “diseducativa” perché invitava all’astensione. Accodandosi al coro assordante dei media che in quelle settimane hanno letteralmente aggredito i cattolici per la loro legittima posizione.

Da chi fa il salto della quaglia e passa furbescamente nelle file avversarie (dalla parte del potere), i cattolici non prendono lezione di “educazione”. Hanno ben altri maestri, grazie a Dio. E – se questo centrodestra continuerà così – purtroppo saranno costretti a trovarsi anche altri riferimenti politici.

Fonte: © Il Foglio – 22 luglio 2005

Print Friendly, PDF & Email