Papa Bergoglio ha una spiccata antipatia verso l’Italia e gli italiani e sembra crescere con gli anni. In questi giorni si è manifestata in un modo sconcertante.

Infatti, ieri all’Angelus, Bergoglio non ha detto parola sul dramma che sta vivendo il nostro Paese, che si è trovato di colpo al centro della tragedia mondiale del coronavirus, con settimane che si annunciano micidiali e con la prospettiva di ricadute economiche catastrofiche (qualche economista sostiene perfino che proprio la crisi italiana potrebbe innescare una grave crisi mondiale).

Bergoglio ha parlato – come sempre – dei profughi e ha pure chiesto di pregare per gli Esercizi spirituali della Curia Romana che iniziano ad Ariccia (cosa che non parrebbe un’emergenza mondiale).

Ma non ha ritenuto di pregare o chiedere preghiere per la povera Italia, per i morti o i tanti ammalati del coronavirus (che aumentano ogni giorno), per medici e infermieri che si stanno prodigando in una situazione drammatica, né per i tanti nostri connazionali che pagano e pagheranno (anche con la perdita del lavoro) le conseguenze economiche catastrofiche dell’attuale situazione (grazie a un governo disastroso).

Eppure il vescovo di Roma è anche il primate d’Italia, quindi non si spiega una tale indifferenza. Al contrario, Bergoglio è affettuosissimo con la Cina.

Già il 26 gennaio all’Angelus aveva detto: “Desidero anche essere vicino e pregare per le persone malate a causa del virus che si è diffuso in Cina. Il Signore accolga i defunti nella sua pace, conforti le famiglie e sostenga il grande impegno della comunità cinese, già messo in atto per combattere l’epidemia”.

Poi, il 3 febbraio scorso, uscì questa notizia: “Papa Francesco dona 700 mila maschere sanitarie alla Cina per combattere il coronavirus”. Detto fra parentesi, c’è carenza di mascherine anche in Italia, ma non risulta pervenuto nessun aiuto dal Vaticano.

Inoltre il 12 febbraio scorso, al termine dell’udienza generale, Bergoglio tornò a parlare della Cina e rivolse “una preghiera per i nostri fratelli cinesi che soffrono questa malattia così crudele. Che trovino la strada della guarigione il più presto possibile”.

Niente del genere per l’Italia. Domenica scorsa fu drammatica per l’Italia. Era esplosa da due giorni d’improvviso l’epidemia al Nord. Bergoglio, quella domenica 23 febbraio, era in visita a Bari e tenne un discorso molto politico ed estremista, contro i cosiddetti sovranisti (ovviamente per le migrazioni di massa).

Poi arrivò l’Angelus, ringraziò i vescovi che avevano organizzato quell’incontro per “far crescere la cultura dell’incontro e del dialogo”, ma non spese una parola per l’Italia che stava vivendo il panico del coronavirus.

Evidentemente lo sconcerto di molti fedeli deve essere arrivato anche alle sue orecchie. Così, mercoledì 26 febbraio, all’udienza, accennò all’epidemia: “Desidero esprimere nuovamente la mia vicinanza ai malati del Coronavirus e agli operatori sanitari che li curano, come pure alle autorità civili e a tutti coloro che si stanno impegnando per assistere i pazienti e fermare il contagio”.

Discorso generico, che – con buona volontà – si può interpretare come implicito riferimento all’Italia, ma senza nominarla. E senza quel calore che ha quando parla dei cinesi. Ieri, all’Angelus – come si è visto – ancora silenzio sull’Italia.

Bergoglio non si muove da pastore, da padre, da Vicario di Cristo, ma da politico. Infatti, in queste settimane, insieme agli affettuosi pronunciamenti verso la Cina e ai gesti di aiuto (le mascherine sanitarie), ha voluto prendere anche due decisioni politiche che hanno fatto molto piacere al regime comunista di Pechino: lo storico incontro diplomatico del 15 febbraio fra il ministro degli esteri della Santa Sede e quello del regime cinese (avvenuto nel momento di maggiore isolamento del regime cinese a causa del coronavirus e quindi ancora più prezioso); e la micidiale lettera che Bergoglio ha fatto scrivere al decano del collegio cardinalizio contro l’eroico card. Zen, “reo”, agli occhi di Pechino, di opporsi al trattato con cui Bergoglio consegna la Chiesa cinese al regime comunista di Xi Jinping.

C’è un’altra cosa che unisce Bergoglio e Xi Jinping, secondo l’analista Antonio Pilati, e riguarda l’attuale governo italiano: “Il governo era già gracile, stava e sta in piedi perché ci sono delle forze che lo sostengono. Una è la Cina, l’altra è il Vaticano, che oggi ha una politica molto orientata verso Pechino”.

Secondo Pilati questa “passione” di Bergoglio per la Cina “lo porta ad appoggiare questo governo, che con la Cina ha costruito rapporti molto buoni”.

A pagare il conto di questo esecutivo disastroso sono gli italiani, ma a Bergoglio questo non importa. Per lui solo la Cina è vicina.

Antonio Socci 

Da “Libero, 2 marzo 2020

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