Oggi, nell’anniversario della prima apparizione della Madonna a Medjugorje vi regalo, insieme all’articolo che vedete qua sotto, il primo capitolo del mio libro.

LA POLEMICA SU “BERLUSCONI E LA COMUNIONE” CI SVELA LA COSA PIU’ PREZIOSA PER NOI….

E’ buffo vedere i miei amici del Foglio d’accordo con l’Unità (perfino con Marco Travaglio) e con la Repubblica nel criticare l’esternazione di Berlusconi sulla comunione ai divorziati risposati. Tutti a fare i paladini dell’ortodossia dottrinale cattolica. Travaglio addirittura mescolando questa diatriba (sul divorzio e l’accesso ai sacramenti) con le polemiche delle stesse ore sulla Giustizia, così finendo per confondere peccati e reati (l’errore che in genere si rimprovera al fondamentalismo religioso).

C’è un aspetto comico in questo perché per una volta Berlusconi ha detto – morettianamente – “qualcosa di sinistra” (quante volte i progressisti hanno criticato la Chiesa che – a loro dire – escluderebbe i divorziati). Ma l’Unità, pur di non convenire col Cav, si mette a sbandierare le parole del Papa in prima pagina (ne sbandiera solo alcune però, estrapolandole e quindi stravolgendo il vero significato).

Poi, nella pagina dei commenti, lo stesso giorno l’Unità pubblica un editoriale dove, come al solito, si spara a zero su Benedetto XVI e lo si accusa di aver “accolto trionfalmente e da amico l’uomo, il grande nostro attuale presidente del Consiglio, la cui moralità indiscussa trionfa presso l’opinione pubblica di tutto il mondo”. Questa esecrazione moralistica dei pubblici peccatori da parte di gente che ritiene se stessa giusta, retta, onesta (e abilitata a giudicare i peccati altrui) ha un sapore molto familiare, perché è uno sport che tutti pratichiamo (io per primo), sui giornali e nella vita. Ma cosa vi ricorda l’uomo che sbandiera la propria rettitudine e giudica con disprezzo quel peccatore laggiù?

Facile! Ricorda la parabola del fariseo e del pubblicano raccontata da Gesù, il quale però concluse che fu il peccatore che si batteva il petto e stava a testa bassa a salvarsi, non l’ “uomo onesto” (che, si badi bene, era veramente una persona perbene, osservante della Legge, anche sinceramente impegnato).

Tutto questo ricorda anche le scandalizzate invettive di alcuni (non tutti) scribi e farisei contro Gesù reo di parlare con pubblicani e prostitute. Gesù, purissimo e buono, accetta anche l’invito a pranzo di pubblici peccatori, ha affetto per ciascuno di loro, e – con somma indignazione dei benpensanti – lascia che una povera donna di pessima fama gli baci i piedi bagnandoli con le sue lacrime di dolore. Erano in tanti a scandalizzarsi di questa libertà di Gesù dalle loro regole. Eppure a questi tali, a questa gente perbene, onesta e osservante della Legge, Gesù non risponde giustificandosi o arrampicandosi sui vetri, ma con un colpo da ko: “i pubblicani e le prostitute vi precederanno nel Regno di Dio” (Mt. 21,31). Doveva essere come un pugno nello stomaco (lo è pure per noi). E quando, secondo la Legge, pretendono di lapidare l’adultera e di avere il suo consenso, dice loro: “chi di voi è senza peccato, scagli la prima pietra”.

Silenzio generale, imbarazzo e poi, uno ad uno, se ne vanno. Un giorno fissando negli occhi questa gente perbene (che giudicava gli altri e li disprezzava come peccatori) scandisce queste parole: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti che rassomigliate a sepolcri imbiancati: essi all’esterno son belli a vedersi, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni putridume. Così anche voi apparite giusti all’esterno davanti agli uomini, ma dentro siete pieni d’ipocrisia e d’iniquità… Serpenti, razza di vipere, come potrete scampare dalla condanna della Geenna?” (Mt. 23).

Si resta sinceramente sconcertati davanti a queste parole di fuoco di Gesù che tuona contro la gente perbene ed è invece dolce con i peccatori (che, in fin dei conti, sono davvero gente discutibile, gente che, come minimo, se l’è spassata). Non è che Gesù voglia invitare a essere peccatori, ma a essere umili e a non giudicare gli altri.

Perché, diciamo la verità, per ciascuno di noi i disonesti, i profittatori, gli opportunisti e i puttanieri (o le puttane) sono sempre “gli altri”. E ognuno di noi istintivamente si mette nel novero delle persone che fanno il proprio dovere, le persone perbene. Ebbene, i santi fanno l’esatto opposto. Un giorno frate Masseo chiede a frate Francesco: “perché a te tutto il mondo viene dietro, e ogni persona pare che desideri di vederti, d’udirti, d’ubbidirti? Tu non sei un uomo bello nell’aspetto, tu non sei di grande scienza, tu non sei nobile; dunque perché a te tutto il mondo viene dietro?”. E Francesco: “Vuoi sapere perché a me tutto il mondo mi venga dietro? Questo io ho dagli occhi dell’Altissimo, che in ogni luogo contemplano i buoni e i rei: poiché quegli occhi santissimi non hanno veduto fra i peccatori nessuno più vile, nè più insufficiente, nè più grande peccatore di me; e perché per fare quell’operazione meravigliosa che egli intende fare, non ha trovato più vile creatura sopra la terra… cosicché si conosca che ogni virtù e ogni bene viene da lui e nessuna creatura si possa gloriare al suo cospetto”. Nel mondo alla rovescia che è il cristianesimo è meglio sentirsi nel novero dei peccatori. E mendicare grazia. Come diceva Péguy (un grande convertito che pure, per una sua situazione familiare complessa, non si avvicinava ai sacramenti): “le persone morali non si lasciano bagnare dalla grazia”. La morale le rende impermeabili. Al contrario di chi si riconosce miserabile: “Si spiega così il fatto che la grazia operi sui più grandi criminali e risollevi i più miserabili peccatori”. Anche quando Gesù è in croce, viene dileggiato da qualche osservante della Legge, e viene “riconosciuto” dal ladrone che doveva aver praticato addirittura la lotta armata. E Gesù lo salva. La grazia è arrivata al suo cuore, attraverso le ferite della sua vita, ma non al cuore di chi era corazzato con la sua superba moralità. E’ solo questo atteggiamento umile e mendicante che ci è chiesto.

Infatti il Papa, sull’accesso all’Eucaristia, non ha affatto detto “no tu no, che sei peccatore”, come qualcuno ha fatto credere. Ecco invece le sue splendide parole: “Quanti non possono ricevere la Comunione in ragione della loro situazione, trovano comunque nel desiderio della Comunione e nella partecipazione all’Eucaristia una forza e un’efficacia salvatrice”.

Padre Pio raccomandava questa “comunione spirituale” ricordata dal Papa e considerata dal Concilio di Trento uno dei modi di comunicarsi (la Santa Messa peraltro è una forza di trasformazione e di salvezza per tutti, non solo per chi si comunica sacramentalmente). Basta sentire la fame e la sete di Lui. Mi sembra che nelle parole di Berlusconi (che in effetti ha sbagliato tono, dando l’impressione di pretendere) trasparisse il dolore e il desiderio di cui parlava il Papa. E la risposta del Pontefice è stata positiva e paterna, per i tanti che si trovano in questa stessa condizione.

Questo episodio illumina il cuore del cristianesimo che il moralismo imperante ha quasi oscurato. Don Giussani lo spiegava così: “Cristo è amabile da noi esattamente così come siamo”.

Peccatori, incoerenti, poveracci: né il limite nostro, né quello altrui può impedirci di volergli bene. E’ solo questo che Gesù ci chiede. Lui farà il resto. Dopo che Pietro lo rinnegò tre volte e poi pianse, quando Gesù, risorto, torna fra i suoi, non si mette a chieder conto del tradimento o a rimproverarlo: “Non ha detto: non peccare, non tradire, non essere incoerente. Non ha toccato nulla di questo. Ha detto: Simone, mi ami tu?”. Solo questo conta, non la nostra coerenza, ma l’affezione a Lui. La commozione al ricordo di Lui che ci ama così come siamo. Don Giussani ci scioglieva il cuore quando spiegava: “Cristo è colui che si compiace di noi, di me, dice san Pietro piangendo. Cristo è colui che si compiace di noi, di me, dice la Maddalena, la Samaritana, l’assassino. Cristo è colui che si compiace di me, e perciò mi perdona. Mi ama e mi perdona”.

Antonio Socci

Da “Libero”, 25 giugno 2008

L’INDAGINE (cosa è veramente accaduto a Medjugorje ?)

“Ma proprio, a volte, nel momento in cui tutto sembra perduto giunge l’avvertimento che può salvarci…”
Marcel Proust

CAPITOLO 1 – Erzegovina, Mercoledì 24 giugno 1981

Bijakovici, frazione di Medjugorje, comune di Citluk, provincia di Mostar. Ore 17,40. “Sveglia! Svegliati Vicka, corri dormigliona, o farai tardi a scuola!”. Grida così Zdenka verso sua sorella che apre gli occhi di soprassalto. Ma è un caldo pomeriggio di giugno e le scuole sono chiuse. Zdenka se la spassa, divertita dal suo scherzo e anche Vicka, il bersaglio dello burlona, scoppia a ridere. Protesta di non essere una dormigliona: il fatto è che le ripetizioni di matematica del mattino e poi il viaggio di ritorno da Mostar, in quel pullman affollato e caldissimo, l’hanno spossata. E comunque meno male che Zdenka l’ha svegliata perché deve andare a fare una passeggiata con Ivanka e Mirijana ed è in gran ritardo. Le hanno lasciato un messaggio: “Quando ti svegli vieni da Jakov. Siamo lì” Vicka esce di corsa, con la sua solita allegria addosso e vola verso quella casa, ma la madre di Jakov, la signora Jaka Colo, zia di Mirijana, le dice: “No, Vicka, non sono più qui, si sono già incamminate. Mi hanno detto che devi raggiungerle: hanno preso la strada sterrata che va verso le case dei Cilici”. “Grazie, le seguo subito”, risponde Vicka.

Lei è di questo piccolo villaggio. Le sue due amiche hanno qui a Bijakovici le radici familiari, ma finora hanno vissuto altrove. Mirjana, bionda, occhi azzurri, è di Sarajevo, dove frequenta il liceo e abita con i genitori e un fratello: viene qua in campagna dai nonni per trascorrere le vacanze estive. Ivanka, alta, un volto bello e dolce, capelli lunghi, abitava a Mostar fino a due mesi fa, quando è morta all’improvviso la sua giovane madre Jagoda, cosicché lei è dovuta venire ad abitare dalla nonna, con il fratello più grande e la sorella più piccola, perché il padre Ivan, operaio, è emigrante in Germania. Dunque Vicka – un sorriso solare e un temperamento ilare – fatti 200-300 metri a passo svelto scorge subito, un po’ più avanti, le sue amiche. Sono con la piccola Milka, la figlia di Filippo Pavlovic. Ma – che strano – stanno ferme sul ciglio della strada. Tutte e tre fissano intensamente qualcosa e sembrano fortemente impaurite. Arrivata ad alcuni metri di distanza Vicka sta per chiedere loro: “ma che state guardando?”. Non fa in tempo a pronunciare queste parole che realizza: devono aver visto una vipera (lì sul Podbordo è sempre pieno). Milka la vede e le grida: “sbrigati! Vieni a vedere: c’è la Madonna!”.

In poche frazioni di secondo, Vicka terrorizzata schizza via e per scappare più velocemente lascia pure le scarpe. Però, mentre corre a tutta velocità per la paura, si rende conto di ciò che le tre amiche le hanno detto. “La Madonna?”. Si ferma, scoppia a piangere, un po’ frastornata, chiedendosi perché mai si sono messe a scherzare così, con quella battuta stupida sulla Vergine, per prendere in giro la povera Vicka. E’ arrabbiata e confusa. Non sa che fare. Riflette: “Non dicono mai cose blasfeme, non sarebbero nemmeno capaci di essere così volgari”.

In quel momento stanno passando due ragazzi, Ivan Ivankovic e Ivan Dragicevic. Portano dei sacchetti pieni di mele: “Vicka vuoi una mela? Sono buone, assaggiale”. Vicka appena li vede – infischiandosene delle mele – urla: “venite a vedere: la Madonna!”. Il più giovane dei due Ivan dice all’altro: “lascia stare, questa è pazza, non sa neanche cosa dice…”. Ma la ragazza li implora, con le lacrime agli occhi, di accompagnarla lassù dalle sue amiche. Si raccomanda: “Ivan accompagnami, ti prego. Non la vedremo, ma andiamo lo stesso”.

Si mettono a camminare tutti e tre a passo spedito. I due ragazzi sono un po’ interdetti da questa storia, ma vogliono mostrarsi sicuri di sé e tranquilli. Trovano le ragazze ancora incantate che appena si accorgono che Vicka è tornata con i due accompagnatori indicano loro dove guardare.

Adesso tutti la vedono, è proprio all’inizio della collina, saranno duecento metri: è una giovane donna, ha un bimbo in braccio e una corona sulla testa e fa cenno di avvicinarsi. I due ragazzi terrorizzati buttano i sacchetti con le mele, scavalcano il recinto e fuggono via di gran carriera. Le ragazze, stavolta con Vicka sbalordita ed estasiata, restano lì a guardare una meravigliosa giovinetta che continuamente copre e scopre il bimbo che ha in braccio, facendo cenno di avvicinarsi. “Ci chiama… chi va da Lei?”, sussurra qualcuna delle ragazze. Ma nessuno il coraggio di fare un passo avanti. Non sanno che fare, che pensare. Così, dopo qualche minuto, la giovane donna scompare.

Le quattro studentesse sgomente e piene di meraviglia si voltano l’una verso l’altra. Ivanka è certa che si sia trattato della Madonna. In effetti quel velo sulla testa, la corona, il bambino, i piedi su quella nuvoletta, sollevata da terra… Ma sono tutte sbalordite. Nessuno di loro ha mai sentito dire che la Madonna appaia sulla terra e che appaia così (sono cresciute sotto un regime comunista e non hanno mai sentito parlare nemmeno in casa, dove pure si prega, di Lourdes o di Fatima). Lo stupore e il terrore tuttavia convivono con un incontenibile entusiasmo.

Sono circa le 18. Vicka di nuovo scappa via di corsa seguita da Milka. Mirijana dice a Ivanka: “Chissà che cosa succede. Forse è meglio che scappiamo anche noi”. Non ha neanche finito di pronunciare queste parole che già stanno correndo verso il paese. Tutte col fiatone e il cuore che scoppia per l’emozione. Vicka e Milka entrano di corsa in casa di quest’ultima e investono la madre con il racconto di quello che hanno visto sul Podbrdo. Poi Vicka va a casa sua e scarica la sua fortissima emozione con un pianto liberatorio, distesa sul divano. Anche Mirjana, di solito molto seria e controllata, ha il cuore in subbuglio, non riesce a contenersi, ha bisogno di dire a tutti quello che le è capitato. Corre verso la casa dei nonni e degli zii, entra dai vicini. Trova due ragazzette davanti alla televisione e le investe: “abbiamo visto la Madonna! Era sul Podbrdo, noi eravamo per la strada che va verso il monte Crnica e l’abbiamo vista!”.

Le due ragazze ammutolite spengono la tv, ascoltano il racconto di Mirjana, una di loro, Jela, corre a chiamare la madre: “Mamma! Mamma!”. Sua madre sta dicendo il rosario con i figli piccoli e le fa cenno di tacere. Finita la preghiera viene a sentire cos’ha Jela da chiamare con tanta agitazione e sente anche lei il racconto di Mirijana. Ascolta commossa e subito senza incertezze si convince che Mirjana non sta raccontando una frottola.

Poi Mirjana arriva a casa dei suoi. E qui ripete ancora alla zia ciò che è accaduto pochi minuti fa sulla collina. La donna è perplessa davanti alle sue parole. Le sembra tutto incredibile, ma d’altra parte conosce Mirjana. Sa che è sempre stata una ragazza particolarmente seria, matura, razionale, affidabile. Non sa che dirle. Così prende il telefono a chiama sua sorella, la madre di Mirjana, a Sarajevo. “Milena ti devo dire una cosa, ma non so come spiegarti”. La donna, all’altro capo del filo, si sente piegare le gambe temendo qualche disgrazia; afferra una sedia e mette a sedere. La zia riprende: “Mirjana è qui e dice di aver visto la Madonna. Sul Podbrdo”.

La donna, dall’altro capo del filo, ha qualche attimo di esitazione. Poi chiede alla sorella: “ma in che stato è Mirjana? Ti sembra normale o fuori di testa?”. La zia risponde: “Beh, mi sembra normale, come sempre”. “Allora”, riprende la madre, “dev’essere accaduto veramente qualcosa. Io conosco mia figlia e lei non è una che s’inventa delle bugie: specialmente su queste cose non scherza”.

Questa sera a Bijakovici non si parlerà d’altro. Decine di volte le ragazze ripetono cosa e come è accaduto. A casa di Milka torna anche sua sorella maggiore, Marija, che nel pomeriggio è andata a una festa di amici, in un paese vicino. Trova un’incredibile confusione. Tutti parlano di questa faccenda. Molti ne ridono, altri ci credono e chiedono perché mai le ragazze dovrebbero inventarsi una cosa simile. Marija resta molto impressionata dal racconto della sua sorellina, che non ritiene una capace di mentire così spudoratamente (e poi su cose simili).

I fatti vengono riferiti per filo e per segno. Tutto è cominciato poco prima che Miriana e Ivanka fossero raggiunte da Vicka. Le due amiche camminavano parlando delle piccole cose delle adolescenti. A un certo punto Ivanka si volta verso la collina: vede qualcosa che brilla e – mentre Mirjana continua a camminare – si sofferma un attimo per fissare meglio lo sguardo, così si accorge di quella figura. Sorpresa e incantata dice, quasi fra sé: “Ma quella è la Madonna!”. La studentessa di Sarajevo segue piuttosto i suoi pensieri e tira diritto: “eh sì, figurati, ora la Madonna non ha altro da fare che venire a vedere cosa facciamo noi”.

Razionale e seria, Mirjana neanche si è voltata: pensa che Ivanka abbia scorto in lontananza una abitante di Bijakovici che magari sta pascolando delle capre, e l’abbia scambiata, chissà perché, per la Madonna. E poi trova quasi irrispettoso parlar così della Madonna. Non le passa neanche per la mente che lei, che sta in cielo, possa apparire sulla terra, oltretutto lì, a loro. Nessuno mai le ha parlato di apparizioni della Vergine. Per lei è semplicemente assurdo. Neanche ammette l’idea.

Ivanka riprende a camminare dietro a Mirjana, la segue silenziosa, ma ancora piena di meraviglia e di interrogativi. Pensa di essersi sbagliata o immaginata tutto, ma non riesce a togliersi dalla testa quella figura. Scendendo verso le case le due adolescenti si imbattono in una ragazzina del paese, Milka Pavlovic, che chiede il loro aiuto: “venite, per favore, ad aiutarmi a riprendere le pecore?”. A questo punto Ivanka implora le due ragazze di tornare con lei in quel punto della strada, a vedere se c’è ancora quella che lei ha chiamato “la Madonna”. Arrivate lì Ivanka dice concitata: “Guardate! In quel punto, lassù sulla collina. E’ veramente la Madonna!”. Ora tutte e tre vedono quella giovane donna e restano lì imbambolate.

Mirjana si rende subito conto che c’è qualcosa di strano: la ragazza indossa un abito lungo non della nostra epoca, ha un velo in testa e poi sta, con un bimbo piccolo, su una collinetta piena di sassi, spine e vipere dove non sale mai nessuno. E infine il suo aspetto. Sembra sospesa nell’aria, ha una corona sulla testa. Restano ammutolite. E tacciono le ragazze col cuore in tumulto, pieno di emozioni contraddittorie che vanno dall’entusiasmo alla paura. Finché – come abbiamo detto – arriva Vicka (abbiamo già visto cosa è accaduto al suo arrivo).

Tutta questa storia la sera del mercoledì 24 giugno a Biakovici passa di bocca in bocca, viene raccontata e ripetuta decine di volte: nelle case, sulla strettissima stradina che corre nel mezzo delle abitazioni, nei cortili, nelle stalle, negli orti. E tutti dicono la loro. I familiari dei ragazzi, un po’ sgomenti e disorientati, cercano di calmarli e convincerli a non pensarci più, ritenendo quasi irrispettosa verso la religione questa vicenda. Qualcuno pensa che i ragazzi non mentano e, sia pure con molta meraviglia, crede al loro racconto. Ma la maggior parte ironizza: sarà stato un ufo (“perché non l’avete acchiappato?”), sarà stato un fantasma, sarà stato qualcuno che voleva fare uno scherzo. Anche fra i parenti le reazioni sono queste. Quando Ivanka torna a casa e dice alla nonna di aver visto la Madonna, l’anziana contadina le risponde: “Va là, che cosa dici? Sarà qualcuno che custodiva le pecore sul colle e che si è messo una pila elettrica sulla testa”. Anche Mirjana, in mancanza dei genitori, ne parla con la nonna che ha un buon consiglio: “Ma prendi il rosario e prega e lascia la Madonna in paradiso”. E proprio così farà la ragazza, anche perché avverte un gran bisogno di starsene sola. Si chiude in camera – dove il sonno, quella notte, non la raggiungerà – e prega tutta la notte. L’unico modo per calmare un po’ il cuore e avere pace. Ivan arriva a casa e non dice niente a nessuno. Si chiude in se stesso, com’è nel suo carattere, a rimuginare sulle mille domande che gli passano per la testa: “ma è impossibile!”, continua a ripetersi. Però è accaduto. E gli viene la paura: “se venisse ora nella mia stanza? Dove scapperei?”.

Per tutti i ragazzi sarà una nottata in bianco. Ma questa notte sono tanti a Bijakovici che si rigirano nel letto. Da “Mistero Medjugorje” (ed. Piemme) di Antonio Socci

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