Ieri anche papa Francesco ha espresso la sua soddisfazione per il vertice del G7 in Umbria sulla disabilità. Ricevendo i partecipanti lo ha definito “un segno concreto della volontà di costruire un mondo più giusto e un mondo più inclusivo, dove ogni persona, con le proprie capacità, possa vivere pienamente e contribuire alla crescita della società”.

Al vertice, che era stato annunciato in giugno a Borgo Egnazia ed è stato voluto e organizzato con determinazione dal governo italiano, hanno partecipato i ministri del G7 che si occupano di disabilità, la UE e altri Paesi invitati: il risultato è la Carta di Solfagnano che secondo Alessandra Locatelli, ministra italiana per la Disabilità, rappresenta “una vera svolta epocale” perché segna “il passaggio dal mero assistenzialismo alla valorizzazione delle persone”.

Concretamente la Carta definisce otto punti prioritari che ora faranno parte dell’agenda politica dei diversi Paesi. Sono l’inclusione come valore e come orizzonte generale di tutte le politiche, l’accesso ai servizi, l’autonomia (cioè la possibilità di una vita indipendente), i talenti (aspetto che riguarda sia la valorizzazione delle doti personali che l’inclusione lavorativa), il massimo utilizzo della tecnologia come strumento per l’abbattimento delle barriere, lo sport e la cultura come ambiti fondamentali di espressione e di realizzazione, la dignità della vita (un punto che riguarda i “servizi appropriati basati sulla comunità”) e infine la prevenzione soprattutto in riferimento alle emergenze.

Il tema della disabilità non interessa una piccola minoranza di persone, ma una larga fetta di popolazione. La rappresentante della UE all’incontro umbro, Helena Dalli, commissaria per l’Uguaglianza, ha spiegato: “Nell’Unione europea oltre un adulto su quattro ha una disabilità, per un totale di 100 milioni di persone. Circa la metà sono inattive o disoccupate e circa un terzo di queste persone è a rischio povertà o esclusione”.

In un momento in cui si parla di inclusione solo a proposito degli immigrati è dunque importante che i governi abbiano acceso i riflettori su questa parte più svantaggiata della nostra società che finora è stata obiettivamente ai margini anche del dibattito politico.

È un bel passo avanti, ma certo non basta inserire quelle otto priorità nelle agende di governi e dei parlamenti come principi ispiratori e obiettivi ideali. La strada concreta per una vera inclusione è ancora lunga e faticosa.

Bisogna partire da una constatazione: oggi le famiglie portano gran parte del peso (anche economico) delle situazioni di sofferenza e marginalità e spesso si sentono abbandonate o si trovano davanti a un insormontabile muro (di burocrazia anzitutto) per quanto riguarda l’essenziale: l’assistenza e la riabilitazione.

Di fatto proprio le famiglie, in questi anni, hanno rappresentato un pilastro decisivo del welfare state. Il loro ruolo fondamentale e insostituibile deve essere riconosciuto e sostenuto con ogni mezzo, soprattutto perché il clima ideologico da tempo va in direzione opposta.

Da questo punto di vista il Papa ha colto perfettamente e sottolineato il significato più importante del G7 di Assisi, cioè la svolta che rappresenta rispetto alla “cultura dello scarto”.

Francesco ha dichiarato: “Vedo questo vostro lavoro come un segno di speranza, per un mondo che troppo spesso dimentica le persone con disabilità o purtroppo li manda via prima che nascano”. Il Pontefice considera l’evento come l’inizio di un cammino importante per tutti, un cammino da continuare “ispirati dalla fede e dalla convinzione che ogni persona è un dono prezioso per la società”.

Francesco ha ricordato i vari ambiti dell’inclusione e ha concluso: “Non c’è vero sviluppo umano senza l’apporto dei più vulnerabili. In tal senso, l’accessibilità universale diventa una grande finalità da perseguire, affinché ogni barriera fisica, sociale, culturale e religiosa venga rimossa, permettendo a ciascuno di mettere a frutto i propri talenti e contribuire al bene comune. Ogni persona infatti è parte integrante della famiglia universale e nessuno dev’essere vittima della cultura dello scarto, nessuno. Questa cultura che genera pregiudizi e reca danno alla società”.

Antonio Socci

Da “Libero”, 18 ottobre 2024