L’industria mediatica celebra ed esalta, da anni, la generazione sessantottina anche perché è quella che oggi ha in mano il potere e il contropotere (nei giornali, nel cinema, nella cultura, in politica). Quindi celebra se stessa. Una generazione imbottita di ideologia che ha preteso di essere (e d è) la lotta e il governo, la sovversione e l’establishment.

Alain Finkielkraut nell’ “Imparfait du présent” coglie questa contraddizione: “E’ schiumando di rabbia contro il fascismo in piena ascesa che l’arte contemporanea fa man bassa delle istituzioni culturali.
Non c’è nessuna fessura nella corazza dei fortunati del mondo post-sessantottino. Hanno lo stereotipo sulfureo, il cliché ribelle, l’opinione sopra le righe e più buona coscienza ancora che i notabili del museo di Bouville descritti da Sartre ne ‘La Nausea’.
Perché essi occupano tutti i posti: quello, vantaggioso, del Maestro, e quello, prestigioso, del Maledetto. Vivono come una sfida eroica all’ordine delle cose la loro adesione piena di sollecitudine alla norma del giorno. Il dogma, sono loro; la bestemmia pure. E per darsi arie da emarginati insultano urlando i loro rari avversari. In breve, coniugano senza vergogna l’euforia del potere con l’ebbrezza della sovversione. Stronzi”.

Amano sentirsi “la meglio gioventù”. Ma per scoprire la vera “meglio gioventù” (a cui l’establishment cinematografico di certo non dedica film) bisogna semmai leggere un libro strano come quello di Saverio Allevato, “La P38 e la mela”, ovviamente pubblicato da un piccolo editore come Itaca, non dai grandi editori che invece da anni pubblicano le memorie dei brigatisti rossi.

Il titolo del libro di Allevato fa riferimento proprio a un assassinio delle Br, quello di Mariano Romiti, uno di quei poliziotti che Pasolini considerava come i veri figli del popolo (diversamente dai “rivoluzionari” con le molotov).
Romiti aveva conosciuto a Roma un gruppo di giovani amici che proprio in quegli anni, soprattutto all’Università, avevano iniziato una vivacissima comunità cristiana – Comunione e liberazione – e lui era entusiasta di quell’amicizia e di quella nuova vita.

Una dei quattro figli del maresciallo Romiti, Adriana, oggi oncologa al S. Andrea di Roma, ricorda il padre bravissimo che egli era, il suo totale impegno nel lavoro e nella fondazione del sindacato di polizia (lui era vicino alla Cisl), le preghiere che le insegnava la sera e la sua devozione alla Madonna: “quel giorno furono in due ad affrontarlo e a nulla valse il tentativo di sfuggire alla gragnuola dei colpi, cercando riparo dietro alcune auto parcheggiate… Durante il tragitto verso l’ospedale, ormai moribondo, invocava la Vergine Maria (come ci ha testimoniato un collega che lo soccorse).
Anche uno dei terroristi che partecipò all’attentato, in un incontro da lui richiesto, ci ha raccontato di essere rimasto colpito da quell’uomo che, colpito a morte, si affidava alla Beata Vergine ed invocava ripetutamente il suo nome.
Io credo che l’Immacolata Concezione lo abbia condotto con sé in cielo, quel 7 dicembre 1979, vigilia della Sua festa. Mariano poteva festeggiare da quel momento con Lei e baciarla, come i bimbi fanno con la propria mamma”.

Anna Laura Braghetti, in un suo libro, ricorda l’esecuzione crudele di quell’uomo buono e innocente. Il compagno che componeva il commando – scrive – “mi ha detto che si era preparato ad affrontare un nemico armato e risoluto, invece Romiti si lasciò ammazzare senza un gesto.
Dario prima di scappare prese la sua borsa, certo che contenesse un’arma che avrebbe fatto comodo all’organizzazione. C’era solo una mela”.

Una mela: la semplicità di una vita umana normale.
La P38: cioè la mostruosa astrazione assassina dell’ideologia.
Il libro prende il titolo da qui. Ma racconta la bellezza di un’amicizia fra giovani che inizia a Roma (e in tante altre città), negli anni di piombo, e che somiglia in modo commovente all’amicizia che si creò, duemila anni fa, attorno a Gesù fra alcuni giovani dei paesi affacciati sul lago di Tiberiade.
Veramente è sempre così che accade, da secoli. Lo stesso stupore per una umanità eccezionale, lo stesso entusiasmante riconoscersi fratelli, la stessa bella avventura sulle strade del mondo è riaccaduta mille volte, nel corso dei secoli, attorno a Francesco d’Assisi, a Bernardo di Chiaravalle, a Ignazio di Loyola e a tanti altri amici di Gesù.

Come don Giussani. E’ impressionante come quella generazione, la prima dopo il sessantotto, che non aveva più padri e maestri, ma solo padroni e ideologi, abbia imprevedibilmente re-incontrato Cristo imbattendosi nella persona e nella testimonianza di Giussani: in pochissimi mesi, negli anni più duri della storia dell’Italia repubblicana, mentre era in corso una sanguinosa guerra civile, proprio negli ambienti più infiammati e più pericolosi per dei cristiani (scuole, fabbriche e università) prese forma una straordinaria e travolgente presenza cattolica, che contagiò migliaia e migliaia di giovani e dette vita a eccezionali opere di solidarietà, educative, caritative, anche iniziative di lavoro, imprenditoriali e opere culturali, editoriali.

Un’effervescenza cristiana che fu apprezzata da Aldo Moro (ci sono alcuni fatti rivelatori raccontati nel libro) e detestata da una quantità di intellettuali, anche cattolici (episodi tutti da leggere).
La presenza di CL (involontariamente eroica) fu finalmente riconosciuta come preziosissima per la Chiesa dal neoeletto papa Giovanni Paolo II che con Comunione e liberazione ebbe una consonanza speciale (così come il cardinale Ratzinger – il papa attuale – che celebrò la messa funebre di don Giussani).

Tutto questo germinò, sorprendentemente, per esuberanza del cuore e dell’intelligenza diventati amici di Cristo, non certo per un “piano” e crebbe fra mille aggressioni fisiche e mille attacchi giornalistici.
Di fatto i ragazzi di CL, in quegli anni bui, sulla loro pelle garantirono spazi di libertà per tutti quando gran parte di coloro che avrebbero dovuto farlo si arrendevano al conformismo ideologico.

Il libro di Allevato – che contiene anche una leale e bella rilettura autocritica di un intellettuale cattolico dell’altro fronte, Pio Cerocchi – racconta nel dettaglio tanti fatti nei quali troviamo spesso anche personaggi diventati famosi.

Per comprendere più profondamente l’origine di questo straordinario fenomeno, che continua ad essere l’unico movimento nato negli anni del Sessantotto che vive, che si espande in decine di paesi del mondo e che resta tuttora un forte movimento di giovani (oltre ad essere diventato una vasta presenza adulta), bisogna leggere un altro libro appena uscito: s’intitola “Qui e ora” (Bur-libri dello spirito cristiano) e raccoglie alcune conversazioni che don Giussani proprio in quegli anni (per la precisione fra 1984 e 1985) tenne con alcuni di questi studenti, provenienti dagli atenei di tutta Italia.

Il primo impatto sorprenderà molti per la “laicità” del clima, per la totale mancanza di clericalismo.
Qualcuno avrà la sensazione forse di trovarsi in una raffinatissima – eppure appassionata, incandescente – accademia filosofica di tipo greco antico, tale è l’intensità e la profondità di questo serrato dialogo di tanti giovani con un vero padre: si tratta, in effetti, anche di una straordinaria scuola di razionalità, dove generazioni di giovani hanno imparato quell’uso attento, serio e leale dell’intelligenza che oggi nessuno insegna (tanto meno scuole e università). E hanno imparato che la fede cristiana è la più completa, gustosa e leale modalità di conoscenza della realtà.

In queste pagine intervengono giovani colpiti e commossi dall’incontro con Gesù vivo oggi e dalla bellezza dell’esperienza comunitaria, che attraverso quel maestro e padre imparavano a conoscere se stessi e si appassionavano alla realtà, alla bellezza, alla verità e ai bisogni di tutti.
Il libro di Allevato documenta con i fatti cosa accedeva a quei giovani incontrando un vero e grande amico di Gesù. “Qui e ora” fa sentire la voce viva di don Giussani. Si ricava da entrambi i libri la sensazione che quella cristiana sia davvero la più bella della avventure. Un’avventura liberante. E renda vera e semplice tutta la vita.

Fonte: © Libero – 12 luglio 2009