Si pensava che fossero stati gli azzurri a vincere i mondiali: Cannavaro, Materazzi, Totti, Gilardino, Toni, Del Piero, Zambrotta. E invece no.
E’ stato Romano Prodi e la sua Unione. L’ha rivelato lui stesso ieri al Corriere della sera. Testuale.
Sentite qua come l’ha sparata: “Berlusconi ha detto che non ce l’avremmo fatta ad eleggere i presidenti della Camera e del Senato, che non ce l’avremmo fatta ad eleggere Giorgio Napolitano al Quirinale, che avremmo perso le elezioni locali e poi il referendum. Non ha detto solo che avremmo perduto il Mondiale di calcio e abbiamo vinto pure quello”.

Dice proprio così: “abbiamo vinto pure quello”. Come le elezioni e il referendum.
Ma come ha fatto l’Unione a vincere i mondiali di calcio?
Avete visto Prodi in campo con la maglia della Nazionale? No. Non risulta nemmeno un suo impiego come raccattapalle. Né si è vista la Bindi o Padoa Schioppa segnare di testa.
Forse c’erano giocatori di una squadra di proprietà di Prodi? No, ce n’erano semmai del Milan di Berlusconi. Dunque come si spiega quella trionfale dichiarazione di vittoria con la Coppa del mondo sbandierata contro il Cavaliere? Con il caldo?
No. La verità è più divertente: quello è veramente il pensiero di Prodi.
E non perché sia uno sbruffone di provincia che al bar di Scandiano asserisce di aver dato lui le istruzioni a Lippi.
No. Prodi non è il gradasso di paese. Gli piace atteggiarsi a cuorcontento, farsi prendere per un entusiasta. Lo fa sentire candido.
Allora mostra di identificarsi, un po’ come facevamo tutti da fanciulli, con il ciclista o col calciatore.
Con chi si sarà identificato stavolta? Con Buffon? Con Pirlo? No. Neanche con Gattuso (perché il “centrocampista operaio” ricorda troppo il “premier operaio”, oltretutto è milanista). Prodi si è identificato con Grosso.
Lo cita addirittura due volte. Sentite quest’altra chicca tratta dalla bombastica intervista del premier: “Dovremmo parlare del rapporto perfetto che abbiamo con la Merkel a Berlino, e che nemmeno quel gol di Grosso al 118’ della semifinale non ha spezzato”.
Cosa dire di questa perla? Primo: che Prodi si fa “Grosso” con la vittoria dell’Italia, ma ha un’idea approssimativa della sintassi italiana (c’è un “non” di troppo: “nemmeno quel gol non ha spezzato…”).
Secondo: che sembra buttare tutto sul ridere, sembra ridurre le cose serie a burletta. Ma poi sulla politica estera dice alcune cose importanti da sottolineare e mandare a mente.
Prima cosa da non dimenticare. Insiste nel chiedere un occhio di riguardo per la Cina, senza far menzione alcuna dei diritti umani e dei diritti sociali colà stracciati (deve avere proprio un debole per quel regime tirannico).
Seconda cosa. Smentisce clamorosamente il suo ministro degli Esteri D’Alema il quale aveva dichiarato alla Camera che “le ipotesi di coinvolgimento” di Iran e Siria “nell’attuale crisi sono per noi difficili da verificare”.
Laddove perfino il premier libanese Siniora aveva dichiarato che “non è un mistero per nessuno che l’Hezbollah risponde alle agende politiche di Teheran e Damasco”.
Ebbene, Prodi dice l’opposto di D’Alema: “E’ giudizio condiviso che siriani e iraniani siano attivamente impegnati nel sostegno di Hezbollah, sia con finanziamenti, che con la fornitura di armi, missili soprattutto”.
Dopo questo passaggio – che è una porta in faccia al suo ministro degli Esteri – ci si sarebbe aspettati che Prodi si schierasse apertamente contro l’organizzazione terroristica sostenuta da Damasco e Teheran e a sostegno di Israele. Invece no.
Al G8 Prodi si è scatenato in una frenetica attività telefonica con Iran, Siria, Israele, Libano. Non ha cavato un ragno dal buco, ma ha speso una cifra in bolletta telefonica per atteggiarsi a mediatore.
Poi – avendo fatto il 16 luglio scorso la colossale gaffe di chiedere “una mediazione” al regime iraniano (trovata imbarazzante e tragicomica) – è corso ai ripari e ieri al Corriere ha dichiarato: “ho informato tutti che l’Italia avrebbe svolto questo ruolo di facilitatore non di mediatore”.
A parte l’ennesima imprecisione linguistica (l’Italia facilitatore e mediatore?) Prodi fa rimpiangere davvero Berlusconi che in politica estera aveva le idee chiare.

E poi il premier avrebbe più chances come Facilone che come Facilitatore: “La Finanziaria? Sarà approvata”.
Sul partito Democratico è scoppiata la guerra fra Rutelli e Fassino, ma lui placido nicchia e ride senza vedere problemi.
Sul voto per la missione in Afghanistan non avverte scricchiolii (sebbene la febbre pacifista abbia contagiato anche alcuni settori dei Ds).
Per la mozione relativa agli esperimenti sulle staminali, che ha provocato un terremoto con la Chiesa, canta vittoria tutto contento.
Sull’eventuale crollo della sua risicata maggioranza al Senato è tranquillo: “se il mio governo perde si va a votare”.

Tutto facile, tutto semplice. Peccato che sia stato il suo più stretto collaboratore, uno dei più intelligenti nell’Unione, Enrico Letta, a dichiarare il 18 luglio scorso “non possiamo pensare di durare cinque anni in Senato con i voti dei senatori a vita” e dunque “dobbiamo allargare questa maggioranza”.
Prodi dopo aver fulminato D’Alema boccia anche il Letta-pensiero (“è sbagliato”) e dice che non vede il problema.
Tranquillo e sereno. Come quando, nel 1998, Arturo Parisi lo rassicurò che c’era la maggioranza e poteva star tranquillo….
A quel tempo ci rimise le penne, abbattuto da Bertinotti.
Oggi Prodi è convinto di aver addomesticato i comunisti. “Berty-night” – come è stato ribattezzato il leader di Rifondazione – si gode la presidenza della Camera e la rivoluzione può attendere.
Perciò il Facilitatore-Facilone Prodi in una intervista a “Die Zeit” ha definito marginali e “folcloristici” i due partiti comunisti. Che se la sono presa di brutto.
Ma a Prodi – sempre ridanciano – è bastato smentire (anche se il giornale tedesco ha confermato tutto) per ripetere che tutto va bene.
Pure sui pochi voti di maggioranza del Senato se la ride: “così è più thrilling, c’è più avventura. Vuole la verità? E’ più sexy!”.
Sentir parlare Prodi di cose “sexy” è come vedere una signora sull’ottantina con la minigonna.

Il buonumore facilone di Prodi è passato solo quando Riotta ha posto il problema del “segreto di stato” relativo alla vicenda di Abu Omar.
Mille circonlocuzioni per far capire che difende il “segreto di stato”. Solo che – anche in questo caso – la sua maggioranza è sempre stata dalla parte opposta. Prima o poi salta tutto.
Ma intanto Prodi si diverte a spaziare con incursioni facilone pure nel campo delle scienze umane. Ieri ha detto: “Adoro Almodovar, sa parlare di politica con le sue commedie, in ‘Tutto su mia madre’ si vedono gli ospedali spagnoli, gente che sgobba duro, ma con allegria”.
Cosa ci sia di allegro in un reparto di rianimazione, con un adolescente in coma e una madre in angoscia è difficile da capire. Dire che quel film sul senso della vita e sull’identità voleva raccontare la sanità spagnola è come dire che san Matteo scrisse il suo Vangelo per mostrare le bellezze paesaggistiche della Galilea.
Pure la citazione finale di Pascal – che viene direttamente dal Bignami – meriterebbe qualche punizione corporale. Era più adatta al suo governo una citazione dei “fratelli Marx”. Specie una battuta di Groucho: “Questi sono i miei principi, se non ti piacciono allora ne ho degli altri”.

Fonte: © Libero – 22 luglio 2006

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