Ma davvero il Conclave del marzo 2013 ha seguito procedure errate e l’elezione di papa Francesco potrebbe essere nulla?

Tante persone mi hanno posto questa domanda (pure la Bbc vuole saperne di più).

Rimando alla lettura del capitolo del mio libro “Non è Francesco” dove ho esposto i fatti e i dubbi, ponendo le domande del caso.

Molti mi hanno attaccato ferocemente prima ancora che il libro uscisse e continuano a farlo senza aver letto nemmeno quelle venti paginette (su 250) dedicate al Conclave del 2013 (che non sono nemmeno le più importanti del libro).

Perché? Io ne ho scritto pacatamente, in quanto un’inchiesta su fatti e procedure va condotta con obiettività, fuori da pregiudizi e furori ideologici.

Oltretutto in quella vicenda non c’entra niente papa Bergoglio, né l’opinione che si ha del suo pontificato. Se avessi scoperto lo stesso errore nell’elezione di Ratzinger avrei sollevato egualmente il problema, perché la ricerca della verità è il dovere dei giornalisti e di certo è vitale per la Chiesa.

Ho sottolineato nel libro che, a mio avviso, quegli errori nelle procedure del Conclave sono presumibilmente dovuti a superficialità e approssimazione, non a malafede e dolo.

Ho aggiunto che restavo in attesa di risposte e se ne fossero arrivate di esaurienti ne avrei preso atto perfino con sollievo.

Purtroppo però ad oggi di risposte esaurienti non si è vista nemmeno l’ombra.

 

IMBARAZZO

 

Al cardinale Lorenzo Baldisseri, il 3 ottobre, il “Fatto quotidiano” ha chiesto: “Nel suo ultimo libro ‘Non è Francesco’, Antonio Socci afferma che durante il conclave sono state violate le norme che lo regolano e quindi che l’elezione di Bergoglio è ‘nulla e invalida’. Lei che era il segretario del conclave cosa risponde?”

Risposta: “Escludo nel modo più assoluto che sia stata violata alcuna norma. L’elezione di Papa Francesco è avvenuta regolarmente e Bergoglio è stato eletto validamente”.

Sarà, ma il prelato così non dà alcuna risposta alle questioni sollevate nel mio libro. Non porta argomenti.

E poi Baldisseri il 13 marzo 2013 era ancora monsignore: stava forse nella Cappella Sistina durante il voto? Se no come fa a smentire qualcosa che non conosce?

 

IL CAN PER L’AIA

 

Ieri su un giornale online ha cercato di rispondere al mio libro il canonista Giancarlo Cerrelli (con Massimo Introvigne).

Ovviamente non basta la qualifica di canonista perché ho anche io i miei canonisti e più competenti in materia di Cerrelli che si occupa di cause matrimoniali.

Il mio interlocutore inizia ricordando che io sono partito dal resoconto del Conclave pubblicato dalla giornalista argentina (e biografa del papa) Elisabetta Piqué nel libro “Francesco. Vita e rivoluzione”, dove si rivela appunto l’annullamento della quinta votazione per le due schede attaccate.

A parere di Cerrelli “l’argomento di Socci è infondatoperché nessuno può sapere se quanto riferisce la Piqué è vero”.

Faccio sommessamente presente che le rivelazioni della Piqué sul Conclave sono state rilanciate e lodate da “Osservatore romano”, “Radio Vaticana” e perfino dall’ultrabergogliano Andrea Tornielli. Inoltre in un anno e mezzo non sono mai state smentite da nessuno.

Cerrelli allora obietta: “nessuno che al conclave ci sia stato davvero li smentisce, perché smentendoli si esporrebbe a essere scomunicato”.

In realtà non c’è scomunica per i cardinali. Infatti alcuni presenti al Conclave hanno parlato e non per smentire bensì per confermare la “versione Piqué”.

La conferma di “alcuni cardinali” è stata raccolta da Gian Guido Vecchi e pubblicata sul “Corriere della sera” del 9 marzo 2014. Lo scrivo a pagina 124 del mio libro. Perché Cerrelli rimuove quello che contraddice la sua versione? E’ obiettività questa?

Non solo. All’uscita delle anticipazioni del mio libro la stessa Piqué, un’autorevole collega che collabora anche con Cnn, ha riferito il contenuto del mio libro su “La Nacion” di Buenos Aires e – da ineccepibile professionista – ha confermato quanto lei aveva rivelato nel suo libro. Quindi la mia fonte conferma.

“En passant” faccio notare che non ha smentito la mia ipotesi secondo cui proprio il papa (l’unico svincolato dal segreto e suo amico) le potrebbe aver rivelato il fatto.

 

BANAL GRANDE

 

Nella seconda contestazione Cerrelli afferma che hanno fatto bene in Conclave ad applicare l’articolo 68 della Universi Dominici gregis, annullando la votazione e lo scrutinio.

Qui semplicemente io rimando alle venti pagine del mio libro dove spiego perché invece andava applicato l’articolo 69 e non si doveva annullare niente.

Se infatti si adotta l’articolo 68 si apre una contraddizione insanabile fra due articoli, come se normassero in modo opposto lo stesso caso, e si concede di fatto a qualsiasi cardinale il potere di annullare all’infinito il voto del Conclave o per prendere tempo o per far saltare una candidatura sgradita.

Un’altra cosa a me è parsa una violazione delle norme, ovvero la quinta votazione nella stessa giornata mentre l’articolo 63 della Costituzione apostolica ne prevede solo quattro al giorno (e per ragioni non solo formali, ma gravide di conseguenze concrete sul voto).

Il testo recita: “si dovranno tenere due votazioni sia al mattino sia al pomeriggio”. Quattro sole. Stop. Cerrelli sostiene però che quella che non è stata scrutinata non va contata come votazione. Ma dove sta scritto?

Se Giovanni Paolo II avesse consentito deroghe avrebbe aggiunto: “due votazioni sia al mattino sia al pomeriggio, a meno che una votazione venga annullata…”. Invece non l’ha scritto.

Ma Cerrelli sostiene che il 13 marzo hanno fatto bene a farne una quinta, nonostante le norme. Appoggiandosi (erroneamente come ho detto) all’articolo 68 vi legge che dopo l’annullamento bisogna “procedere subito ad una seconda votazione” e ne ricava che si doveva rivotare quella sera stessa.

In realtà la norma si riferisce al caso generale di una votazione che avviene nell’arco della giornata e che ha delle votazioni successive già previste, perché se dovessimo applicare automaticamente questa logica all’ultima votazione annullata del giorno e vi fossero dei cardinali che deliberatamente vogliono far saltare lo scrutinio, inserendo ogni volta una scheda in più, di fatto, i poveri elettori (anziani e stremati) potrebbero dover andare avanti quella sera all’infinito, fino a stramazzare al suolo senza mai arrivare allo scrutinio.

Non solo. Cerrelli cita come risolutivo quel “subito” dell’articolo 68 (“procedere subito a una seconda votazione”) senza avvedersi che nel testo normativo latino della Universi Dominici gregis quel “subito” non c’è.

E’ una traduzione che non corrisponde alla lettera del testo latino ufficiale. Quindi ulteriore smentita.

Infine Cerrelli evita di confutare la mia terza contestazione, ovvero l’apertura della scheda doppia in fase di conteggio, che non è consentita.

 

SINE GLOSSA

 

Invece Cerrelli  contesta l’applicazione dell’articolo 76 sull’annullamento del voto perché a suo parere io interpreto “in modo letterale e formalistico” quella norma.

Ma quale altro modo c’è di rispettare le norme? Un Conclave non è mica una grigliata fra amici.

Secondo Cerrelli “i requisiti di validità” devono essere “ridotti al minimo”. Peccato che non la pensasse così Giovanni Paolo II che ha stabilito norme di nullità molto ampie, ovviamente riferite agli atti elettivi e non ad aspetti secondari.

Un collega canonista di Cerrelli, a commento di quell’articolo 76 scrive che il testo di Giovanni Paolo II è “più generico” del precedente, perciò “non possiamo limitarlo” ai casi previsti in passato.

Infatti “il Legislatore ha preferito parlare più genericamente ‘electio aliter celebrata’, affinché tutte le disposizioni prescritte nella Costituzione assumano una particolare forza (…). Laddove il Legislatore avrà ritenuto non invalidante una norma riguardante strettamente l’atto elettivo, lo dovrà dire espressamente nella medesima norma, come ad esempio nel caso dell’elezione simoniaca”.

Dunque le domande restano.

 

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 8 ottobre 2014

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