L’11 ottobre scorso, per il 60° anniversario dell’inizio del Concilio Vaticano II, papa Francesco – durante la celebrazione nella Basilica di San Pietro – ha tenuto un’omelia commovente, ma anche sorprendente.

Un discorso così fuori dagli schemi su cui è costruita l’informazione religiosa dei giornali che, non essendo compreso, è stato ignorato. Eppure potrebbe rappresentare una svolta vitale per il mondo cattolico.

Anzitutto il Papa ha spazzato via quel nefasto pensiero binario che ormai intossica il dibattito pubblico. Già Francesco lo sta facendo, da mesi, per quanto riguarda la guerra in Ucraina. Con l’omelia dell’11 ottobre ha voluto archiviarlo anche per il mondo cattolico, in relazione al Concilio.

Se solo ricordiamo quanto – da decenni – i cattolici si sono polarizzati e spaccati fra progressisti e conservatori, fra modernisti e tradizionalisti, producendo il disastro attuale, si può intuire l’importanza di ciò che il Papa ha detto.

Anzitutto – per spazzare via il manicheismo ideologico – ha iniziato dall’essenziale: “’Mi ami?’. È la prima frase che Gesù rivolge a Pietro nel Vangelo che abbiamo ascoltato (Gv 21,15)… Il Concilio Vaticano II è stato una grande risposta a questa domanda: è per ravvivare il suo amore che la Chiesa, per la prima volta nella storia, ha dedicato un Concilio a interrogarsi su sé stessa (…): si è riscoperta Popolo di Dio, Corpo di Cristo, tempio vivo dello Spirito Santo!”

Ha aggiunto: “la Chiesa va guardata prima di tutto dall’alto, con gli occhi innamorati di Dio”. Ma se invece di “partire da Dio” partiamo dall’io – spiega il Pontefice – ci lasciamo “trasportare dal vento della mondanità per inseguire le mode del tempo… Stiamo però attenti: sia il progressismo che si accoda al mondo, sia il tradizionalismo – o l’indietrismo – che rimpiange un mondo passato, non sono prove d’amore, ma di infedeltà. Sono egoismi pelagiani, che antepongono i propri gusti e i propri piani all’amore che piace a Dio, quello semplice, umile e fedele che Gesù ha domandato a Pietro Mi ami tu? Riscopriamo il Concilio per ridare il primato a Dio, all’essenziale: a una Chiesa che sia pazza di amore per il suo Signore e per tutti gli uomini, da Lui amati”.

Peraltro entrambi i poli contrapposti – progressisti o tradizionalisti – vedono nel Concilio una rottura della bimillenaria tradizione della Chiesa. Per anni Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI hanno ribadito che il Concilio va invece letto e vissuto all’interno del cammino della Chiesa di sempre.

Francesco riprende questo magistero dicendo: “Fratelli e sorelle, torniamo al Concilio, che ha riscoperto il fiume vivo della Tradizione senza ristagnare nelle tradizioni”.

Poi ha indicato un compito importante: “Il buon Pastore vede e vuole il suo gregge unito, sotto la guida dei Pastori che gli ha dato… Il Concilio ci ricorda che la Chiesa, a immagine della Trinità, è comunione. Il diavolo, invece, vuole seminare la zizzania della divisione. Non cediamo alle sue lusinghe, non cediamo alla tentazione della polarizzazione. Quante volte, dopo il Concilio, i cristiani si sono dati da fare per scegliere una parte nella Chiesa, senza accorgersi di lacerare il cuore della loro Madre! Quante volte si è preferito essere ‘tifosi del proprio gruppo’ anziché servi di tutti, progressisti e conservatori piuttosto che fratelli e sorelle, ‘di destra’ o ‘di sinistra’ più che di Gesù”.

Questa unità dovrà essere ricostruita ed è un’impresa molto grande e impegnativa. Ma i cattolici la vogliono?

 

Antonio Socci

 

Da “Libero”, 15 ottobre 2022-10-15

Print Friendly, PDF & Email