Il Natale è il ricordo del modo
in cui il Signore si è reso presente.
Il Signore non è mai un passato.
Il Natale è dunque il ricordo del Signore
Che è diventato uomo, un bambino
Come ognuno di noi è stato ed è.
Luigi Giussani

Buon Natale a tutti! La notte di Natale chiedete al Signore la grazia che renda la vostra vita testimonianza a Lui, perché la testimonianza a Dio che diventa uomo… vi ho già raccontato di Manfredini? Di Monsignor Manfredini, vescovo di Bologna, uno dei più grandi vescovi di questa povera stagione clericale? Una volta stavamo andando in Chiesa alla sera, stavamo scendendo a balzelloni dalla scala perché eravamo in ritardo, e Manfredini mi si è affiancato e mi ha preso il braccio. Allora io glio ho detto:«Cosa vuoi?». «Però, pensa: che Dio si sia fatto uomo, sia nato come un uomo…» ha fatto un passo in avanti, poi è tornato indietro, «è una cosa dell’altro mondo!». E io gli ho detto seriamente:«Eh già, è proprio una cosa dell’altro mondo… in questo mondo». E qual è lo strumento che usa per far capire che è così? La vita di coloro che sono cambiati per questo. La testimonizanza della nostra vita cambiata dalla fede. Perciò nel Natale bisogna domandare a Cristo che, avendo incominciato in noi l’opera buona, la porti alla fine.
E l’opera buona, la grande opera buona, il più grande valore del mondo, qual è? La testimoniaza a Cristo. Se tiri via questo, tiri via ogni senso a tutto ciò che accade, tiri via il senso del mondo. Allora il mondo diventa deserto e vuoto, come dice Eliot.
Luigi Giussani – Si può vivere così?

* * *

Il mistero di quella stella…

Clamoroso lo scoop del giornale tedesco Die Zeit. La Repubblica di ieri (20 dicembre) gli ha dedicato un’intera pagina con questo titolo: “Non fu una cometa a guidare i Re Magi”. Secondo un astronomo tedesco, Juergen Hamel, il “segnale celeste” di cui parla il Vangelo sarebbe stato “l’allineamento di Giove e Saturno”. Davvero uno scoop. Peccato che questa ipotesi sia vecchia di 400 anni: fu formulata la prima volta esattamente 4 secoli fa dal grande Keplero in “De Jesu Christi Salvatoris nostri vero anno natalitio”, opera stampata a Praga nel 1606. Tale idea nei secoli è stata discussa su tanti libri e fatta propria da molti studiosi.

La Repubblica la presenta ora come “una nuova ipotesi”, come “una spiegazione scientifica d’uno dei dettagli più suggestivi del Vangelo”. A conferma che la scoperta dell’acqua calda è sempre attualissima. Ma lasciamo perdere la Repubblica ed entriamo al merito. L’evento astronomico di cui parla Keplero (ben prima di Hamel) accadde nell’anno 7 a.C. (probabile data di nascita di Gesù) e in effetti fu clamoroso perché la congiunzione tra Giove e Saturno nella costellazione dei Pesci, che è molto rara, quell’anno si replicò ben tre volte: il 26 maggio, il 30 settembre e il 1 dicembre.

Dunque “la stella” di cui parla il Vangelo di San Matteo, che non menziona comete, potrebbe essere proprio quella congiunzione di pianeti particolarmente luminosa? A dire il vero Antonio Panaino nel saggio “I Magi evangelici” sostiene che “delle tre congiunzioni Giove-Saturno verificatesi nell’anno 7 a.C., nessuna fu così stretta da dare adito ad una possibile confusione con una sola stella di luminosità straordinaria”. Ma altri non sono d’accordo. Fra le tante ipotesi fatte sulla “stella” dei Magi (dalla cometa di Halley che transitò in quegli anni, all’esplosione di una Supernova, a Venere che nel 6. a.C. ebbe una luminosità straordinaria a mille altre ipotesi) quella della congiunzione Giove-Saturno resta una delle più forti (se proprio vogliamo escludere l’origine soprannaturale del segno).

Oltretutto quella congiunzione di pianeti poteva avere, per dei sapienti orientali, tutti i contenuti simbolici che i Magi di cui parla il Vangelo attribuiscono alla luce avvistata nel cielo. Perché mai, infatti, questi studiosi del firmamento, vedendo tale “stella” dovevano cercare proprio in Giudea uno straordinario re appena nato? Perché quello era il significato di quella “congiunzione” nel segno dei Pesci che indica il Medio Oriente.

Nel volume “Il problema cronologico della nascita di Gesù”, Giulio Firpo scrive: “si ritiene possibile che taluni astrologi, interpretando questo evento eccezionale (previsto e registrato a Babilonia e in Egitto) come l’annuncio della nascita di un re (Giove era l’astro del re), si siano diretti proprio verso la Giudea (in quanto unico regno di tutta la Siria-Fenicia; inoltre, Saturno, per i Babilonesi, indicava il regno di Amurru, cioè la Siria; infine, secondo una tradizione rabbinica medievale, Saturno era la stella dei Giudei)”.

Eppure non basta. C’è qualcosa di più. La cronaca evangelica dice: “alcuni Magi giunsero da Oriente a Gerusalemme e domandavano: ‘Dov’è il re dei Giudei che è nato? Abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti per adorarlo’ ” (Mt 2, 1-2). Perché mai quei sapienti persiani avrebbero dovuto “adorare” quel fanciullo? Non è una forzatura dell’evangelista, una leggenda cristiana? In realtà no. Era la stessa cultura di quei popoli ad attendere un “soccorritore” come Israele.

Giuseppe Ricciotti, nella sua famosa “Vita di Gesù Cristo” uscita nel 1941, già trattava ovviamente dell’ipotesi di Keplero e negava che i Magi, pur studiando le stelle, fossero “astrologi e fattucchieri… anzi, come discepoli di Zarathushtra e fedeli trasmettitori dell’Avesta, essi dovevano essere i naturali nemici delle dottrine astrologiche e mantiche dei Caldei, le quali sono recisamente condannate nell’Avesta”.

Dunque come si spiega il loro viaggio e la loro “adorazione”? “In Persia” spiega Ricciotti “si aspettava per tradizione interna una specie di salvatore e inoltre si sapeva che una analoga aspettativa esisteva in Palestina” (nell’area babilonese non solo aveva vissuto il popolo d’Israele, ma viveva ancora una forte comunità ebraica, dunque la “contaminazione” culturale è più che ovvia). Il pensiero teologico dei Magi, come risulta nell’Avesta, è imperniato sulla lotta fra il Bene e il Male, fra Ahura-Madzah (il “Saggio Signore”) e Angra-Mainyu, lo spirito del male. Ricciotti sottolinea che in questa lotta entra come protagonista la figura del “saushyant”, un “soccorritore”, un personaggio escatologico che verrà sulla terra e farà vincere il Bene. Col tempo tale “soccorritore” viene identificato in tre personaggi futuri che sarebbero nati dalla stirpe di Zarathushtra. Uno dei tre in particolare, che si chiamerà Astvat-ereta, che vuol dire “verità incarnata”, assicurerà il trionfo del Bene e il ritorno dell’umanità alla condizione di felicità.

Significativo è anche il terzo “soccorritore” che sarà partorito da una fanciulla “senza che alcun uomo le si avvicini” (si tratta cioè di un concepimento miracoloso) e con lui si verificheranno la resurrezione dei morti, il giudizio universale sull’umanità e il ristabilimento del regno di Ahura-Mazdah. La consonanza di queste “profezie” con il cristianesimo è impressionante. Ma per la verità già in ambito ebraico era stata notata l’analogia con il Messia di Israele. “I cosiddetti ‘Oracoli di Ystaspe’, un libro di cui ci sono pervenuti solo scarsi frammenti, mostrano chiaramente” osserva Ricciotti “la tendenza ad intrecciare concetti della Bibbia con idee persiane… Storicamente dunque è del tutto verosimile che verso l’inizio dell’Era cristiana fosse diffusa nella casta dei Magi in Persia la conoscenza dell’aspettativa giudaica di un Re-Messia: che questa aspettativa straniera fosse identificata con l’aspettativa persiana di un ‘saushyant’-soccorritore e che taluni dei magi si interessasero in una maniera qualsiasi della comparsa di questo gran personaggio”.

Oltretutto proprio in quegli anni l’attesa messianica in Israele era fortissima. Tutte le antiche profezie sembravano indicare quel tempo. Innanzitutto la profezia di Giacobbe contenuta nella Genesi (49,10) secondo la quale “colui a cui appartiene il bastone del comando e a cui è dovuta l’obbedienza dei popoli”, ovvero il Messia-Salvatore, non verrà fino al tempo in cui “non sarà tolto lo scettro da Giuda”. E proprio con Erode, che è uno straniero (idumeo per parte di padre e arabo per parte di madre), Israele si trova dominato da un re che non proviene dalla tribù di Giuda. Anche gli esseni, un movimento ebraico d’ispirazione profetica, lo stavano annunciando: “nei circoli esseni” scrive Firpo “si prevedeva che il Messia dovesse comparire in un periodo compreso tra il 10 a.C. e il 2 d.C”. Erode lo sapeva. Era ossessionato dalle antiche profezie ebraiche, cercò addirittura di falsificare la propria genealogia per presentarsi come ebreo e come discendente di Davide, infine addirittura come Messia. Per questo – dopo l’incontro con i Magi – fece sterminare i bambini nati a Betlemme, che era la città di Davide (dalla sua discendenza, secondo la promessa, doveva nascere il Messia). Uno di questi bimbi si salvò dalla strage grazie alla fuga precipitosa dei suoi genitori. Un fanciullo nato da un ramo decaduto della stirpe regale: il suo nome era Yehòshua’, Gesù (che significa “Dio salva”). Lui, solo lui, era l’atteso dall’umanità, il “Soccorritore”, la “Verità incarnata”.

Da “Libero” 21 dicembre 2006

Fonte: AntonioSocci.it

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