Con tutti i riflettori sulla Lega e il M5S, pochi hanno riflettuto sulle incredibili capriole del PD, che sono le più sorprendenti.

Dunque il 26 luglio Nicola Zingaretti, aprendo la Direzione nazionale del PD, dice: Noi non perseguiamo un’alleanza con i 5 Stelle, non è nelle intenzioni, né è mai stato un nostro obiettivo, non lavoriamo a una crisi parlamentare per fare un governo con loro”.

L’esito di quella direzione lo spiega in tv, il 10 agosto, la vicesegretaria del partito Paola De Micheli : “Non esistono le condizioni politicheper un altro governo, almeno con il Pd: è la linea che ladirezione nazionale ha approvato 15 giorni fa all’unanimità”.

Passano poche ore e il PD è prontissimo  a fare un governo col M5S, nella frenesia di riprendersi le poltrone da cui gli italiani lo avevano sfrattato col voto politico del 2018.

Tutto questo è serietà? Era stato Matteo Renzi, all’indomani del voto del4 marzo 2018, in cui il PD aveva toccato il suo minimo storico, a bloccare tutte le ipotesi di pastrocchi con il M5S con queste parole. Aveva scritto: “Siamo seri. Chi ha perso le elezioni non può andare al Governo. Non possiamo rientrare dalla finestra dopo che gli italiani ci hanno fatto uscire dalla porta. I giochetti dei caminetti romani non possono valere più degli italiani”.

E Renzi ha tenuto questa posizione per mesi. Al punto che alla vigilia della Direzione del PD del 26 luglio lanciava avvertimenti durissimi via twitter. Il 17 luglio  scriveva: “Oggi i giornali rilanciano accordo coi Cinque Stelle. Penso a Di Maio/Gilet gialli, Di Battista contro Obama, Lezzi sul Pil, Taverna sui vaccini, scie chimiche, vaccini, Olimpiadi, Tav, allunaggio. E ripeto forte e chiaro il mio NO all’accordo con questi”.

Il 22 luglio ripeteva: “La mia risposta a chi vuole fare accordi con i Cinque Stelle ‘per difendere insieme certi valori’. Perché io sono contrario a questo accordo”.

Seguiva il link a un suo post su Facebook in cui attaccava duramente Di Maio e quegli esponenti del Pd che “aprivano ai grillini”. Renzi ripeteva il suo no e rispondeva a Franceschini: “io non vedo valori comuni con chi ha governato in questo anno”.

In effetti la Direzione del PD, il 26 luglio, ha preso questa posizione di chiusura al M5S “all’unanimità”.

Ma appena Salvini ha parlato di sfiducia al governo, il Pd, in men che non si dica, ha capovolto quanto aveva deliberato all’unanimità. E chi è stato a portare di colpo il partito in questa opposta posizione? E’ stato Matteo Renzi, con una intervista al Corriere della sera l’11 agosto. Proprio colui che fino a poche ore prima tuonava contro chi era tentato di accordarsi col M5S.

E Carlo Calenda glielo ha rinfacciato riproducendo queste parole di Renzi pronunciate a luglio: “l’accordo con i 5 stelle serve solo per trovare una cura a qualche politico dem di lungo corso in crisi di astinenza. Astinenza da poltrona”.

Dopo tutte queste capriole arrivano pure ad attaccare Salvini per aver cambiato posizione sulla crisi

D’altra parte anche il M5S ha sempre avuto parole di fuoco contro il Pd. Fino a ieri. Jacopo Iacoboni, nel suo libro “L’esecuzione”, ricorda addirittura ciò che disse a suo tempo il fondatore e ispiratore del M5SGianroberto Casaleggio : “Se il M5S facesse un governo con il Pd, io uscirei dal Movimento”.

Tornando al PD, la cosa incredibile è la paura di un partito che si definisce “democratico” di dare la parola agli italiani e il bisogno estremo di fiondarsi sulle poltrone del potere appena può, anche se gli italiani li hanno sfrattati: segno di inconsistenza politica e grave sfiducia nelle proprie idee.

Pierluigi Battista – ricordando che “votare non è un dramma, è democrazia” – si è rivolto su Facebook al Segretario del Pd:“Zinga, sveglia: fa paura un Pd ridotto così. Fai vedere che guidi tu, non lasciare la scena a chi ha portato il tuo partito al minimo storico. Preparati alle elezioni, offri un volto meno impaurito… Esci. Dimostra di avere coraggio. Vai nelle piazze (e nelle spiagge) gira l’Italia come fa Salvini con un’energia pazzesca ”.

Gli suggerisce poi di proporre alla gente “cinque cose per cui vale la pena votarti, uscendo dalle stanzette delle formule rancide. Mettiti in gioco. Suda. Beccati anche i fischi. Muoviti. Dì qualcosa. Dimostra che sei un leader e allora niente è perduto”.

Anche un grande vecchio del Pci, Emanuele Macaluso, ieri ha tuonato contro l’accordo col M5S: “Il Pd è malato di governismo, non si ferma questa destra con una manovra di palazzo…ma chi l’ha detto che l’Italia sceglierà Salvini?”La sua intervista è titolata: “Compagni, non abbiate paura del popolo”.

Peraltro che la confusione regni sovrana nel PD lo si è visto con l’autogol del 13 agosto quando, invece di votare la mozione che avrebbe affrettato la crisi di governo, il Pd ha votato l’altra che l’allontanava, facendo così un involontario favore proprio a Salvini.

L’altro errore capitale  di Zingaretti è stato subire l’iniziativa di Renzi che, di fatto, gli ha sfilato il partito di mano imponendo la sua linea (che aveva appena capovolto), per mettere il cappello sull’accordo col M5S ed evitare le elezioni (che per la sua egemonia nei gruppi parlamentari sarebbero disastrose).

Ora però nel Pd, se dovesse saltare l’accordo col M5S, si prepara la resa dei conti. Se l’accordo salta, ha detto Renzi, la responsabilità sarà di Zingaretti (parole che sembrano già prefigurare la rottura). Dall’altra parte il Segretario, se l’accordo salta, metterà sotto accusa proprio Renzi che – per intestarsi l’operazione – è uscito troppo presto allo scoperto, quando la crisi non c’era ancora, dando così la possibilità a Salvini di correre ai ripari.

Se poi il governo Pd/M5S dovesse davvero partire (magari perché spingono i più anziani del PD che aspirano al Quirinale nel 2022) significa che l’accordo sarà tra grillini e Renzi perché è lui a controllare i gruppi parlamentari del Pd.

Per Zingaretti un tale governo sarebbe un suicidio politico perché sancirebbe la sua marginalità, ma anche per il M5S perché sarebbe un esecutivo sostanzialmente nelle mani di Renzi, che con la sua consueta abilità, controllando i gruppi parlamentari, farebbe pesare il suo potere di veto.

Avrebbe potere di vita e di morte sul governo, decidendo – quanto lo ritiene – di staccare la spina. Così, di fatto, terrebbe in pugno il M5S che vede le elezioni come il tacchino vede il Natale.

.

Antonio Socci

.

Da “Libero”, 18 agosto 2019