E’ stata feroce l’Unità con Calderoli per la maglietta su cui avrebbe fatto stampare le note vignette (dico “avrebbe” perché quella maglietta nessuno l’ha mai vista, è come il sarchiapone, si parla da giorni del nulla).

Domenica il giornale dei Ds lo definiva “il ministro indecente” e l’editoriale di Furio Colombo l’ha incenerito attribuendogli un “gesto volgare e irresponsabile” che – secondo Colombo – “ha provocato 11 morti (complice altrettanto irresponsabile un programma del Tg1 che ha trasmesso con allegria la vergognosa messa in scena)”.
Dunque non al dispotismo di Gheddafi e agli estremisti islamici vanno addebitati quei morti di Bengasi. No. Se ho ben capito l’articolo di Colombo sarebbero stati “provocati” dal gesto “volgare e irresponsabile” del ministro (la maglietta che non ha mostrato) “complice altrettanto irresponsabile il programma del Tg1” (che non ha mai mostrato le vignette).
Parole pesanti. Peccato che l’Unità e Furio Colombo dimentichino un particolare.
E’ stata proprio l’Unità, il 3 febbraio scorso, sulla sua prima pagina, a fare appello a “tutti i giornali europei” per pubblicare “tutti insieme, almeno una delle vignette” incriminate in prima pagina”.
E l’appello – che l’Unità pubblicava in prima pagina – era firmato da due autorevoli intellettuali della Sinistra, Adriano Sofri e Sergio Staino.
Se Calderoli dicesse di non aver fatto altro che raccogliere quell’appello? E se il Tg1 spiegasse di aver semplicemente aderito all’appello apparso sull’Unità?
Se lo dicessero ci sarebbe da divertirsi (si fa per dire) a sentire le risposte dell’Unità.
Ma non possono dirlo perché in realtà quella maglietta non è stata affatto mostrata: quindi né Calderoli né il “programma del Tg1” hanno fatto vedere quelle vignette.
Però il testo dell’Unità questo chiedeva a tutti i giornali europei (e il Tg1 è, appunto, un giornale).
Oltretutto l’articolo uscito sull’Unità usava toni tanto perentori e drammatici da urgere quel gesto. Infatti si chiedeva a tutti la pubblicazione di quelle vignette perché “crediamo che questo sia un modo efficace per dimostrare ai seguaci dell’oscurantismo più reazionario che non siamo disposti a cedere le nostre convinzioni democratiche di fronte a nessuna minaccia”.

Parole che Calderoli sottoscriverebbe. L’appello aggiungeva l’invito agli organi professionali e alle associazioni di categoria a “promuovere” addirittura una “giornata in difesa della libertà di stampa oggi così brutalmente attaccata” dal fondamentalismo islamico.
L’allarme dell’appello era apocalittico: “il problema non riguarda assolutamente i limiti o non limiti della satira, ma investe globalmente la libertà di opinione e di espressione dei popoli europei.
Se limitiamo la lettura di questo avvenimento” proseguiva l’Unità “ad un problema di suscettibilità verso la satira, o, peggio ancora, se troviamo delle ancorché minime giustificazioni ad un simile mostruoso attacco oscurantista, rischiamo di provocare danni irreparabili alla libertà degli individui e alla libera circolazione delle loro idee”.
La conclusione era un richiamo alla mobilitazione: “Se lasciamo passare questa feroce macchinazione senza una risposta forte rischiamo che, un domani molto prossimo, la stessa cosa possa accedere a qualunque altro giornalista”.
Che diranno nel mondo islamico quando scopriranno che il “quotidiano dei gruppi parlamentari Ds-l’Ulivo”, cioè del partito che si appresta a guidare il governo dell’Italia, ha lanciato questa provocazione?
Certo, è pur vero che l’Unità, dopo aver strillato questo appello sulla sua prima pagina, si è ben guardata dal pubblicare le vignette come l’articolo chiedeva.
Però la provocazione rimane.
Ed è surreale l’accanimento dell’Unità contro un ministro e “un programma del Tg1” che neanche hanno pubblicato le vignette, ma hanno solo parlato di una fantomatica maglietta dov’erano state stampate.
Anzi, il Tg1 – per scelta deliberata del direttore – in tutti questi giorni non ha mai mostrato l’ombra di una vginetta. Eppure sulla “Repubblica” di ieri appariva in prima pagina una lunga filippica di Romano Prodi che metteva sotto accusa la Rai perché – a suo dire – “lo show di Calderoli” sarebbe stato “ospitato in prima serata sulla rete ammiraglia della Rai”.
Ma che film ha visto? Di che sta parlando? Difficile capirlo. Difficile anche capire perché non si è mai dissociato dall’appello uscito sulla prima del quotidiano dei Ds.

In compenso, Prodi, prima di mettere sotto accusa il Tg1 provvede a lisciare il despota libico, riferendo di aver percepito “in un lungo colloquio con Gheddafi la preoccupazione di chi è chiamato a governare realtà complesse come quelle dei Paesi del Nord Africa”.
Sembra che parli di Churchill. Chiamato a governare? E da chi sarebbe stato chiamato Gheddafi?
Ma lo sa Prodi come costui ha preso il potere e come l’ha mantenuto per decenni?
Conosce il suo curriculum? In effetti, ha ragione Emma Bonino che ha dichiarato al Corriere della sera: “è bastato che Gheddafi riconoscesse di essere il mandante della strage di Lockerbie e dell’attentato dell’aereo sul Ciad e decidesse di pagare le vittime perché le democrazie occidentali si mettessero in fila per bussare alla porta di Tripoli”.

Tutto vero. Ma la Bonino dovrebbe istruire in materia innanzitutto Romano Prodi, suo candidato premier. Altrimenti il ridicolo paradosso dell’Unione è questo: portare in trionfo Gheddafi come illuminato e responsabile statista e mettere al rogo Clemente Mimun come fosse una pericolosa minaccia alla pace nel mondo.
D’altronde il despota libico deve averci preso gusto.
Dopo che i libici hanno assalito un consolato italiano e noi – invece di chiedere le scuse – ci siamo prosternati e abbiamo fatto fuori un nostro ministro, dopo che la polizia del regime ha fatto una decina di vittime e la responsabilità è stata buttata sugli italiani, ora da Tripoli ci danno altre prescrizioni.
Il figlio del despota libico, Saif Gheddafi, “ritenuto da molti il consigliere non ufficiale del leader libico”, in una incredibile intervista sulla “Repubblica” di domenica, ha evocato la “gente che andrà a votare alle prossime elezioni”, perché “a Calderoli non deve essere data più l’opportunità di parlare”.
Dopo aver diagnosticato che il ministro dovrebbe “farsi ricoverare” per “seri problemi mentali”, ha intimato: “è finito il tempo delle chiacchiere, ora è il momento di agire: la risposta deve arrivare dagli italiani”

Fonte: © Libero – 21 febbraio 2006

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