Ieri il Corriere della sera ha fatto un suo referendum: se avevo ragione o no a lamentare, su Libero di giovedì, la sostituzione di Luigi Giussani con “Pelagio” Bersani al Meeting ciellino di fine agosto. Ma la questione è molto più grande di “Bersani er tassinaro” e del Meeting. Riguarda il mondo cattolico tout court. Mi spiego.

Giorgio Vittadini, per giustificare l’ “incoronazione” di Bersani, fa un ragionamento storico-esistenziale. Ma lui sa bene che questa è la prima volta che il Meeting affida a un ministro (in carica) l’ “evento clou”, la presentazione del libro di Giussani. Non c’entra niente la storia degli anni Settanta (altrimenti potevano invitare, che so, Toni Negri): Bersani a quel tempo non era nessuno. Si è chiaramente fatta una scelta politica: il ministro. Scelta che – sia chiaro – avrei criticato anche se, nel precedente quinquennio, si fosse chiamato un ministro del governo di centrodestra, un Marzano o uno Schifani, a presentare Giussani (ma a quel tempo non è accaduto, forse perché in Forza Italia ci sono già i politici ciellini a tenere la posizione: oggi c’è bisogno di cercare amici fra i Ds).

Dal programma del Meeting e anche dalle ultime edizioni la sensazione triste è che la “Compagnia delle opere” (associazione di imprese che sente l’impellente necessità di avere “buoni rapporti” con chi ha il potere) abbia sostanzialmente fagocitato CL. In tacito accordo con i “politici ciellini” (non a caso il “forzista” Lupi vuole che Bersani “evangelizzi” a Rimini le pecorelle del Signore: con Lupi a guardia del gregge stiamo a posto). Già anno scorso ebbero la “geniale” idea di far presentare il libro di Giussani sull’educazione al banchiere Profumo (forse si pensò che emanasse odore di santità: fu una noia mortale). Non è un caso se da qualche anno a Rimini prevalgono gli incontri su temi economici (anche quest’anno l’argomento più trattato) e se ormai gli “economisti” tracimano pure sui libri di Giussani. E’ la nuova “economia della salvezza”.

Segno che la Cdo, appunto, sta fagocitando CL e il Meeting non ha più una sua proposta e un’identità, ma rischia di essere solo una passerella di notabili, una kamasutra di posizioni diverse ed equivalenti, a volte un piccolo marchettificio. Se perfino l’evento che dovrebbe riproporre l’accento di don Giussani, la sua intuizione della vita e la sua proposta cristiana, viene “appaltato” a un ministro, un uomo di potere, per una passerella di lusso, temo che sia difficile reperire la proposta del Meeting.

Dove può cercarla lo splendido popolo che va a Rimini? Nelle castronerie che sparerà Bersani? “Non è questione di essere teologi o politici”, ribatte Vittadini in sua difesa. Sì, ma c’è un limite. Se davvero, come dice Emma Neri, va bene chiunque perché non chiamano un comico come il Mago Forest a spiegarci Giussani? Il ministro diessino è peggio. Si presenta al Meeting addirittura con una fresca invettiva contro S. Agostino (e l’ortodossia cattolica) e una risibile apologia di un eretico, Pelagio (il tutto su “Famiglia cristiana”). Bersani è andato a esaltare come suo ispiratore politico proprio Pelagio, cioè il fondatore di quell’eresia contro cui per anni ci misero in guardia sia Giussani che Ratzinger. Peggio di così “se mòre”, è quasi un affronto alla memoria di don Gius e al magistero dell’attuale Papa. Allora tanto valeva chiamare Pannella (ma Pannella non conta granché nel governo…). Come tanti ciellini io avrei preferito sentire, al posto di Bersani, Julian Carron, ma il successore di Giussani al Meeting non c’è. C’è il ministro “Pelagio” Bersani a “spiegarci” don Gius. Vi sembra normale? Dei contenuti agli organizzatori non cale? Evidentemente no, interessa l’operazione politica e chi se ne frega di Pelagio. Non mi sorprendo. Il rinnegamento delle più famose battaglie di CL era già cominciato. Nell’ultimo volume della storia di Comunione e Liberazione, “Il riconoscimento”, si liquida proprio l’epoca in cui è stata più forte l’incidenza culturale di CL: gli anni del settimanale “Il Sabato”. Questa storia ufficiale gli spara addosso: “le aspre discussioni per le analisi sul cosiddetto ‘mondo cattolico’, le famose ‘guerre di religione’ intorno ai temi della gnosi, del pelagianesimo, della riduzione del Cristianesimo a morale, testimoniano sì la vitalità del “Sabato” ma tendono a isolare CL, anche nella Chiesa”. Si dà il caso che proprio su queste battaglie (compresa quella sulla storicità dei Vangeli) “Il Sabato” e CL, pur fra mille errori, si siano trovati accanto personalità come Joseph Ratzinger che hanno riconosciuto loro il bel contributo dato alla vita della Chiesa (altro che isolamento). Contributo che oggi manca drammaticamente. Inoltre queste “battaglie” sono state citate ed esaltate decine di volte, come grandi ed esemplari, da don Giussani nei suoi libri di quegli anni (la collana dei Tischreden).

Ricostruendo così la storia di CL si rischia di accusare anche don Giussani di aver “isolato” CL nella Chiesa, mentre è vero il contrario. Quel volume aggiunge pure che Il Sabato di quegli anni era “destinato a soffrire della sindrome del MP, a sovrapporsi al movimento, a togliergli spazio (e per qualche tempo anche il Meeting di Rimini rischia di rimanere nell’ombra delle polemiche)”.

In pratica, in questa storia ufficiale di CL, si insinua che allora don Giussani si sia fatto sfilare di mano la guida di CL da quelli del Sabato. Oltreché poco rispettoso di Giussani è anche un giudizio ridicolo. Semmai oggi la Compagnia delle opere si sta sovrapponendo a CL e le toglie spazio: questo Meeting lo dimostra. Mentre negli anni Ottanta-Novanta la proposta cristiana di CL e la sua incidenza culturale erano così forti da rappresentare un grande punto di riferimento anche per la Chiesa (Ratzinger docet). Oggi è tutto evanescente. “Pelagio” Bersani cancella Giussani.

Il venir meno di quella chiarezza di giudizio e di quell’originalità, centrata sull’amore a Cristo, “da anteporre a tutto”, oggi fa sbandare gran parte della leadership ciellina fra due posizioni opposte ed estreme: da una parte l’ultra-americanismo della rivista “Tempi” che si sente in guerra e ritiene che l’alternativa della vita sia fra la Cia e Bin Laden (non più fra Cristo e Satana). Questa parte sente Giuliano Ferrara come l’“ispiratore” da seguire (dimenticando gli strali di Giussani contro l’Action Francaise di Maurras). Dall’altra c’è il pragmatismo disinvolto della Compagnia delle opere che, in nome del fare impresa, va a nozze con “i nemici” di Sinistra.

Il bello è che a Rimini le due ali, apparentemente contrapposte, convivono tranquillamente (l’utopia occidentalista e l’ammiccamento imprenditoriale a sinistra). Convivono pure nelle stesse persone. Si sbandiera l’utopia atlantista più apocalittica (che arriva a predicare una guerra dove quasi si può usare pure l’illegalità), ma anche il Papa che dice l’esatto opposto. Si spara a zero sull’Italia “de sinistra” che non vuol combattere la quarta guerra mondiale, ma poi al Meeting la si porta in trionfo (incluso l’Andreotti filoarabo). Non è schizofrenia?
Ciò che manca è “una presenza originale”, una chiara proposta cristiana, non determinata da ideologie esterne o da progetti economici, politici o sociali. Manca a tutti noi (e anche alla Chiesa, specialmente in Italia) l’accento di Giussani. Che amava ripetere, pensando a Cristo, le parole di Moeller: “Io credo che non potrei più vivere se non Lo sentissi più parlare”.

Fonte: © Libero – 12 agosto 2006

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